Premessa
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 10930 depositata il 19 marzo 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema ampiamente dibattuto in giurisprudenza, ossia il conflitto di interessi che può sorgere qualora il legale rappresentante dell’ente sia altresì indagato o imputato del reato presupposto ai sensi del D.lgs. 231/2001.
In particolare, il procedimento prendeva avvio dal sequestro preventivo disposto:
- nei confronti del legale rappresentante e da eseguirsi in via diretta anche,
- nei confronti della società dallo stesso rappresentata in relazione al reato di cui all’art. 2 del D.lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e all’illecito amministrativo di cui all’art. 25-quinquiesdecies del D.lgs. 231/2001.
Contro il provvedimento di sequestro il difensore di fiducia nominato dal legale rappresentante indagato presentava richiesta riesame a favore dell’ente. Tuttavia, tale richiesta veniva poi dichiarata inammissibile dal Tribunale di Ancona.
Ciò posto, il ricorrente presentava ricorso per Cassazione, lamentando l’erronea applicazione degli artt. 39 e 40 del D.lgs. 231/2001. In particolare, il difensore sottolineava:
- l’ammissibilità della richiesta di riesame presentata dal difensore di fiducia dell’ente nominato dal legale rappresentante della società indagato per il delitto presupposto;
- l’assenza di qualsivoglia conflitto di interessi in caso di società unipersonali, nelle quali vi è perfetta coincidenza tra socio unico ed amministratore dell’ente.
La nomina del difensore dell’ente fatta dal rappresentante legale indagato o imputato
Con riferimento alla prima censura mossa del ricorrente, occorre rilevare come l’art. 39 del D.lgs. 231/2001 – che disciplina il c.d. rapporto di rappresentanza, ossia il legame tra ente e rappresentante legale – stabilisca che “l’ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo”. Tale norma risponde all’esigenza di garantire l’assenza di qualsiasi conflitto di interessi tra la difesa della persona fisica e quella della persona giuridica.
A chiarimento della portata normativa della disposizione, la Corte di Cassazione è intervenuta con la c.d. sentenza Gabrielloni (Cass. Pen, Sez. Unite, 28 maggio 2015, n. 33041), aprendo la strada ad una serie di pronunce successive in senso conforme al ragionamento giuridico della stessa(1).
Nella c.d. sentenza Gabrielloni, infatti, la Corte di Cassazione ha affermato, anzitutto, il principio secondo cui è inammissibile, per difetto di legittimazione rilevabile d’ufficio, la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell’ente nominato dal rappresentante legale, che sia sottoposto alle indagini o imputato del medesimo del reato da cui l’illecito amministrativo dipende. I Giudici hanno chiarito che, qualora il rappresentante legale dell’ente sia indagato, lo stesso, versando in una situazione di conflitto di interessi, non potrà né rappresentare la società nel processo a suo carico né nominare il difensore della persona giuridica.
In tal senso, il divieto di rappresentanza di cui all’art. 39 D.lgs. 231/2001 è assoluto e non ammette deroghe, in quanto il legale rappresentante versa iuris et de jure in una condizione di conflitto di interessi con l’ente. Non è, dunque, necessario che il giudice accerti in concreto l’esistenza di tale conflitto, e non vi è, tantomeno, un onere motivazionale a riguardo. Tale proibizione trova giustificazione nel fatto che “il rappresentante legale e la persona giuridica si trovano in una situazione di obiettiva ed insanabile conflittualità processuale, dal momento che la persona giuridica potrebbe avere interesse a dimostrare che il suo rappresentante ha agito nel suo esclusivo interesse o nell’interesse di terzi ovvero a provare che il reato è stato posto in essere attraverso una elusione fraudolenta dei modelli organizzativi adottati, in questo modo escludendo la propria responsabilità e facendola così ricadere sul solo rappresentante” (Cass. Pen., Sez. Unite, 28 maggio 2015, n. 33041).
Da quanto affermato dalla Corte di Cassazione ne discende, dunque, l’inesistenza della nomina del difensore di fiducia in violazione dell’art. 39 D.lgs. 231/2001 e la conseguente la nullità di tutti gli atti successivi alla nomina del difensore stesso (in senso conforme, Cass. Pen., Sez. VI, 26 febbraio 2019, n. 15329).
La sentenza del 19 marzo 2025 in commento si colloca, dunque, nel solco delle predette pronunce e ribadisce quanto già precedentemente espresso dalla Corte di Cassazione. Infatti, si legge nella stessa: “[non è autorizzata] in ogni caso la nomina del difensore di fiducia e la successiva presentazione della richiesta di riesame nell’interesse dell’ente qualora il legale rappresentante sia imputato del reato dal quale nasce la responsabile amministrativa dell’ente medesimo” e, pertanto, “in punto di diritto deve ribadirsi […] la totale preclusione di ogni azione giudiziaria, anche in fase cautelare, in nome e per conto dell’ente per il legale rappresentante che sia indagato o imputato del reato presupposto”.
Conflitto di interessi nelle società unipersonali
La seconda censura rilevata dal ricorrente attiene, invece, all’applicabilità della disciplina sopra esposta nell’ambito delle società unipersonali. Come sopra menzionato, la tesi difensiva sottolineava l’impossibilità di discorrere di conflitto di interessi, in quanto nell’ambito delle società unipersonali vi è un unico Socio che ricopre, altresì, la carica di amministrazione e che, dunque, amministra e partecipa alla Società amministrata.
La Cassazione, confermando il proprio orientamento sul tema(2), sottolinea che le società unipersonali a responsabilità limitata rientrano tra gli enti assoggettati alla disciplina dettata dal D.lgs. 231/2001, “essendo, a differenza delle imprese individuali, soggetti giuridici autonomi, dotati di un proprio patrimonio e formalmente distinti dalla persona fisica dell’unico socio”.
Infatti, la Suprema Corte ha in più occasioni ribadito la soggettività giuridica delle società unipersonali, con conseguente piena applicazione delle norme in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Occorre, dunque, operare una distinzione tra la società con socio unico e l’impresa individuale:
- la società unipersonale è da considerarsi un soggetto autonomo distinto dalla persona fisica, dotata di proprie regole organizzative da cui discende una propria volontà negoziale, capace di acquistare diritti e assumere obblighi secondo regole di imputazione proprie e dotata di un patrimonio proprio, al pari delle società pluripersonali;
- le imprese individuali, che pure abbiano un’organizzazione interna complessa, non sono qualificabili come enti e sono per ciò solo escluse dalla sfera applicativa del D.lgs. 231/2001.
In ogni caso, i Giudici – nella sentenza depositata il 21 novembre 2024(3) – hanno, altresì, precisato come occorra verificare, ai fini dell’imputabilità dell’ente unipersonale, l’organizzazione, l’attività svolta e le dimensioni dell’impresa, nonché se possa riscontrarsi un interesse sociale distinto da quello della persona fisica.
Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione, nella sentenza del 19 marzo 2025 in commento, rigetta la tesi difensiva prospettata, sottolineando che “il trattamento preferenziale richiesto nel caso di specie dalla difesa della ricorrente, nel senso che la commistione fra legale rappresentante e società, escluderebbe il conflitto d’interessi, non trova giustificazione giuridica”.
Conclusione
Pur inserendosi nel solco dei principi consolidati espressi dalla Corte di Cassazione, la pronuncia oggetto di analisi offre l’occasione per riaffrontare il tema del conflitto di interessi tra l’ente e il suo legale rappresentante, indagato per il reato presupposto.
Posta, dunque, l’impossibilità per il legale rappresentante della società di nominare il difensore di fiducia dell’ente nel procedimento a suo carico, occorre, dunque, domandarsi come possa essere gestito l’eventuale conflitto di interesse.
Sul punto, risulta rilevante la sentenza n. 35387/2022(4), che ha statuito che il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo adottato dall’ente deve prevedere disposizioni volte a fronteggiare le eventuali situazioni di conflitto di interesse del legale rappresentante, qualora quest’ultimo sia indagato o imputato per il reato presupposto ai sensi del D.lgs. 231/2001. In particolare, il Modello deve contenere l’indicazione di un soggetto espressamente delegato alla nomina del difensore dell’ente in tali circostanze, garantendo così un meccanismo di tutela preventiva.
Pertanto, il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione evidenzia la necessità di provvedere all’aggiornamento del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.lgs. 231/2001 mediante l’individuazione di un c.d. soggetto di garanzia al fine di disciplinare ex ante un eventuale conflitto di interesse.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Si veda, tra le altre; Cass. Pen., Sez. III, 13 maggio 2022, n. 35387; Cass. Pen. Sez. II, 31 gennaio 2024, n. 13003.
(2) Si ricordano, a titolo esemplificativo, e non esaustivo, Cass. Pen, Sez. VI, 16 febbraio 2021, n. 45001; Cass. Pen., Sez. III, 24 ottobre 2024, n. 42611.
(3) Cass. Pen., Sez. III, 24 ottobre 2024, n. 42611.
(4) Cass. Pen., Sez. III, 13 maggio 2022, n. 35387.