Da molti anni mi batto perché non si usi il termine “conformità” come traduzione di Compliance. Devo dire che continuo a gridare nel deserto e tanto che il traduttore di Google ormai traduce sistematicamente in modo errato adottando l’uso prevalente, errato, della traduzione di compliance.
Conformità in inglese si traduce “conformity“e non compliance!
Il fatto non è marginale né un vezzo ma l’errata traduzione continua a indurre un comportamento e una percezione sbagliata di cosa sia la compliance.
Nelle pubblicazioni anglosassoni i due termini hanno connotazioni ben precise. “Conformità” deriva dalla parola latina “conformare” che significa “formare” mentre la “Compliance” deriva dalla parola latina “complere” che significa “compiere” o “realizzare“.
Inoltre il termine compliance indica una adesione interiore tanto da rendere proprio il comportamento, in italiano esiste un termine che descrive meglio questo atteggiamento e comportamento che è “acquiescenza” che infatti è il termine adottato in campo medico per descrivere un comportamento del paziente che modifica il proprio comportamento e le proprie abitudini, stile di vita, alimentazione, rispetto delle terapie, secondo quanto indicato dal medico.
In Italia si fa spesso uso di errate traduzioni che poi entrano nell’uso comune ma specie nei rapporti internazionali questo può generare molti equivoci o errati comportamenti come in questo caso. La conformità è una sorta di modifica esteriore che non porta a un effettivo cambiamento nel senso dello spirito di una legge, Compliance invece porta a una adesione interiore allo spirito della legge in modo che l’agire dell’individuo ma più ancora di una organizzazione sia intrinsecamente acquiescente al dettato della norma o legge. Quindi essere compliance implica l’effettivo comportarsi secondo la norma e non un doppio comportamento per apparire entro la norma.
Sul piano operativo questo riduce drasticamente i costi della compliance dato che significa modificare i processi e le interazioni fra le persone in modo che l’agire stesso sia acquiescente con lo spirito della norma. Questo spirito è riportato anche nel GDPR dove si spinge verso un ripensamento dei processi in modo che siano by design e by default compliance.
Quindi non occorre fare un doppio lavoro in cui si opera magari in modo non acquiescente alle norme per poi sviluppare delle evidenze formali e liste di controllo che servono a dimostrare che siamo “conformi” ovvero si sviluppa un sistema che chiamo “paper compliance” ovvero un castello di apparenze formali per costruite solo evitare una vera compliance. Inoltre una vera compliance o acquiescenza implica lo sviluppo di una auto responsabilizzazione di tutti i membri dell’organizzazione tale che la rete di interazioni crea quelle barriere spontanee ai comportamenti divergenti.
Non dimentichiamo inoltre che in tema di compliance aziendale si parla di “comportamento delle organizzazioni” e non tanto di individui come troppo spesso si legge in dotte perifrasi e spiegazione di testi di legge dove ci si rivolge all’individuo e non all’organizzazione.
Qualsiasi aggregato di persone (o più correttamente detti agenti) che interagiscono fra loro va a costituire un sistema complesso dinamico, quindi il comportamento acquiescente ad una o più norme è un fenomeno che deve emergere dalle interazioni dei componenti (agenti) del sistema.
Spero che anche i magistrati comincino a capire l’errore che fanno quando in presenza di reati, come quelli presupposto per l’applicazione del D.lgs. 231/2001, giudicano solo aspetti e adempimenti formali e si riferiscono solo alle persone fisiche singole e no trattano la “persona collettiva“ quale è una persona giuridica. È evidente che se un reato si è prodotto dal comportamento, specie collettivo, vuol dire che si è fatta solo una conformità ma non una compliance, ci si è limitati ad eseguire dei rituali senza alcuna adesione allo spirito delle norme.
Troppo spesso in Italia, ma non solo, si curano solo gli aspetti formali e in tale direzione spingono anche affermati legali e professionisti ritendo di ottenere esimenda nell’esibire manuali, regolamenti e sistemi di controllo a riprova della compliance ma di fatto mostrano solo delle conformità formali lontane dal vero rispetto della legge.
Se ci fosse una vera compliance, ovvero una acquiescenza molti reati, come nell’AML (Anti-Money Laundering), o nella corruzione, non avverrebbero anche in assenza di controlli. In un sistema complesso dinamico sono le interazioni tra le persone che fanno sì che il comportamento collettivo emergente sia nel complesso rispettoso della compliance.
Source: Difference Between.net(1)
Riporto a conferma di quanto riportato alcuni link di articoli che spiegano la differenza tra i due termini Compliance e Conformity, se provate ad usare il traduttore Google noterete che il sistema traduce entrambi con “conformità” e crea degli assurdi logici e spiegazioni in completa contraddizione(1).
Intervento di Alessandro CERBONI – Vice Presidente di Assocompliance e partner Studio Legale Cappello di Roma
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Difference Between Conformity and Compliance, Difference Between.net
(1) Robert B. Cialdini, Noah J. Goldstein, (2004) “Social Influence: Compliance and Conformity“, Department of Psychology, Arizona State University
(1) A. T. Marlow, (2021) “What is Conformity & Compliance”, EMS Mastery
(1) “Compliance and Conformity“, Encyclopedia
(1) J. Sullivan, (2014) “Conformity vs. Compliance”, The Kitbag
(1) A. T. Marlow, (2021) “Conformity vs Compliance: How to use them correctly”, EMS Mastery YouTube
(1) A. Pascual, (2013) “Conformity, obedience to authority, and compliance without pressure to control cigarette butt pollution“, Taylor & Francis Online
Gianluca D'Imperio Replica
Da professionista che opera nel settore da oltre 20 anni di cui 16 proprio nella funzione Compliance Bancaria, mi ritrovo perfettamente nella sua corretta distinzione terminologica. Il punto è proprio quello che evidenzia e che impatta soprattutto organizzazioni internazionali che fanno fatica a distinguere linguisticamente compliance da conformità e che putroppo preferiscono sempre più spesso agire la funzione come una mera “paper compliance” come la definisce Lei. Dare maggiore importanza alla lista dei controlli in luogo di una corretta interpretazione dello spirito delle leggi porta, a mio modesto avviso, anche ad un sempre maggiore ridimensionamento della figura professionale di chi si occupa di cosiddetta Compliance regolamentare contrapposta a quella della Compliance dei controlli. A questo punto, le posso assicurare che sia sulla base delle sue precise considerazioni, nonchè degli articoli riportati di cui prenderò nota, non sarà più il solo a gridare nel deserto.
Grazie
Alessandro Cerboni Replica
Ringrazio Gianluca d’Imperio per aver compreso e per condividere in pieno lo spirito del mio articolo. La mia osservazione nasce dall’esperienza più che ventennale nel campo della compliance e nello studio continuo delle basi del giusto approccio per una compliance efficace. Già la cronaca giudiziaria vede contrapporre regolamenti e tomi di carta frutto di una conformità formale (paper compliance) lontana da una vera compliance efficace che non libera dalle responsabilità ‘impresa e tanto meno i vertici. Troppi legali e, mi duole dire, ancora molto magistrati non capiscono la differenza tra conformità e compliance. Quest’ultima è fondamentale se si vuole evitare che il comportamento di un’impresa, come essere collettivo, possa generare comportamenti illeciti quando anche criminali. Si cerca ancora il colpevole come persona singola, e non si capisce che modelli di governance e stili di governo possono generare illeciti e la compliance è un fenomeno e una proprietà che emerge dall’insieme dei comportamenti dell’aggregato sociale quale è un’impresa. Non credo, ad esempio, che gli impiegati delle banche dei recenti scandali bancari si alzassero la mattina con l’intenzione di fregare i clienti della banca ma che lo abbiano fatto perché c’erano le condizioni per cui quel tipo di comportamento fosse giustificato all’interno di quel framework comportamentale. Quindi occorre fare si che non dei rituali, dei documenti e dei regolamenti, per quanto scritti bene, si considerino una scelta di compliance, questi sono solo un illusorio ansiolitico basato sulla conformità non sulla compliance.
Giovanni Bruni Replica
Grazie per l’interessante e utile distinzione.
Tuttavia, la definizione di “conformity” riportata da Difference Between.net, oltre a essere grossolanamente errata, non è logicamente compatibile con quanto scritto poco sotto, ovvero che la compliance sarebbe un tipo di conformità.
Inoltre, credo manchi un pezzo importante: qual è, allora, la parola italiana che traduce “compliance”? Spero che non si vorrà citare il terrificante e cacofonico calco “complienza” che vedo talora occhieggiare minaccioso in certi documenti, né che qualcuno accampi la pretesa di dover noi tollerare l’importazione dell’ennesimo anglicismo da consulente borioso.