Negli ultimi anni, il sistema antiriciclaggio (AML) è diventato una delle principali priorità dei legislatori italiani ed europei.
Mentre la lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo sono cruciali per la sicurezza economica e sociale, emergono delle perplessità sull’approccio italiano, che in molti casi appare più rigido rispetto a quello adottato da altre nazioni europee.
In Italia, l’implementazione del sistema AML ha raggiunto livelli elevati di severità, imponendo obblighi gravosi sia per le imprese che per gli individui.
D’altro canto, alcune economie europee sembrano essere più tolleranti, adottando un approccio meno stringente e più in linea con la protezione dell’economia reale, che spesso si nutre anche di pratiche di evasione fiscale internazionale.
Questo articolo esamina come l’Italia abbia implementato le direttive AML in modo particolarmente severo e come ciò possa creare svantaggi competitivi rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea, dove le politiche di contrasto sembrano essere più flessibili e meno invasive, con un impatto minore sull’economia reale e sui rapporti d’affari.
Il sistema AML in Italia: rigidità e costi
In Italia, il quadro normativo antiriciclaggio è tra i più complessi e severi d’Europa. La normativa AML, disciplinata dal D.Lgs. 231/2007, ha subito numerose modifiche per adeguarsi alle direttive europee, in particolare la V Direttiva AML e ora la VI Direttiva.
Tuttavia, l’approccio italiano si caratterizza per:
- una rigorosa applicazione delle norme; e,
- un controllo stringente sugli operatori finanziari, i professionisti e le imprese.
Questo livello di controllo elevato si riflette in una serie di obblighi che includono:
- l’adeguata verifica della clientela (KYC – Know Your Customer),
- la segnalazione delle operazioni sospette (SOS) e,
- l’adozione di procedure interne particolarmente complesse per la gestione dei rischi di riciclaggio .
Un esempio lampante di questa rigidità è rappresentato dall’obbligo di segnalare tutte le transazioni superiori a una determinata soglia, indipendentemente dal contesto o dal livello di rischio effettivo.
Molti settori, come quello immobiliare, vengono particolarmente colpiti: ogni transazione rilevante in termini economici richiede una verifica dettagliata dei soggetti coinvolti, con la conseguenza che molte operazioni vengono ritardate o addirittura bloccate.
Inoltre, l’elevata complessità delle procedure AML comporta costi aggiuntivi per le imprese, che devono investire risorse significative in consulenze legali e in tecnologie di compliance.
Per le piccole e medie imprese (PMI), questo contesto risulta particolarmente penalizzante.
Le PMI, che costituiscono il cuore pulsante dell’economia italiana, non dispongono delle risorse per implementare costose soluzioni tecnologiche per il monitoraggio delle transazioni o per formare adeguatamente il personale sulle normative antiriciclaggio in Italia.
L’eccessivo onere amministrativo rende più difficile per queste aziende competere con controparti europee in mercati dove la regolamentazione è meno invasiva.
Contrasto con l’economia reale: l’effetto sulle PMI
Uno degli effetti collaterali più problematici della normativa AML in Italia riguarda l’impatto negativo sul rapporto tra imprese e clienti.
Le procedure di verifica della clientela possono risultare intrusive e scoraggiare i potenziali clienti dall’intrattenere rapporti con aziende italiane. Ad esempio, la rigidità nell’identificazione dei beneficiari effettivi, soprattutto nei casi di complesse strutture societarie internazionali, rallenta notevolmente le operazioni. Questo genera un’ulteriore perdita di competitività rispetto alle imprese di altri paesi europei che, sebbene soggette anch’esse alle direttive AML, adottano spesso interpretazioni meno stringenti delle stesse .
In nazioni come la Germania o i Paesi Bassi, dove l’economia reale ha un peso predominante e la flessibilità normativa è maggiore, il sistema AML appare orientato più alla protezione delle imprese che alla rigidità dei controlli. In questi paesi, le autorità di vigilanza finanziaria adottano un approccio più equilibrato, che tiene conto delle esigenze delle aziende, riducendo al minimo l’interferenza nei processi economici. Di conseguenza, le imprese italiane che competono in settori internazionali soffrono di un chiaro svantaggio competitivo: mentre gli operatori esteri possono operare con procedure più snelle, quelle italiane sono costrette a rispettare obblighi più stringenti.
Il dilemma dell’evasione fiscale: tolleranza in altri Paesi Europei
Un altro punto cruciale che merita attenzione è il rapporto tra AML e evasione fiscale. In Italia, la lotta all’evasione è particolarmente sentita e il sistema AML viene utilizzato come strumento per monitorare e reprimere questa pratica. Tuttavia, in molti altri paesi europei, l’evasione fiscale internazionale viene tollerata, se non addirittura indirettamente favorita, come parte di una strategia per attrarre investimenti stranieri.
Paesi come il Lussemburgo e l’Irlanda sono noti per essere hub finanziari che offrono regimi fiscali vantaggiosi e un’implementazione più permissiva delle normative AML. Questi paesi permettono l’uso di complessi schemi fiscali che, sebbene tecnicamente legali, facilitano l’aggiramento delle normative fiscali internazionali e la minimizzazione del carico fiscale per le imprese globali. Nonostante la loro appartenenza all’Unione Europea, queste nazioni non sono state sottoposte a pressioni sufficienti per armonizzare il proprio regime di controlli AML ai livelli più severi adottati da altri stati, come l’Italia. Di fatto, ciò crea una concorrenza sleale all’interno dell’Unione, poiché le aziende che operano in Italia devono affrontare una maggiore complessità normativa.
Questo doppio standard tra paesi, sebbene tacitamente accettato, mina gli sforzi dell’UE verso una maggiore integrazione economica e fiscale. Mentre l’Italia adotta una linea dura per contrastare sia il riciclaggio sia l’evasione, gli investitori e le imprese con strutture più flessibili preferiscono spostare le loro attività verso giurisdizioni dove il controllo è volutamente più morbido per non “ingessare” l’economia reale.
Il peso della burocrazia: un problema Italiano
Oltre alla rigidità normativa, un altro aspetto che penalizza l’Italia rispetto ad altri paesi europei è l’eccessiva burocrazia. Il processo per adeguarsi alle normative AML è accompagnato da un labirinto di procedure che coinvolgono numerose autorità, da quelle fiscali alle forze dell’ordine, con un inevitabile rallentamento dei processi decisionali e operativi. Le sanzioni amministrative per la non conformità sono elevate, anche per infrazioni minori, e questo contribuisce a creare un clima di incertezza per gli operatori economici. Le imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, si trovano spesso in difficoltà nel districarsi tra le varie normative e nel garantire la piena conformità .
In contrasto, molti paesi europei hanno adottato un approccio più pragmatico, con procedure semplificate e controlli più snelli. La Francia, ad esempio, pur adottando le direttive europee in materia di AML, ha implementato un sistema di controllo più centralizzato, che permette una maggiore rapidità di esecuzione e una minore invasività nei confronti delle aziende.
Le Cripto-attività e le nuove sfide per l’Italia
Con l’espansione delle cripto-attività, l’Italia si trova ad affrontare un’ulteriore sfida in ambito AML. Il settore delle criptovalute è cresciuto rapidamente, creando nuove opportunità di investimento ma anche nuovi rischi di riciclaggio. L’Italia ha introdotto normative rigorose anche per i fornitori di servizi di cripto-attività, imponendo obblighi di registrazione e monitoraggio stringenti. Mentre altre giurisdizioni europee, come la Svizzera, sono state più flessibili nell’attrarre operatori del settore, l’Italia ha adottato un approccio cauto e restrittivo .
Questa scelta, sebbene giustificata dal desiderio di mantenere un alto livello di sicurezza finanziaria, rischia di allontanare gli investitori in cripto-attività, che preferiscono operare in contesti regolatori meno stringenti. Il risultato è una fuga di capitali e opportunità verso paesi dove le normative sono meno intrusive, aggravando ulteriormente il divario competitivo tra l’Italia e altre nazioni europee.
Conclusioni: lettura e interpretazione della normativa
L’introduzione dell’AML Package rappresenta un passo decisivo verso una maggiore armonizzazione e coordinamento nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo in Europa.
Per il settore finanziario, ciò significa affrontare nuove sfide in termini di conformità e gestione dei rischi, ma anche cogliere l’opportunità di migliorare i propri processi interni e rafforzare la fiducia dei propri clienti.
L’AMLA avrà il compito di vigilare affinché le nuove regole siano applicate in modo uniforme in tutta l’UE, garantendo al contempo che le FIU nazionali abbiano gli strumenti necessari per operare in maniera efficace in un contesto sempre più digitalizzato e globale.