Enti del Terzo Settore (ETS): Adeguati Assetti al Centro delle Nuove Regole

Enti del Terzo Settore (ETS): Adeguati Assetti al Centro delle Nuove Regole

15 gennaio 2025

di Alessandro MICOCCI

Entro la fine di aprile tutti gli Enti del Terzo Settore, conformi ai requisiti previsti dalla normativa di riferimento, saranno tenuti a redigere e pubblicare il loro bilancio annuale.

L’articolo 13 del Codice del Terzo Settore stabilisce, infatti, che tutti quegli Enti che non svolgono attività d’impresa come attività principale (per la quale si applica, a seconda dei limiti dimensionali, la normativa prevista per le Società dagli articoli 2423 e seguenti e 2435-bis e 2435-tes del Codice Civile) devono:

  • redigere il proprio rendiconto secondo gli schemi previsti da apposito decreto ministeriale (D.M. 5/3/2020 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) e,

composto dallo Stato Patrimoniale, dal rendiconto gestionale (con l’indicazione dei proventi e degli oneri dell’ente) e dalla relazione di missione; nel caso di ricavi inferiori a 220.000 euro (salvo approvazione del Disegno di Legge AC 1352-ter), è altresì possibile redigere un rendiconto secondo modulistica semplificata (rendiconto per cassa).

Se in precedenza erano sorti dei dubbi circa l’applicabilità delle norme a talune categorie di forme associative, ad oggi tutte le entità che ottengono l’iscrizione al Registro Unico del Terzo Settore (Runts) sono chiamate ad approvare il bilancio entro il 30 aprile e depositarlo entro il 30 giugno.

Similitudini con il mondo profit

Dalla lettura delle norme emergerebbe quindi la necessità, similarmente a quanto previsto per il mondo profit, di tenere un sistema adeguato per la tenuta delle scritture contabili che permetta, a sua volta, di redigere un bilancio rispettoso delle norme contabili (a partire dal recente principio contabile OIC 35) e che fornisca, a seconda dei casi, di tutte quelle informazioni richieste dagli articoli 4 e seguenti del Codice del Terzo Settore: prevalenza delle attività di interesse generale, secondarietà e strumentalità delle attività diverse, conformità della raccolta fondi e destinazione del patrimonio e assenza del lucro. I rimandi al mondo profit non si limiterebbero inoltre alle tematiche strettamente contabili, ma sembrerebbero essere presenti anche con riferimento all’area tributaria ed in particolare nell’articolo 87 del Codice del Terzo Settore, il quale rimanda agli articoli 2216 e 2217 del Codice Civile circa la tenuta del libro giornale e del libro inventari o alla relazione sulla missione che, in parte, richiama per similitudine i dettami degli articoli 2427 e 2428 del Codice Civile.

Convergenza tra Enti del Terzo Settore e mondo profit

Si potrebbe intendere, pertanto, come di una convergenza tra i due mondi, quello profit equello non profit, a lungointesi come aventi obiettivi distanti e spesso non considerati pienamente dal legislatore; due realtà che si stanno lentamente avvicinando anche a seguito delle nuove normative in tema di sostenibilità. Un processo riscontrabile in temi come gli adeguati assetti e, quindi, nelle tematiche relative alla responsabilità degli amministratori e degli enti. Un concetto ampio e che, ancor prima della riforma del D. Lgs 14/2019, era già presente nel nostro ordinamento. A tal proposito, gli articoli 2082 o il 2381 del Codice Civile, che trattano o fanno riferimento ad una attività organizzata, potrebbero essere presi ad esempio: seppur molto spesso la normativa specifica per le Società di Capitali era da considerarsi come applicabile anche per altre forme associative collettive, la mancanza di un riferimento chiaro poteva altresì generare confusione. Incertezza che sembrerebbe essere venuta meno dopo la riforma richiamata in precedenza ed in particolare con la riformulazione dell’articolo 2086 del Codice Civile: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. In altre parole, il concetto di responsabilità e di adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile sembrerebbe ampliarsi fino a comprendere anche tutte quelle forme associative diverse dalla Società, come ad esempio gli Enti del Terzo Settore. Tale ampliamento sembrerebbe contenuto anche nel Codice del Terzo Settore, in particolare all’art. 30 (“l’organo di controllo vigila sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, qualora applicabili, nonché sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento”) sia in giurisprudenza, considerando la giurisprudenza della Corte di giustizia Europea per la quale “si considera impresa qualsiasi ente che esercita un’attività economica consistente nell’offerta di beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento” a prescindere dalla forma giuridica.

Conclusioni

Seppur l’attività degli Enti del Terzo Settore non si basa principalmente sul perseguimento del lucro, è indubbio un avvicinamento del mondo non profit al mondo aziendalistico e alle regole a cui, da sempre, sono abituati a confrontarsi gli amministratori delle imprese commerciali. Inoltre, seppur rientranti tra le categorie richiamate espressamente dal decreto legislativo n. 231/2001 (a causa della mancanza dell’attività lucrativa), gli ETS possono applicare comunque la normativa in questione, strutturandosi in questo modo con un sistema di controllo utile a prevenire tutta una serie di reati. Pertanto, investire tempo e risorse in un diverso approccio culturale, prima ancora che gestionale, potrebbe comportare una serie di vantaggi agli Enti del Terzo Settore; il primo e forse più importante è senza dubbio quello di aumentare la fiducia da parte degli stakeholder (sempre prendendo volendo prendere come guida il mondo profit) e quindi una maggiore affidabilità soprattutto in ambito sostenibilità dove gli ETS possono, tramite il volontariato di competenza, divenire protagonisti nel mondo profit ed in particolare nella collaborazione con le Società chiamate a rendicontare, evitando anche il rischio greenwashing (in tutte le sue derivazioni ESG), le attività sociali svolte nel perseguimento dei fattori ESG.



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