La questione centrale trattata nel presente lavoro è capire come le emissioni di titoli di Stato europei possano da un lato fornire risorse fresche ai conti pubblici dei rispettivi Stati, dall’altro supportare i mercati assorbendo la domanda derivante dal Quantitative Easing BCE.
Con il ripristino degli acquisti netti mediante Asset Purchase Program (APP) a 20 miliardi di euro al mese da novembre 2019, le dinamiche di interazione tra offerta di governativi europei e domanda, pesantemente influenzata dal Quantitative Easing potrebbero presentare uno scenario incerto in futuro per le economie dell’area dell’euro.
Secondo la valutazione offerta da taluni esperti, un Quantitative Easing di tale importo mensile renderebbe l’offerta di titoli governativi un fattore di influenza positiva per gli spread tra governativo core e governativi periferici. I governi sarebbero inoltre indotti a privilegiare emissioni più a lungo termine. La ripresa dello strumento quantitativo della BCE significa che i nuovi acquisti contemplati dal Public Securities Purchase Program (PSPP) aumenteranno ancora nel 2020, ma saranno anche accompagnati da un aumento dei rimborsi. Si osservi che il PSPP è una porzione del programma di acquisti totale (APP) pur rappresentandone un importante 70%.
In molti sono a domandarsi quanto a lungo la BCE potrebbe essere in grado di effettuare acquisti a un ritmo di 20 miliardi di euro al mese. Si stima che BCE potrebbe dover acquistare circa 53 miliardi di euro di titoli di stato tedeschi e quindi i timori di alcuni tornano al tanto presunto quanto temuto ‘effetto scarsità‘ del governativo tedesco, ormai da molto tempo percepito dagli investitori come ‘bene rifugio‘. Sotto tale punto di vista, se l’obiettivo principe di BCE è conseguire la piena neutralità del proprio programma di acquisti sul mercato, non vi è alcuna prova tangibile che i quantitativi acquistabili in ambito PSPP riflettano esattamente le disponibilità di mercato sia sul secondario sia da immissione nuova mediante primario. E non è dettaglio di poco conto che, nell’universo delle asset class acquistabili, i governativi tedeschi ammontano alla ragguardevole quota del 60%.
Prima di analizzare nel dettaglio gli effetti del Quantitative Easing sui mercati è utile un breve excursus sul sentiment degli investitori anteriore all’annuncio di politica monetaria BCE del 23 gennaio 2020.
Anteriormente all’annuncio, i mercati attendevano che BCE mantenesse i tassi sostanzialmente costanti per tutto il 2020 e prezzavano soli 10 basis point di rialzi entro la fine del 2021. Taluni esperti sostenevano l’esistenza di una traccia che BCE potrebbe seguire nel 2020 ovvero quella della normalizzazione delle politiche monetarie. BCE potrebbe addirittura approfittare di particolari condizioni di mercato per riportare i tassi ufficiali se non in territorio positivo, almeno a zero. È ancora fortemente sentita la sensazione di irrilevanza delle politiche monetarie rispetto alle politiche fiscali, in termini di vantaggi all’economia reale. Pur essendo innegabile che gli acquisti effettuati nell’ambito del Quantitative Easing hanno compresso con successo le curve di rendimento, gli stessi hanno penalizzato i margini d’interesse bancari. Secondo molti, nei prossimi annunci BCE non è addirittura da escludersi una variazione del multiplo di riserva obbligatoria bancaria da esentare da tassi negativi, nell’ambito del cosiddetto Tiering. Sono in molti a discutere della revisione della strategia BCE annunciata con sorpresa il 23 gennaio, che potrebbe spostare l’ago della bilancia degli attrezzi utilizzati dall’istituto centrale europeo dalla pura manovra sui tassi agli strumenti prettamente quantitativi mediante l’incremento della dimensione del bilancio per il tramite del portafoglio titoli nell’attivo finanziario investito. D’altro lato, non è questione irrilevante che, la tanto attesa revisione proponibile nell’era Lagarde possa manifestarsi in tempi lunghi, certamente non nell’immediato.
Ricordiamo che BCE ha pubblicato i dettagli dell’APP con riferimento a dicembre 2019, specificando alcune caratteristiche principali. Gli acquisti netti totali di asset, cioè il loro valore contabile al costo ammortizzato, sono stati pari a 8,4 miliardi di euro. Questi volumi rappresentano una revisione a ribasso degli acquisti netti rispetto a novembre 2019. Per quanto riguarda il PSPP, ricordiamo che le cifre riflettono la variazione netta delle disponibilità della BCE di titoli di stato europei che combinano gli acquisti derivanti dall’APP con gli acquisti relativi al programma di reinvestimento degli importi rimborsati a scadenza. I dati di dicembre 2019 a valore contabile riflettono il contenimento della quota di titoli tedeschi, solo 1,4 miliardi di euro di acquisti netti, costituendo solo il 13% degli acquisti di titoli di Stato totali. Novembre 2019 è stato un mese di grandi acquisti e tra essi la Germania rappresentava il 29% circa dei titoli di Stato comperati in ambito PSPP. A dicembre 2019, si è registrata inoltre una forte domanda di titoli sovrani francesi che hanno costituito il 47% del totale, dopo un mese di novembre caratterizzato da acquisti deboli di OAT (Obligation assimilable du Trésor). La BCE non ha tuttavia acquistato a mani basse i Bonos spagnoli che hanno costituito solo il 5% del totale. Con riferimento all’Italia, BCE non ha acquistato BTP né altri titoli di Stato del nostro paese in termini netti. Di conseguenza, da ora in poi non sono in pochi a attendere un’inversione dell’andamento nelle quotazioni dei titoli governativi periferici, con una maggiore domanda di Bonos e BTP, fattore questo che per BCE potrebbe significare meglio allineare le quote di acquisti di titoli governativi destinate a ciascun paese alla ‘Capital Key‘, cioè alla quota di partecipazione delle singole banche centrali europee al suo capitale. Per quanto riguarda le scadenze dei titoli governativi acquistati da BCE, sono Belgio e Spagna a far registrare le durate più lunghe pari a oltre 8 anni a differenza di Germania e Francia, per le quali la durata media degli acquisti è più breve e compresa tra 6,5 e 7 anni.
Venendo ora alla decisione di politica monetaria BCE del 23 gennaio 2020, dal comunicato ufficiale si evince che il tasso di interesse sulle principali operazioni di rifinanziamento e i tassi di interesse sulla linea di prestito marginale e sulla struttura di deposito rimarranno invariati rispettivamente allo 0,00%, 0,25% e -0,50%. Il Consiglio direttivo continuerà a effettuare acquisti netti nell’ambito del suo programma di acquisto di attivi (APP) ad un ritmo mensile di 20 miliardi di euro. Il Consiglio direttivo intende continuare a reinvestire, per intero, gli importi derivanti da rimborsi dei titoli in scadenza acquistati nell’ambito dell’Asset Purchase Program per un periodo di tempo prolungato oltre la data in cui inizierà a innalzare i tassi di interesse chiave, e comunque per il tempo necessario a mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario. D’altro lato, gli acquisti netti “termineranno poco prima che inizi ad innalzare i tassi di riferimento”. Il Consiglio direttivo ha inoltre deciso di avviare una revisione della strategia di politica monetaria. Quest’ultima espressione è a avviso di chi scrive la più sfidante ma anche enigmatica a fini interpretativi per l’evoluzione dei mercati, perché pone un grosso interrogativo sul quando avverrà la svolta dai tassi negativi ai tassi zero e in futuro ai rialzi e sull’evoluzione prevedibile del Quantitative Easing.
La principale fonte di discussione proposta dagli operatori di mercato sarà correlata proprio alla “revisione della strategia” BCE, i cui dettagli probabilmente non saranno noti fino alla seconda metà di quest’anno. BCE dovrebbe mantenere il contesto dei rendimenti contenuti in tutte le curve lasciando aperta l’ipotesi di nuove correzioni al ribasso dei tassi. Tra gli strumenti della ‘cassetta degli attrezzi’ BCE non sono pochi coloro che sostengono la prevalenza degli strumenti quantitativi, quindi:
- l’espansione del bilancio e,
- il Quantitative Easing,
a discapito della variazione dei tassi. Del resto nella sessione di domande e risposte, il presidente BCE Lagarde ha riconosciuto che, a conti fatti, la situazione è migliorata. È interessante notare che nella dichiarazione introduttiva Lagarde ha ribadito che i rimborsi derivanti da acquisti di APP in scadenza continueranno a essere reinvestiti “per un lungo periodo di tempo che si protrarrà oltre la data in cui inizieranno ad aumentare i tassi di interesse chiave della BCE“. Se si osserva in dettaglio il wording utilizzato rispetto alla dichiarazione di dicembre 2019, si ravvisa una modifica importante. In tal senso, non è dettaglio di poco conto che, in dicembre 2019 il comunicato BCE recitava: “fino a quando non aumenteremo i tassi“. Un altro punto importante emerso in conferenza stampa è che BCE potrebbe orientare parte del programma di acquisti verso le obbligazioni governative green. Francia e Irlanda hanno già emesso obbligazioni green, la Germania ha annunciato un programma di green bond dalla seconda metà del 2020 e altri paesi la seguiranno in scia. Tuttavia, si osservi che Lagarde non ha indicato limiti di acquisto di bond di stato green sui singoli emittenti.
In conferenza stampa il presidente Lagarde ha raccolto alcune domande riguardanti le potenziali forme future di Quantitative Easing incluso un probabile “Quantitative Easing verde“. Alcuni esperti hanno azzardato l’ipotesi che la ventilata revisione della strategia dell’istituto centrale europeo possa dare spazio a un’inclinazione di tipo ‘hawkish‘ del nuovo presidente. In sintesi, l’annuncio di politica monetaria si è concluso con tassi ufficiali invariati e l’indirizzo di forward guidance è altrettanto invariato.
L’offerta di titoli di stato del 2020 e il Quantitative Easing BCE sostanzialmente stabili a un ritmo costante di 20 miliardi di euro al mese possono supportare l’ipotesi che i tassi euro potrebbero permanere in territorio negativo o aumentare solo modestamente nel 2020. Si potrebbe concludere che BCE pare più incline a ricorrere a misure quantitative di gestione attivo del bilancio mediante investimento in titoli di Stato core. Resta però l’incognita sul possibile incremento nei volumi di acquisto mensile oltre i 20 miliardi di euro che porterebbe all’attenzione degli esperti il tema della scarsità di govie core. Un altro interrogativo importante è quale sarà l’effettiva durata del programma di acquisti, per quanto sono in molti a concordare sul prolungamento per tutto l’anno corrente. Si noti che l’APP potrebbe non abbassare ulteriormente i rendimenti dei governativi europei, ma potrebbe essere ancora il driver principale che può ostacolarne l’aumento. Osservando da vicino le curve di rendimento govie, l’effetto dei tassi a breve sulla parte più lunga della curva è particolarmente forte nell’ambito dell’attuale strategia quantitativa BCE. Tuttavia, le sezioni più lunghe delle curve europee, seppure con aspetti idiosincratici peculiari alle curve di alcuni paesi periferici, sembrano manifestare scetticismo nell’anticipare un significativo spostamento verso l’alto dei rendimenti. L’effetto del Quantitative Easing continuerà ancora per alcuni mesi a esplicitarsi in un sostanziale flattening delle curve. BCE potrebbe prendere in considerazione un’inversione di manovra intensa in un ridimensionamento del Quantitative Easing, ma forse solo dal 2021 in poi.
LEGGI QUI l’articolo precedente 2/3, Titoli di Stato Italiani, anno 2020: il programma del MEF
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
Lista Titoli di Stato di tutto il mondo
Decisioni di politica monetaria, BCE, 20 gennaio 2020
La BCE avvia un riesame della propria strategia di politica monetaria, BCE, 23 gennaio 2020
Conferenza Stampa Christine Lagarde e Luis de Guindos, BCE, 23 gennaio 2020