Codice Antimafia: una panoramica sulle misure di prevenzione "collaborativa"

Codice Antimafia: una panoramica sulle misure di prevenzione “collaborativa”

12 febbraio 2025

di Marco CONTI

Le misure di prevenzione come strumenti di contrasto alla contaminazione criminale del tessuto economico-sociale attraverso guidati processi di “bonifica”.

1. Premessa

L’amministrazione giudiziaria di attività economiche e di aziende ritenute in qualche modo a rischio di infiltrazione mafiosa rappresenta un’attività che di sovente impegna i professionisti a seguito di specifica designazione della competente autorità giudiziaria.

Il codice delle leggi antimafia(1) negli anni ha subito numerose modifiche ed integrazioni che ne hanno ampliato la portata arricchendolo con strumenti prevenzionali idonei a consentire la continuità aziendale delle imprese sottoposte a vario titolo a ingerenze criminali(2).

Negli anni il legislatore ha posto particolare attenzione alla previsione di strumenti idonei, in via preventiva, ad arginare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle società e da ultimo, con il D. L. 152/2021(3) l’intero Titolo IV concerne “Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia(4).

Tuttavia le misure preventive sono strettamente connesse a taluni provvedimenti, segnatamente la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia, che vale la pena di esaminare brevemente.

2. L’Interdittiva Antimafia

L’interdittiva Antimafia è finalizzata a neutralizzare, in chiave preventiva, i fattori distorsivi che nell’economia nazionale in genere e nei rapporti con la Pubblica Amministrazione in particolare, possono generare la presenza e l’azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato(5).

L’art. 84 del codice, recante “Documentazione Antimafia” disciplina due tipologie di provvedimenti, entrambe di derivazione prefettizia, da cui conseguono effetti inibitori in capo alla società destinataria: la “Comunicazione Antimafia” e l’“Informazione Antimafia”.

La Comunicazione Antimafia emessa dal Prefetto, è un provvedimento di natura vincolata, di tipo accertativo e rilasciato all’esito di verifiche volte ad accertare la sussistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto, di cui all’art. 67 del D. Lgs. 159/2011, ovvero, in altri termini, “il cristallizzarsi di una situazione di permeabilità mafiosa”; l’Informazione Antimafia, invece, è un provvedimento di natura discrezionale che trova fondamento nell’accertamento di tentativi di ingerenze criminali tesi a condizionare le scelte e gli indirizzi delle imprese o società target.

La differenza tra le due misure interdittive ed alternative, risiede nella tipologia di accertamento condotta dal Prefetto e volta a verificarne i presupposti applicativi.

La Comunicazione Antimafia, come detto, si sostanzia in un atto accertativo della sussistenza o meno delle ipotesi previste dalla legge. Essa deriva da verifiche aventi ad oggetto la corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati, alla situazione effettiva della società o impresa sottoposta ad essi.

L’Informazione Antimafia invece, tesa ad attestare la sussistenza di eventuali tentativi di infiltrazioni mafiose atti a condizionare la vita della società, è emessa all’esito di una valutazione – prettamente discrezionale – avente ad oggetto non il rapporto tra impresa e Pubblica Amministrazione, bensì l’impresa in sé considerata.

Più precisamente, secondo la più recente giurisprudenza amministrativa(6)L’interdittiva (l’informativa Antimafia n.d.r.) non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi, in base ai quali non sia illogico o irragionevole ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Ai fini dell’adozione del provvedimento interdittivo occorre, pertanto, non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, ma soltanto la sussistenza di elementi sintomatico – presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità”.

Tratto comune ai due provvedimenti amministrativi, invece, è l’effetto che segue all’emissione di entrambe e che determina una “particolare forma di incapacità giuridica per il soggetto destinatario al quale sarà precluso essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive che determinino rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione(7) .

3. Le misure preventive: l’amministrazione giudiziaria, il controllo giudiziario, il controllo giudiziario su richiesta e le misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale

A fianco a queste informazioni antimafia interdittive, il D. Lgs. 159/2011, prevede anche misure per evitare o “disinnescare” gli effetti dei provvedimenti amministrativi prefettizi, nonché per contrastare in via preventiva le ingerenze criminali.

Si fa riferimento all’amministrazione giudiziaria, al controllo giudiziario, al controllo giudiziario su richiesta e alle misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale.

Tali strumenti – alternativi rispetto a quelli tipicamente ablatori – vengono “calibrati” dall’Autorità che li dispone(8) a seconda del diverso grado di interferenza criminale nella vita sociale dell’impresa e mirano a salvaguardare la continuità aziendale attraverso un percorso “terapeutico” di recupero della legalità. 

3.1 L’amministrazione giudiziaria

L’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende (prevista dall’art.34 D. Lgs. 159/2011) ha l’obiettivo non tanto di sanzionare l’imprenditore intraneo all’associazione criminale, quanto di contrastare la contaminazione antigiuridica di imprese sane con finalità di sottrarle, il più rapidamente possibile, all’infiltrazione criminale e restituirle al libero mercato una volta depurate dagli strumenti inquinanti(9).

Il Tribunale applica la misura in commento, qualora rilevi sufficienti indizi per ritenere la sussistenza di due presupposti alternativi:

  1. la sottoposizione del libero esercizio delle attività economiche alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’art. 416 bis c.p.;
  2. l’agevolazione delle attività di persone in “odore” di mafia. 

Autorevole Dottrina, in merito alla esatta individuazione del concetto di agevolazione dell’attività economica, ha evidenziato come risulti dirimente dimostrare il carattere oggettivo dell’apporto ausiliario degli imprenditori rispetto agli interessi mafiosi, nel senso che coloro che risultano titolari delle attività di agevolazione, non possono affatto ritenersi “terzi” rispetto alla realizzazione di quegli interessi. 

Segnatamente, sarebbe richiesto un apporto effettivo, seppur non tale da comportare la consapevolezza delle conseguenze che dalla condotta agevolatrice possono scaturire, sostanziandosi, quest’ultimo caso, in una condotta idonea ad applicare la diversa misura della confisca.

L’agevolazione potrebbe quindi assumersi quale parametro della contiguità, come indice rivelatore di un sostanziale vantaggio economico da parte dell’impresa che favorisca un incremento patrimoniale di tipo funzionale o organizzativo(10).

La titolarità della proposta al Tribunale delle Misure di Prevenzione per l’applicazione dell’Amministrazione Giudiziaria è attribuita – in base al luogo di residenza della persona cui potenzialmente applicare la misura di prevenzione – al Procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto, al questore e al Direttore della Direzione investigativa antimafia.

Il Tribunale Sezione Autonoma Misure di Prevenzione, valutata la sussistenza dei presupposti sopra indicati, può applicare l’amministrazione giudiziaria delle aziende o dei beni da queste ultime utilizzabili per lo svolgimento delle attività economiche, per un periodo non superiore ad un anno con possibilità di proroga di ulteriori sei mesi (il periodo di applicazione dell’amministrazione giudiziaria non può superare complessivamente i due anni).

Il Tribunale, con il decreto che dispone l’amministrazione giudiziaria, nomina il giudice delegato e l’amministratore giudiziario il quale avrà il compito di eseguire tutti gli atti ed esercitare tutte le facoltà spettanti ai titolari dei diritti sui beni e sulle aziende oggetto della misura.

In altri termini l’amministratore giudiziario viene a sostituirsi – temporaneamente – al titolare dell’azienda al fine di rimuovere quelle situazioni di fatto e di diritto che hanno determinato l’applicazione della misura.

Trascorso il periodo di amministrazione giudiziaria stabilito dal Tribunale, questi può rinnovare il provvedimento qualora ritenga il livello di pervicacia dell’ingerenza criminale ancora particolarmente significativo, ovvero revocare la misura e disporre il controllo giudiziario nel caso in cui  il livello di infiltrazione mafiosa sia scemato ad un livello tale da consentire l’applicazione di una misura preventiva più mite oppure, in extrema ratio, disporre la confisca dei beni per i quali vi sia motivo di ritenere che essi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano reimpiego.

3.2 Il Controllo giudiziario delle Aziende

Si tratta di una misura preventiva più mite rispetto all’amministrazione giudiziaria(11), pur condividendone lo scopo di impedire le infiltrazioni mafiose nel tessuto economico-sociale senza pregiudicare la libertà di iniziativa economica e la continuità aziendale delle imprese(12).

In sostanza il controllo giudiziario dovrebbe restituire all’azienda infiltrata un contesto economico sano. 

Rispetto all’amministrazione giudiziaria i presupposti applicativi risultano essere differenti.

Il controllo giudiziario può essere disposto dal Tribunale – anche d’ufficio – laddove sussistano circostanze di fatto da cui desumere un pericolo concreto – non meramente ipotetico – di infiltrazione mafiosa, idoneo a condizionare l’attività d’impresa in via occasionale.

La differenza tra le due misure preventive risiede quindi nell’occasionalità dell’agevolazione criminale: per far scattare il controllo giudiziario, l’infiltrazione non deve risultare radicata e inscindibilmente connessa alla vita della società, ma “curabile” attraverso un congruo percorso “terapeutico”(13).

Dal punto di vista procedurale il Tribunale, su istanza del pubblico ministero o d’ufficio, dispone l’applicazione di tale misura – per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni – avendo cura di valutare con attenzione il livello di compromissione della struttura societaria al fine di propendere per l’applicazione dello strumento preventivo più adatto e maggiormente efficace al contrasto dell’infiltrazione criminale.

L’istituto in esame comporta l’instaurazione di un rapporto di “collaborazione” attiva tra l’azienda destinataria della misura e l’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale che, periodicamente, riferirà al giudice delegato e al pubblico ministero gli esiti dell’attività di controllo ovvero il corretto adempimento delle prescrizioni dell’autorità giudiziaria.

Da evidenziare che, contrariamente a quanto accade per l’amministrazione giudiziaria, il controllo giudiziario non determina lo spossessamento della gestione dell’impresa, ma attiva un intervento meno invasivo da parte dell’Autorità la quale obbliga alla comunicazione degli atti disposizione, di  acquisto o di pagamento effettuati e ricevuti, degli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti e gli altri atti o contratti indicati dal tribunale, di valore non inferiore a euro 7.000.

Qualora accertasse la violazione di una o più delle citate prescrizioni il Tribunale può disporre a carico della società un aggravio della misura patrimoniale inizialmente applicata.

Al contrario, l’esito positivo del percorso di “bonifica”, può indurre il Tribunale – su istanza dell’impresa – a far cessare gli effetti della misura per svincolarsi dal controllo dell’Autorità.

3.3 Il Controllo giudiziario su istanza di parte

Il Controllo giudiziario su stanza di parte, è previsto dall’art. 34 bis co.6 del Codice Antimafia e rappresenta la misura preventiva che comporta il massimo grado di collaborazione dell’interessato.

In questo caso, infatti, è la stessa impresa “infiltrata” che richiede l’applicazione della misura, palesando la volontà di intraprendere un percorso di bonifica per “liberarsi” dell’ingerenza criminale che ha eventualmente condizionato la sua attività.

Uno dei presupposti per accedere a tale istituto è l’impugnazione dell’interdittiva antimafia. 

Secondo la Cassazione(14), l’accesso al controllo giudiziario subordinato alla pendenza di un ricorso avverso l’interdittiva ha lo scopo di consentire alla società, a mezzo di specifiche prescrizioni e con l’ausilio di un controllore nominato dal Tribunale, la prosecuzione dell’attività di impresa nelle more della definizione del ricorso amministrativo al fine di evitare, in tale lasso di tempo, il dissesto o il fallimento dell’impresa che, privata per effetto dell’interdittiva di commesse pubbliche e/o di autorizzazioni essenziali per la prosecuzione della propria attività, potrebbe subire conseguenze irreparabili a causa della pendenza del provvedimento prefettizio.

Come il controllo giudiziario d’ufficio, anche questo istituto trova fondamento nell’accertamento dell’agevolazione occasionale dell’attività criminale e del pericolo concreto – non meramente ipotetico – di infiltrazione.

Nel delineato contesto, eventuali oneri comunicativi e/o l’adozione di presidi organizzativi volti a mitigare il rischio di infiltrazioni mafiose (i. e. Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D. Lgs. 231/2001) eseguiti dall’azienda sotto il controllo dell’amministratore giudiziario, possono risultare di particolare importanza.

Ed infatti l’amministratore giudiziario che ravvisi l’adempimento diligente della società delle prescrizioni impartite può esprimere parere favorevole – attraverso una relazione al Tribunale – per la revoca della misura preventiva.

Al contrario, il mancato rispetto delle direttive può determinare l’applicazione da parte del Tribunale di una più gravosa misura di prevenzione.

3.3.1 Alcuni dubbi interpretativi sul controllo giudiziario “volontario”

Il controllo giudiziario c.d. volontario, come detto, rappresenta una delle novità più significative introdotte in tema di misure preventive ma, contestualmente, ha sollevato vari dubbi interpretativi affrontati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.

In estrema sintesi, nel tempo, si sono formati due contrapposti orientamenti giurisprudenziali: 

  • il primo, secondo cui l’accesso al controllo giudiziario su richiesta dovesse necessariamente seguire all’accertamento dei presupposti dell’impugnazione in sede amministrativa del provvedimento interdittivo e l’occasionalità dell’agevolazione criminale; 
  • il secondo, ai fini applicativi dell’istituto, riteneva dirimente la valutazione prognostica della capacità della parte privata richiedente di scongiurare, grazie all’accesso alla misura, eventuali ingerenze criminali che potessero condizionare l’impresa e che avevano fatto sì che l’Autorità Prefettizia emanasse il provvedimento interdittivo.  

Le Sezioni Unite della Suprema Corte(15), intervenute per dirimere tale contrasto, hanno chiarito i presupposti per l’accoglimento da parte del Tribunale dell’istanza di applicazione della misura presentata dall’azienda.

In particolare, l’alto consesso ha valorizzato le risultanze di un accertamento prognostico rispetto alle chances, della realtà aziendale infiltrata, di liberarsi dalle contaminazioni criminali attraverso un percorso virtuoso di bonifica grazie alla richiesta del controllo giudiziario.

Secondo tale premessa, le Sezioni Unite hanno statuito “L’accertamento dello stato di condizionamento e di infiltrazione non può, cioè, essere soltanto funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la realtà aziendale a causa delle relazioni esterne patologiche, quanto piuttosto a comprendere e a prevedere le potenzialità che quella realtà ha di affrancarsene seguendo l’iter che la misura alternativa comporta(16).

Le successive sentenze della Cassazione(17), soffermandosi sul presupposto dell’occasionalità dell’agevolazione, hanno ritenuto che “la verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale ad un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti dall’art. 34 bis, commi 2 e 3, d. lgs. n. 159 del 2011”.

Alla luce di tali principi, il Tribunale, pur prendendo le mosse dalla verifica della natura occasionale o costante dei rapporti intrattenuti dalla società con il sodalizio criminale, orienterà il proprio giudizio in funzione della valutazione complessiva della praticabilità di un percorso di “bonifica” dell’azienda interdetta, ovverosia di un programma volto – attraverso le prescrizioni e i poteri di sorveglianza di cui all’art. 34 bis comma 3 del Codice Antimafia – a rendere la società sufficientemente presidiata dal rischio di infiltrazioni mafiose.

Va da sé che il Giudice sarà chiamato a valutare la concreta fattibilità del programma di bonifica, considerando anche gli elementi su cui l’Autorità prefettizia ha fondato l’applicazione dell’interdittiva antimafia, oltre che le caratteristiche della società, il contesto socio-territoriale ove l’impresa opera e l’attività economica esercitata.

3.4  Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale ex art. 94 bis del Codice Antimafia

I presupposti applicativi e le prescrizioni comunicative e/o organizzative di queste misure sono sostanzialmente speculari al controllo giudiziario con cui, difatti, si pongono in rapporto di alternatività. Differenza sostanziale tra gli istituti è rappresentata dall’Autorità emittente: trattandosi di forma di prevenzione prettamente amministrativa la titolarità non è in capo al Tribunale della Prevenzione, come avviene per il controllo giudiziario, bensì al Prefetto.

L’Autorità prefettizia applica le misure preventive amministrative “quando accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale”(18).

Ritroviamo, anche in questo caso, il criterio dell’”agevolazione occasionale” che, una volta accertato, consente al Prefetto di imporre, alla società interessata, alcune prescrizioni tese ad impostare un cammino atto a garantire la legalità e a prevenire ingerenze criminali quali, inter alia, adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale(19).

L’Autorità prefettizia può anche stabilire che la società destinataria della misura sia “accompagnata” da uno o più esperti, incaricati di svolgere funzioni di supporto finalizzate alla corretta attuazione della misura di prevenzione collaborativa. 

Anche questo istituto, al pari delle altre misure di prevenzione, è espressione della volontà del Legislatore di prediligere modelli di cooperazione partecipata che consentano di non pregiudicare, in presenza di pericoli di infiltrazione mafiosa, la continuità aziendale delle imprese oggetto dell’interesse criminale. 

Alla scadenza della durata della misura (non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi) il Prefetto, se accerta che l’agevolazione occasionale sia venuta meno e non sussistano altri tentativi di infiltrazione mafiosa, rilascia un’informazione antimafia liberatoria.

Intervento di Marco CONTI, Avvocato – Partner GIM Legal


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Decreto Legislativo 6 Settembre 2011, n. 159 recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché’ nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136” (c.d. Codice Antimafia) rappresenta il traguardo di un percorso – normativo e giurisprudenziale – teso a contrastare le infiltrazioni mafiose nel tessuto economico sociale del Paese.

(2) A tal proposito, merita senz’altro menzione la Legge 17 ottobre 2017 n. 161 che più di tutte è intervenuta sui dettami del Codice Antimafia.

(3) recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”.

(4) Il neo introdotto art. 94-bis reca “misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale”.

(5) In tal senso, anche. la Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza nr. 11089 depositata il 20.12.2022.

(6) Cfr, tra le altre, TAR Calabria sentenza n. 126 del 30.01.2023.

(7) Consiglio di Stato Ad. Plen. N. 3 del 2018.

(8) Tribunale Sezione Autonoma Misure di Prevenzione o Prefetto.

(9) In tal senso: Tribunale di Milano Sezione Autonoma Misura di Prevenzione Decr. N. 06/2016.

(10) F. Licata “le misure di prevenzione patrimoniali” Catania, 20 Febbraio 2015.

(11) È prevista dall’art. 34 bis del D. Lgs. 159/2011 recante “Controllo giudiziario delle aziende”.

(12) Cons. di Stato Ord. Rim. N. 5615/2022: Scopo precipuo di tale misura è “(…) decontaminare le attività imprenditoriali sostanzialmente sane (o non del tutto compromesse) e restituirle al libero mercato, una volta depurate dagli agenti inquinanti, in un’ottica conservativa”.

(13) Secondo il Tribunale di Milano Sez. Autonoma Misure di Prevenzione (Decr. n. 9/2020) l’occasionalità dell’ingerenza criminale offre la possibilità di applicare una misura che incide “in maniera più mite ma maggiormente aderente alle esigenze specifiche di bonifica aziendale” adottandosi “in applicazione di un evidente principio di proporzionalità ordinamentale, quando l’infiltrazione non abbia contaminato in maniera diffusa l’impresa e sia facilmente sterilizzabile”.

(14) Cassazione Penale Sez. II n. 16105/2019.

(15) Cassazione Penale Sezioni Unite n. 46898/2019.

(16) Il modello delineato dalle SSUU è stato definito “prospettico – cooperativo”.

(17) Ex plurimis n. 1590/2021, n.11326/2023 e n. 10578/2023.

(18) Art. 94 bis I comma, Codice Antimafia.

(19) Art. 94 bis I comma lett. a) adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale; lett. b) comunicare al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente per il luogo di sede legale o di residenza, entro quindici giorni dal loro compimento, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali conferiti, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, di valore non inferiore a 5.000 euro o di valore superiore stabilito dal prefetto, sentito il predetto gruppo interforze, in relazione al reddito della persona o al patrimonio e al volume di affari dell’impresa; lett. c) per le società di capitali o di persone, comunicare al gruppo interforze i finanziamenti, in qualsiasi forma, eventualmente erogati da parte dei soci o di terzi; lett. d) comunicare al gruppo interforze i contratti di associazione in partecipazione stipulati; lett. e) utilizzare un conto corrente dedicato, anche in via non esclusiva, per gli atti di pagamento e riscossione di cui alla lettera b), nonché per i finanziamenti di cui alla lettera c), osservando, per i pagamenti previsti dall’articolo 3, comma 2, della legge 13 agosto 2010, n. 136, le modalità indicate nella stessa norma.



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