Buoni pasto o cattive abitudini fiscali?

Buoni pasto o cattive abitudini fiscali?

7 aprile 2025

I buoni pasto – Welfare, una dieta fiscale?

di Giovanni COSTA

Accanto al welfare familiare e al welfare pubblico di cui ha parlato Vittorio Filippi nell’editoriale di venerdì scorso, esiste il welfare aziendale, spesso esaltato in un’epoca di contenimento del settore pubblico.

Mentre il welfare pubblico è finanziato dalle entrate fiscali, il welfare aziendale è finanziato dalle stesse aziende ma incentivato con i risparmi fiscali consentiti dalla non imponibilità delle erogazioni corrisposte sotto questa forma.

Pubblico e privato dovrebbero essere complementari ma talvolta entrano in competizione: un aumento del welfare aziendale riduce le risorse fiscali disponibili per il welfare pubblico.

Si veda la recente campagna pubblicitaria in TV sui buoni pasto. Ci sarebbe da aspettarsi che una campagna sui buoni pasto parlasse della qualità delle soluzioni organizzative e della rete di fornitori di pasti fruibile con questo strumento.

Invece l’argomento principale è il risparmio fiscale, che viene enfatizzato per rendere più appetibile la soluzione.

Ecco la trascrizione dello spot: «Il carico fiscale sulla tua attività è esagerato? C’è una soluzione vantaggiosa per ridurlo, esageratamente vantaggiosa e spendibile in tutta Italia, nei ristoranti, per i food delivery o per la spesa, esageratamente spendibile Sono i buoni pasto [*] deducibili per aziende e partite Iva su carta ricaricabile». I buoni pasto e gli altri più consistenti voucher del welfare aziendale diventano così una sorta di moneta emessa ormai in forma perlopiù digitale.

Una moneta emessa da operatori specializzati che si assumono gli oneri della loro gestione e soprattutto l’impegno di onorarli, sollevando l’azienda o il professionista dalle relative incombenze. Ma il piatto forte resta il risparmio fiscale. Al punto da trasformare il welfare aziendale in una promozione dell’elusione fiscale, peraltro legittima a situazione legislativa e pressione fiscale date. Evidente il beneficio per il lavoratore che incassa pressoché integramente l’importo destinatogli e per l’azienda che può convertire in welfare i premi di produzione minimizzando l’impatto fiscale e contributivo: 100 euro di welfare valgono di più di 100 euro di salario lordo e costano meno all’azienda.

Oltre all’aspetto economico, i benefit del welfare aziendale hanno un aspetto relazionale e servono a creare un clima aziendale positivo nel quale l’azienda si dà carico del benessere delle persone e delle loro famiglie trasferendo beni e servizi di elevato valore simbolico ma anche materiale.

Tuttavia ci sono dei ma.
Mentre il salario non ha vincoli di destinazione, il welfare ha un numero limitato di opzioni con valenze diverse a seconda dello status delle persone: per esempio, giovani senza carichi familiari non ricavano un’utilità diretta dall’asilo nido convenzionato. Inoltre,

  • i benefit del welfare potrebbero essere percepiti come sostitutivi di aumenti salariali e,
  • il risparmio fiscale percepito come alternativo a riforme fiscali più incisive e dirette.

Questo è il punto. In un momento di difficoltà delle famiglie e dei giovani ben venga tutto quello che può alleggerire le loro situazioni, welfare e buoni pasto compresi. Ma non diventi un alibi per non affrontare il problema della semplificazione e della trasparenza della busta paga.

Come è noto, la classica piramide retributiva sta assumendo sempre più i contorni di una clessidra. Aumenta l’affollamento nella parte alta dei privilegiati e in quella bassa degli ultimi mentre il centro si assottiglia e diventa il ventre molle in cui affonda il ceto medio. Si operi direttamente con gli inevitabili adeguamenti retributivi e i necessari tagli fiscali e contributivi evitando tortuosi espedienti che richiedono interventi di specialisti per essere somministrati e di costose campagne televisive per essere spiegati.

Intervento di Giovanni COSTA, Professore Emerito di Strategia d’impresa e Organizzazione aziendale all’Università di Padova. Ha svolto attività di consulenza direzionale e ricoperto ruoli di governance in gruppi industriali e bancari. (www.giovannicosta.it)


Pubblichiamo questo articolo per gentile concessione dell’Autore. Fonte, Corriere del Veneto dorso regionale del Corriere della Sera del 19-03-2025)



Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnati con *