di Simone MAZZONETTO
La Blockchain, spesso nota come “Tecnologia Ledger Distribuita”, è per molti esperti la più importante innovazione tecnologica dell’odierna economia. Una delle sue principali applicazioni è quella relativa alle Criptovalute di cui una delle sue peculiarità è di garantire un elevato anonimato nelle transazioni finanziarie, rendono tale strumento particolarmente complesso da gestire in ambito antiriciclaggio.
Preliminarmente si evidenzia come il quadro legislativo internazionale sia caratterizzato da una normativa non uniforme concernente la gestione delle Criptovalute.
In questo articolo andremo ad analizzare sinteticamente come i singoli paesi, specialmente l’Unione Europea, la Cina, il Giappone e la Russia stiano cercando di regolamentare questo nuovo sistema di pagamento.
UNIONE EUROPEA
La nuova normativa antiriciclaggio italiana, nel recepimento della IV Direttiva Europea con il D.lgs. n. 90/2017, ha anticipato alcune delle novità nell’ambito delle Criptovalute, che si apprestavano ad essere introdotte dalla Direttiva successiva ossia la V.
La quarta direttiva AML europea, approvata nel maggio 2015 con la Direttiva 849/2015, non forniva ancora alcun riferimento alle criptovalute e così, come parte integrante della successiva quinta direttiva (AMLD5), approvata nel dicembre 2017, il Parlamento Europeo e il Consiglio Europeo ha estendeso le norme AML alle società che operano nella compravendita di Criptovalute, quali le piattaforme di scambio e le società di gestione e custodia dei portafogli digitali all’interno del suolo europeo, inserendoli così all’interno dell’elenco dei “soggetti obbligati” contenuti nella precedente direttiva. Con queste novità, si è richiesto a tutti gli stati membri di sottoporre i suddetti prestatori di servizi allo stesso controllo antiriciclaggio richiesto agli altri soggetti obbligati come le banche, richiedendo loro di:
- creare un apposito programma di identificazione dei clienti (CIP) e dei beneficiari;
- creare un sistema KYC (Know Your Customer) da applicare a tutti i loro clienti;
- monitorare le transazioni; stilare rapporti su possibili attività sospette da sottoporre all’attenzione delle autorità competenti nazionali.
Mentre la proposta di modifica della quarta direttiva era ancora in fase di approvazione, alcuni stati membri hanno però deciso di anticipare alcuni contenuti del nuovo testo, tra cui l’obbligo di estendere gli obblighi AML a certi fornitori di servizi sulle criptovalute.
L’Italia è stata uno dei primi paesi ad attuare la nuova direttiva AML attraverso il D.lgs. 90/2017. Quando l’Italia ha emendato nel 2017 il decreto-legge in osservanza della quarta direttiva AML, ha simultaneamente incorporato alcune definizioni riferite alla critpovalute, riprendendo alcuni concetti riportati dalla reportistica del FATF. Facendo così ha definito i prestatori di servizi delle criptovalute come degli intermediari non finanziari che forniscono un servizio di cambiovaluta tra critpovalute e valute aventi corso legale, prescrivendo poi che questi fossero soggetti all’osservazione della normativa AML italiana.
L’articolo 8 richiede poi alle società che operano come piattaforme di scambio di criptovalute, di registrare la propria attività presso un’apposita sezione dell’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, e di comunicare al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) le operazioni di scambio effettuate al di fuori del territorio italiano.
CINA
La Cina, pur avendo portato solo parzialmente a compimento la maggior parte delle raccomandazioni del G.A.F.I., ha fatto recentemente registrare un rapido sviluppo della propria normativa antiriciclaggio, soprattutto grazie alla pubblicazione, avvenuta il 28 dicembre 2016, ad opera della Banca Popolare Cinese del, “Decree No. 3”. Relativamente alle Criptovalute, nel 2013 la Cina ha definito il Bitcoin e le altre valute virtuali come delle “Virtual Commodity” ossia beni virtuali, in quanto ritiene che le stesse non siano in possesso delle caratteristiche che delineano la moneta e che non ne acquisteranno in futuro lo stesso stato legale. Sebbene il pubblico sia libero di usare le valute virtuali come mezzo di scambio, le istituzioni finanziarie non sono autorizzate a fare altrettanto.
La regolamentazione proibisce infatti a queste ultime di prezzare i propri prodotti e servizi in Bitcoin o simili, di scambiare, fornire assicurazione e servizi correlati, negoziare o gestire valuta virtuale in qualsiasi forma. Il 4 settembre 2017 la Cina ha posto al bando le ICO definendole come “una minaccia seria per l’ordine economico e finanziario”. È stata inoltre istituita una commissione guidata dalla Banca Centrale Cinese che ha il compito di effettuare ispezioni approfondite presso oltre 60 piattaforme che si occupano di finanziamento tramite ICO, al fine di tutelare gli interessi degli investitori e di gestire le ripercussioni di questo tipo di raccolta fondi in termini di rischio finanziario.
GIAPPONE
Il Giappone è stato uno dei primi paesi, a livello globale, ad introdurre alcune misure nel tentativo di regolamentare il mercato delle Criptovalute. Questo sicuramente è dovuto al fatto che, nello stato nipponico, sono stati numerosi i casi di truffe o furti di Criptovalute come, ad esempio, quella della piattaforma di Exchange “Mt. Gox”, che, con il suo collasso nel febbraio 2014 comportò perdite per i clienti pari a 850 mila bitcoin. A riguardo, già nel 2014 furono istituiti presso la “Financial Services Agency” un gruppo di studio ed uno di lavoro per approfondire le tematiche legate ai sistemi di pagamento e regolamento introdotti dalle Criptovalute. La relazione finale prodotta da questi gruppi di lavoro raccomandava l’introduzione di un sistema di registrazione per le attività che avevano ad oggetto lo scambio di Criptovalute in modo tale da rendere le transazioni avvenute tramite questi strumenti soggette alle normative sul riciclaggio di denaro e al tempo stesso favorire l’introduzione di un sistema di tutela per gli utenti. Tale legge, ossia il Payment Services Act, venne modificata nel 2016 ed entrò in vigore a partire dal 1° aprile 2017, sancendo così l’accettazione ufficiale delle valute virtuali come sistema di pagamento.
Le aziende e gli individui considerano sempre di più le offerte iniziali di criptovalute (ICO) come un modo per raccogliere capitali o partecipare ad opportunità di investimento. Sebbene queste risorse digitali e la tecnologia alla base di esse possano presentare un nuovo ed efficiente strumento per effettuare transazioni finanziarie, le stesse portano anche un maggiore rischio di frode e manipolazione perché i mercati di queste attività sono meno regolamentati rispetto a quelli dei mercati di capitali tradizionali. Per questo attraverso uno statement, nell’ottobre 2017, l’FSA ha cercato di regolare anche le Initial Coin Offering. Queste ultime infatti ad oggi devono essere registrate, in quanto tale raccolta, che presuppone la vendita di criptovalute (token) ad investitori, si delinea come una attività soggetta alla regolamentazione del FSA.
RUSSIA
Relativamente al quadro normativo Russo riguardante le Criptovalute, occorre evidenziare che ad oggi, in Russia non vengono ufficialmente definite. A riguardo è stato pubblicato il progetto di legge n. 419059-7 sui “Digital Financial Asset” che seppur ancora provvisorio (è stato approvato a luglio 2018 solo nella prima delle tre letture previste dall’iter legislativo), presenta alcuni spunti interessanti. Quest’ultimo infatti definisce “Criptovalute” e “Token” come attività finanziarie digitali, cioè come proprietà (e non come sistema legale di pagamento) create in forma elettronica utilizzando dispositivi crittografici le cui informazioni sono memorizzate in portafogli digitali con l’ausilio di dispositivi hardware e software.
In particolare, data la definizione delle criptovalute quali asset, il mining è considerato al pari della produzione di beni e definito come: “attività volta a creare una criptovaluta”. Dal momento che solo le aziende o i singoli imprenditori possono essere impegnati nella produzione di beni in Russia, i minatori dovranno registrarsi come imprenditori individuali o creare un’azienda privata per le proprie attività. Rimane possibile il mining effettuato singolarmente da utenti ed in limitate quantità, si prevede infatti che i costi energetici per “l’estrazione mineraria” non possano superare (nell’arco di tre mesi consecutivi) i limiti di consumo energetico stabiliti dal governo.
Sempre all’interno del progetto di legge citato precedentemente, vengono introdotte possibili misure per la regolamentazione delle Initial Coin Offerings. L’emittente di token all’interno di una ICO dovrà pubblicare “un memorandum d’investimento” (definito White Paper) unito ad un’offerta pubblica che fornisca dettagliate informazioni sull’emittente e il suo beneficiario effettivo, sul prezzo di acquisto del token, nonché sulla persona che svolge l’attività di depositario. I token potranno essere scambiati per rubli o valuta estera, ma solo attraverso gli operatori Exchange registrati.
Intervento di Simone MAZZONETTO, Chief Audit Executive Banco delle Tre Venezie Spa – Adjunct Professor Ca Foscari University of Venice – Chairman and Senior Partner AML LAB
Per i riferimenti normativi, consultare i seguenti link:
V Direttiva Antiriciclaggio – Testo Integrale Direttiva UE 2018/843
D. Lgs. 90/2017 – Recepimento IV Direttiva Antiriciclaggio UE
IV Direttiva Antiriciclaggio – Testo Integrale Direttiva (UE) 2015/849
Virtual Currencies, Guidance for a Risk based Approach – FATF-GAFI, June 2015