di Ermelindo LUNGARO, Carlo REGOLIOSI, Corrado PAPA
Il sistema dei controlli delineato dalla “231” – Le opportunità della correlazione tra l’Organismo di Vigilanza e la Funzione di Compliance…. verso una Compliance 2.0
LE OPPORTUNITÀ DELLA CORRELAZIONE TRA L’ORGANISMO DI VIGILANZA E LA FUNZIONE DI COMPLIANCE
Il sistema di controllo interno delineato dalla normativa 231 individua – lo si è detto in premessa – l’attore principale nell’Organismo di Vigilanza, ovvero in un Organismo appositamente costituito, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, e incaricato del precipuo scopo di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello (cioè dello stesso sistema di controllo interno) e di curarne l’aggiornamento.
Senza voler qui approfondire aspetti di dettaglio tecnico giuridici, quel che si ritiene utile rimarcare è l’essenza del ruolo attribuito a questo Organismo nel fornire rassicurazione al Consiglio di Amministrazione (e conseguentemente alla proprietà) in merito all’idoneità del sistema di controllo interno nel prevenire il rischio da illecito, attraverso un’attività che in concreto ne assicuri:
- (i) verifica dell’adeguatezza e dell’efficacia in termini di individuazione dei processi sensibili in relazione alle aree di rischio di atto illecito, di gestione dei correlati rischi e di disegno dei correlati presidi di controllo;
- (ii) verifica del mantenimento in continuità di tale adeguatezza ed efficacia garantendo che si proceda alle integrazioni ed agli aggiornamenti necessari in relazione all’evoluzione di contesto non solo normativo;
- (iii) vigilanza sull’adeguata implementazione, con particolare riferimento alla corretta attuazione dei presidi di controllo previsti;
- (iv) vigilanza su un’adeguata formazione, diffusione e conoscenza, anche promuovendo azioni a tal fine necessarie.
Un’attività di “cura” e di “vigilanza” così intesa abbraccia l’intero perimetro del sistema di controllo interno dalla fase del disegno a quella della corretta implementazione. Il tutto si colloca, poi, in un sistema di flussi informativi da e verso l’Organismo di Vigilanza (tra cui quello delle segnalazioni o whistleblowing) che deve alimentare l’attività dallo stesso svolta.
Ma affinché l’attività dell’Organismo di Vigilanza (in genere costituito da un numero ristretto di professionisti) possa effettivamente garantire efficacia con continuità di azione è indispensabile il supporto e la sinergia con Funzioni aziendali che, per un verso, abbiano i medesimi requisiti di indipendenza a garanzia dell’obiettività di giudizio e, per altro verso, l’expertise e le connotazioni proprie dell’attività di controllo.
In effetti, la Funzione che può garantire tale sinergica azione è – a parere di chi scrive – la Funzione di Compliance ove l’assetto interno ne inquadri la giusta fisionomia.
L’attività esercitata dalla Funzione di Compliance correttamente intesa è infatti caratterizzata dall’essere un processo di controllo finalizzato alla prevenzione dei rischi di corruzione e più in generale normativi ed alla previsione di comportamenti che evitino illeciti attraverso un’attività che assicuri il presidio trasversale della Funzione sul sistema di controllo interno in termini di:
- (i) disegno, attraverso la valutazione dei presidi di controllo e l’individuazione di azioni correttive di allineamento – ex ante;
- (ii) monitoraggio nell’implementazione, attraverso la partecipazione ad attività formativa e la consulenza specialistica e focalizzata alla concreta attuazione del corretto disegno da parte del management durante la propria attività operativa – ongoing;
- (iii) verifica di conformità, attraverso l’analisi documentale della corrispondenza delle attività espletate con il disegno dei controlli – ex post.
Come è stato osservato in un approfondimento focalizzato su una vision della Funzione di Compliance a cui si rinvia per una più analitica disamina della sua attività(4), un’adeguata valutazione di Compliance dovrebbe pertanto incentrarsi su un ciclo sistemico << … che preveda il presidio della Funzione su: (i) predisposizione di un Modello aziendale di organizzazione, gestione e controllo coerente con principi generali e speciali di controllo idonei a prevenire i rischi normativi nella vision ampia sopra considerata ed i rischi specifici correlati a singoli processi; (ii) aggiornamento costante del Modello alla luce dell’evoluzione normativa, dell’organizzazione aziendale, dell’assetto dei poteri e della mappatura dei processi; (iii) allineamento del disegno dei controlli ai principi generali e speciali definiti nel Modello; (iv) partecipazione all’implementazione dell’attività attraverso consulenza specialistica; (v) svolgimento costante di formazione e sensibilizzazione del personale sul Modello 231 e sulla regolamentazione interna, con particolare attenzione alla fase di avvio dell’implementazione di nuovi presidi di controllo anche attraverso attività indipendenti di “accompagnamento” alla corretta esecuzione delle attività nel rispetto di tali presidi di controllo; (vi) effettuazione di verifiche documentali di conformità sulla corretta implementazione del disegno dei controlli; (vii) implementazione di adeguati flussi informativi da e verso il management nonché verso gli Organi Sociali e, nel caso del Modello 231, l’Organismo di Vigilanza.
È di ogni evidenza, pertanto, che laddove la Funzione Compliance è intesa nel senso e nella natura descritta …, anche l’esimente prevista dal D.Lgs 231/2001 ne esce grandemente rafforzata. In caso contrario permane la sensazione che il Modello 231, comunque si configuri, sia un mero adempimento formale ed addirittura fastidioso perché privo di senso adeguato; la sua capacità di portare valore all’organizzazione ne risulterebbe irrimediabilmente compromessa. …>>
Ulteriore considerazione da effettuare in proposito è la circostanza che il perimetro dei rischi normativi presidiato dalla Funzione di Compliance è ancor più ampio di quello specificatamente previsto dalla normativa 231 in quanto un adeguato presidio di conformità non può prescindere dalla valutazione dei rischi che pregiudichino:
- (i) l’eticità, attraverso comportamenti illeciti, corruttivi e non coerenti con la vision e mission aziendale;
- (ii) la trasparenza, attraverso comportamenti di mala gestio o comunque di non corretto governo societario o addirittura illegali;
- (iii) la continuità, attraverso comportamenti che non assicurino presidio alla valutazione di sostenibilità economica;
- (iv) l’assunzione di decisioni consapevoli, attraverso comportamenti che non garantiscano almeno analisi istruttorie segregate nel rispetto di ruoli e responsabilità, oggettività delle scelte, univocità ed integrità del dato sorgente, formalizzazione dei livelli di valutazione, evidenza documentale;
- (v) la congruità giuridica, attraverso attività che non assicurino l’assunzione di impegni verso terzi coerenti con la decisione a monte e con la necessaria tutela degli interessi dell’Azienda nonché formalizzati nel pieno rispetto degli specifici poteri;
- (vi) la verifica della coerenza dell’implementazione con la decisione assunta per l’assenza di monitoraggio e flussi informativi. A ciò devono poi aggiungersi, naturalmente, i rischi specifici di natura normativa anche non penalistica che connotano i singoli processi. Processi, infatti, che non garantiscano presidi di valutazione e dunque di controllo (in termini di disegno così come di attuazione) idonei a prevenire siffatti rischi costituiscono di per sé potenziale fonte di mala gestio e di non correttezza, trasparenza ed eticità e dunque di illecito.
Anche da un punto di vista etimologico e sotto il profilo della ratio, la Compliance non può, in definitiva, essere solo conformità al codice penale, è qualcosa di molto di più(5).
Ne consegue che la valorizzazione del ruolo svolto dalla Funzione di Compliance fornisce un ulteriore veicolo di più solida garanzia di adeguatezza del sistema di controllo interno in un’accezione di prevenzione dal rischio di non conformità normativa più ampia di quello proprio e penalmente rilevante previsto dalla normativa 231.
Secondo questa vision – che a sua volta si collega a quella che mira alla costruzione di un assetto integrato dei controlli di secondo e di terzo livello di cui si fa cenno nel paragrafo che segue – la Funzione di Compliance può rappresentare quel necessario ed adeguato anello di congiunzione con l’Organismo di Vigilanza quale longa manus della sua attività, creando così sinergia ed ottimizzando il controllo all’interno dell’Azienda in ottica, per un verso, di efficacia, efficienza ed economicità del controllo stesso e, per altro verso, di garanzia di adeguatezza in un percorso che consolidi sempre più correttezza, trasparenza e rispetto delle regole a beneficio della reputazione aziendale, degli obiettivi strategici perseguiti e del contesto delle relazioni con gli stakeholder interni ed esterni.
Il tutto deve naturalmente avvenire, in primis, secondo un approccio strategico condiviso con l’Organo di Vertice di Indirizzo – e formalizzato in un documento che definisce la politica e gli obiettivi misurabili e monitorabili nel tempo – nonché attraverso modalità operative di raccordo anche funzionale e dei flussi informativi con il coinvolgimento, all’occorrenza, delle altre Funzioni di controllo indipendenti, tra le quali la Funzione di Internal Audit a cui affidare specifici audit (da non confondere con le verifiche di conformità proprie della Compliance) anche in materia 231 di cui l’Organismo di Vigilanza ravvisi l’esigenza nel contesto delle proprie istruttorie e, più in generale, dell’attività dallo stesso svolta.
Intervento di:
Ermelindo LUNGARO, Docente Master Anticorruzione, Università degli Studi Tor Vergata
Carlo REGOLIOSI, Professore Associato di Economia Aziendale, Università degli Studi Roma Tre
Corrado PAPA, Responsabile Compliance e Supporto agli Organi Sociali, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(4) La Funzione Compliance – un momento di riflessione sulla sua natura e “raison d’etre”, a cura di Carlo Regoliosi, Corrado Papa, Laura Cellamare; pubblicato sulle riviste on line
(5) E ciò trova ulteriore conferma nella circostanza che sussistono settori normativamente o comunque di fatto obbligati ad avere un sistema di compliance. Il riferimento è certamente al settore privato bancario ed assicurativo (se non si considerano le esigenze specifiche peraltro del settore delle società con azioni quotate e del settore sanitario), oltre che evidentemente a quello pubblico in cui sussiste l’obbligo di prevenire la corruzione nella nozione di cattiva amministrazione (e quindi non solo penalmente rilevante) secondo le indicazioni fornite dall’ANAC all’interno del Piano Nazionale Anticorruzione.