di Federico MORO
l contesto economico italiano nel 2023 è stato soggetto a spinte normative interne anche di carattere contrastante; si pensi a tal riguardo al contesto economico degli ultimi anni caratterizzato dalla guerra in Afghanistan (2001 – 2021), dall’emergenza pandemica del SARS-COV2, dalla crisi in Ucraina e ultima, ma solo in ordine temporale, la nuova crisi Palestina – Israele.
In tale contesto economico generale si è assistito, fra gli altri, all’abbassamento dei valori soglia per i quali le aziende sono obbligate alla nomina dell’organo di controllo, la novellata attenzione agli adeguati assetti organizzativi e al principio della continuità aziendale, l’approvazione del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza e l’ampliamento dei reati presupposto ai reati di natura tributaria.
Questi provvedimenti hanno generato una maggiore sensibilità per la gestione aziendale producendo anche maggiori costi, d’altro canto il legislatore ha anche promulgato provvedimenti che hanno parzialmente depotenziato gli Istituti richiamati. Fra questi si citano: la deroga al principio di rappresentazione veritiera e corretta attraverso la sospensione degli ammortamenti, il rilascio di garanzie sui prestiti aziendali, è vero questo favorisce maggiori disponibilità finanziarie ma d’altro canto generano maggiori fattori di rischio per l’indebitamento e maggiori oneri finanziari, non da ultimo la previsione di cui al comma 9 dell’art. 3 del D.L. 198/2022 ovvero la sospensione delle clausole di liquidazione per perdite.
Quanto sopra potrebbe comportare la prospettazione secondo cui l’azienda alfa per cercare di reagire o rispondere al contesto di crisi generale possa:
- contrarre maggior debito,
- adegui gli organi di controllo ma,
- sospenda gli ammortamenti e,
- rinvii al 2027 la copertura della o delle perdite d’esercizio
- contraendo un maggior peso a conto economico proprio per gli interessi passivi e una maggior esposizione complessiva.
L’aspetto che in questo lavoro preme sottolineare fra i diversi citati in precedenza è quello del particolare rapporto occorrente fra la normativa del codice della crisi d’impresa con la più consolidata, anche se a volte meno nota, normativa di cui al D.Lgs. 74/2000 ovvero il diritto penale tributario.
Le due normative hanno elementi comuni meritevoli di attenzione nella definizione di strategie o piani aziendali:
- un primo fatto comune è l’interesse dello Stato nella sua natura di “creditore”, per l’obbligazione tributaria la quale rileva sia in tema di responsabilità per la parcondicium creditorum sia in ambito penale oltre che amministrativo.
- Un ulteriore aspetto verte sulle dimensioni aziendali, ovvero in entrambe le fattispecie queste sono generalmente rilevanti, tanto da poter pensare che nell’ambito della stessa specifica casistica si possa incorrere nei rilievi di ambo i testi normativi.
Considerazioni sul CCII, Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza
La fu disciplina sul Fallimento dalla sua prima stesura nel 1942 aveva un impianto sanzionatorio punitivo incentrato sul principio del favor creditoris, ovvero la legge poneva al centro la tutela dei creditori quale interesse pubblico principale. Con il passare degli anni cambia la sensibilità e pertanto si necessità di un nuovo approccio; l’allora Ministro Roberto Castelli commentava la riforma dicendo come fosse chiaro “(…) che ogni riforma sposta degli equilibri e ogni riforma fa delle scelte. In questo caso la scelta effettuata va verso il mondo della produzione, imprese e banche”(1).
L’impresa, diventa un valore da conservare e tutelare al fine di limitare gli impatti negativi di un suo fallimento sul tessuto economico sociale. Ne consegue come il nuovo paradigma venga a caratterizzare il tentativo di anticipazione del momento di rilevazione dello stato di crisi o d’insolvenza. Un tratto rimasto comune invece è la presenza di un sistema gerarchico dei creditori che muove dal principio del concorso dei creditori (Art. 2741 c.c.), secondo il quale tutti i creditori hanno pari diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve cause di prelazione e/o specifiche riserve.
La struttura gerarchica serve, quindi, per individuare l’ordine progressivo di soddisfazione dei creditori associando a ogni categoria la rispettiva percentuale di soddisfazione.
A tale scopo si considerino le macro aree dei crediti prededucibili, privilegiati e chirografari; inoltre all’interno della categoria dei privilegiati, ad esempio, è presente (Art. 2777 c.c.) uno specifico ordine di preferenza in base all’interesse tutelato. Da un’analisi generale si vede come la tutela maggiore venga dedicata a quei crediti utili alla gestione delle procedure e ad alcuni specifici settori economici ritenuti di particolare interesse. A seguire viene tutelato un interesse di carattere generale come i crediti vantati dal personale dipendente poi quelli professionali; il grado poi di privilegio decresce gradualmente tutelando soggetti presenti sul mercato o che operano nel concreto della vita sociale ed economica del paese e in terza solo successivamente le pretese erariali, anche queste a loro volta divise secondo gradi di privilegio in funzione della specifica natura.
Nella redazione, predisposizione ed attuazione di una determinata procedura ex CCII si potrebbe prevedere un soddisfacimento dei gradi maggiormente tutelati, si legga il personale dipendente, a discapito di quelli successivi come ad esempio le imposte erariali (non si entra del merito della falcidia dei tributi erariali) purché si soddisfi il principio secondo cui il grado di soddisfazione offerto non può essere inferiore a quello desumibile dalla prospettiva liquidatoria.
Sulla normativa del Diritto Penale Tributario
La normativa ex D.Lgs 74/00 ha lo specifico scopo di tutelare l’interesse dello Stato nel poter incassare i propri crediti; in genere il grado della minaccia di natura coercitiva offerta aumenta in funzione della partecipazione attiva del contribuente all’organizzazione / commissione del reato; in altre parole al dolo.
Si deve inoltre considerare che la specifica normativa richiamata prevede oltre un comportamento teso alla commissione del reato anche requisiti dimensionali oggettivi definiti (importi soglia in Euro e/o soglie in misura percentuale). Ne discende quindi come la rilevanza penal – tributaria di una fattispecie di comportamento non ha un mero nesso eziologico fra lo stesso e la condotta criminosa quanto fra la prospettazione come concretizzatasi e il superamento dei valori soglia.
In altri termini la normativa penal – tributaria richiede un atteggiamento fraudolento finalizzato all’illecita sottrazione al pagamento delle imposte quale momento costitutivo della rilevanza tributaria e penale.
Una specifica menzione invece la meritano gli artt. 10-bis (omesso versamento di ritenute dovute o certificate) e 10-ter (omesso versamento di IVA) in quanto queste prospettazioni di reato hanno quale presupposto oggettivo rilevante non un comportamento doloso in senso stretto, come ad esempio l’occultamento dei documenti contabili, ma un comportamento di natura colposa ovvero il mancato versamento dell’imposta tale è l’evento che determina la prospettazione penale a prescindere dall’elemento soggettivo culturale del contribuente. I valori soglia sono fissati per importi pari a € 150.000 per l’art. 10-bis e pari a € 250.000 per IVA non pagata ovvero basterà non pagare una cifra almeno pari ai valori soglia di cui in precedenza per singolo anno d’imposta per la rilevazione penale del fatto.
I rapporti e le implicazioni fra il CCII e il Diritto Penale Tributario
Una prima considerazione da porre alla base di quanto seguirà è il concetto del rispetto del ne bis in idem nei rapporti delle normative trattate in questo lavoro. La Corte di cassazione (non ultima la Pronuncia n. 22486 del 24 luglio 2020), ha sancito la non rilevanza in merito di violazione del principio citato (di cui all’articolo 649 cpp) qualora, a seguito di una condanna per associazione a delinquere, finalizzata alla realizzazione di reati tributari, venga iniziato a carico di un imputato un procedimento per bancarotta fraudolenta patrimoniale, inerente distrazione delle risorse della medesima società in cui erano avvenuti gli illeciti fiscali.
Il principio ovviamente può essere e deve essere considerato in senso bilaterale quindi si può prevedere che un procedimento iniziato in uno degli ambiti trattati possa produrre effetti nell’altro e viceversa.
Sancito tale principio generale la considerazione che di seguito verrà trattata verterà non tanto sulla fattispecie dolosa del rapporto fra gli Istituti, quanto piuttosto i rapporti del CCII rispetto le specifiche fattispecie di cui al mancato versamento delle ritenute dell’IVA, queste fattispecie infatti abbiamo in precedenza approfondito come si possano connotare di un profilo sanzionatorio penale a prescindere dall’intento fraudolento.
Ipotizzando che la società possa trovarsi in una situazione di crisi o di insolvenza e annoveri fra le proprie posizioni la presenza di debiti scaduti per IVA o ritenute eccedenti i valori soglia afferenti e in precedenza richiamati, considerando inoltre che le disponibilità finanziarie della ipotizzata società saranno scarse o limitate, ci si ritroverà nella fattispecie secondo la quale il rappresentante legale dovrà valutare se:
- optare per una scelta orientata al rispetto della normativa ex CCII rischiando di vedersi riconoscere il reato di natura penale per il mancato assolvimento delle imposte non versate, piuttosto che,
- portare sotto soglia il mancato versamento di queste rischiando di ledere il principio di concorso dei creditori del c.d. Codice della Crisi con le possibili conseguenze non meno gravose.
Tale ipotesi, che si spera possa rimanere solamente un caso di scuola, invero è una casistica di possibile realizzazione la quale non ha uno specifico rimedio normativo, le due norme infatti non hanno un testo di raccordo volto a gestire tale fattispecie rimanendo vivo il problema.
Le due norme, tuttavia, hanno specifici rimedi che possono essere attivati per cercare di risolvere il dilemma ma al verificarsi di talune situazioni lo strumento della programmazione e il farsi assistere da figure professionali specializzate può consentire di definire la migliore strategia da utilizzare ex ante.
Intervento di Federico MORO | Revisore Legale dei Conti, Dottore Commercialista e Componente Commissione di Studio Diritto Penale Tributario, ODCEC Roma. LUMSA – Professore a contratto Finanza Aziendale
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Riforma , entrata a regime graduale – Morelli, ItaliaOggi del 24 settembre 2005, pag. 21