di Nunzia RUSSO
Ormai si sente parlare tanto di ESG (Environmental, Social and Governance) quando il processo decisionale di investimento prende in considerazione aspetti sociali, ambientali e di governance.
La cosiddetta “finanza sostenibile” è diventata parte del nostro agire quotidiano determinando maggiormente investimenti a lungo termine in attività e progetti economici sostenibili.
Un Istituto Finanziario affronta questo tema su due piani:
- Diretto: è direttamente soggetta ai fattori ESG come ad es: le emissioni di anidride carbonica o gli effetti sulla reputazione di fattori sociali o le condizioni di lavoro.
- Tramite controparti, è indirettamente soggetta ai rischi causati dall’impatto dei fattori ESG.
Il Regolamento UE 2019/2088 (Sustainable Finance Disclosure Regulation o SFDR)(1) ha stabilito norme armonizzate di trasparenza per i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari per quanto riguarda l’integrazione dei rischi di sostenibilità e la considerazione degli effetti negativi per la sostenibilità nei processi e nella comunicazione delle informazioni relativa ai prodotti finanziari.
Ma gli standard delle norme tecniche di regolamentazione (RTS) sono stati adottati dalla Commissione europea solo il 6 aprile 2022 e dovrebbero essere applicati, dopo il vaglio del Parlamento europeo e del consiglio, solo dal 1 gennaio 2023.
Ma cosa si intende per investimento sostenibile? Quell’investimento che non arreca un danno significativo (do not significantly harm o DNNSH) a nessun obiettivo ambientale e sociale e avvenga nel rispetto della buona governance.
Trattando di ESG Due Diligence, lo scopo è quello di comprendere il profilo di rischio dell’impresa target (cd rischio “inerente”), dopo aver identificato e valutato ogni misura di prevenzione (cd “presidi”) atta a prevenire le violazioni di leggi e regolamenti in materia di sostenibilità.
Quindi creando una data room, intervistando il personale chiave dell’azienda, effettuando controlli di integrità e una valutazione del rischio con verifiche in loco, delle transazioni e un’analisi riusciamo a comprendere i rischi a cui va incontro un Istituto.
Alcune Istituzioni Finanziarie hanno già avviato un processo di mappatura dei rischi legati al clima e al loro potenziale impatto finanziario:
La valutazione dei rischi ESG nel settore bancario è ancora allo stato embrionale e poco omogenea.
Su questo tema l’EBA individua come ambiti rilevanti: l’organo di amministrazione e i comitati; il sistema dei controlli interni e le politiche di remunerazione.
Il sistema dei controlli interni deve accogliere i rischi ESG e l’organo di amministrazione deve quindi rivedere adeguatamente le “tre linee di difesa” del sistema.
Ad esempio è essenziale che la valutazione del merito creditizio, nella prima linea di difesa, includa ove applicabile un’analisi di sensitivity, al fine di verificare che la creazione di prestiti sia in linea con la propensione al rischio e i limiti stabiliti dalla banca.
Per raggiungere i suddetti obiettivi l’EBA raccomanda di:
1. includere i rischi ESG nel ruolo consultivo di un comitato endoconsiliare (comitato rischi o comitato specializzato come il comitato per la finanza sostenibile o il comitato etico), funzioni o gruppi di lavoro a diversi livelli, garantendo che si incontrino regolarmente, giustificando la loro necessità e, ove applicabile, stabilendo chiare procedure di lavoro;
2. attribuire la responsabilità relativa ai rischi ESG a un membro dell’organo di gestione;
3. coinvolgere la funzione di gestione del rischio in una fase iniziale quando si integrano i rischi ESG nella propensione al rischio dell’ente;
4. assumere e formare il personale per potenziare le competenze sui rischi ESG;
5. garantire che le funzioni di gestione del rischio considerino i rischi ESG nell’attuazione e controllo delle politiche di rischio;
6. valutare in che misura il ruolo della funzione di risk management necessita di essere modificato per una adeguata gestione dei rischi ESG; sua revisione dell’efficacia e dell’adeguatezza delle disposizioni, dei processi e dei meccanismi di governance interna;
7. garantire che la funzione di audit interno includa i rischi ESG nell’attività di audit periodico;
8. incoraggiare il personale a comportarsi in modo non coerente con l’approccio ai rischi ESG;
9. per gli enti che hanno fissato obiettivi e/o limiti relativi ai rischi ESG, valutando l’implementazione di una politica di remunerazione che colleghi la remunerazione variabile al raggiungimento di tali obiettivi, assicurando al contempo che siano evitate pratiche di green washing e di assunzione di rischi eccessivi;
10. stabilire un framework di lavoro per il controllo e la gestione del conflitto di interessi che incentivi l’assunzione di rischi indebiti correlati ai fattori ESG, orientati a breve termine, inclusi il green washing, la vendita impropria di prodotti;
11. considerare gli indicatori ESG quando si tiene conto degli interessi a lungo termine dell’ente nella progettazione e applicazione delle politiche di remunerazione.
Gli aspetti considerati rilevanti nella gestione dei rischi ESG da gran parte delle Istituzioni sono:
- propensione, politiche e limiti di rischio (risk appetite, risk policies and risk limits);
- dati e metodologia;
- monitoraggio e mitigazione del rischio e
- stress test per il rischio climatico.
Inoltre, le banche devono valutare l’inclusione dei rischi ESG nell’ambito del RAF (Risk Appetite Framework). Ciò comporta, innanzitutto, l’aggiornamento dell’inventario dei rischi che alimenta la dichiarazione sulla propensione al rischio (Risk Appetite Statement o RAS).
Occorre, nel contempo, definire gli indicatori chiave di appetito al rischio (risk appetite), le soglie di tolleranza (risk tollerance) e i limiti di rischio (risk limits) che consentano di gestire efficacemente la tematica ESG.
Queste scelte gestionali e di controllo devono essere incluse anche nel processo interno di valutazione dell’adeguatezza patrimoniale (ICAAP) e della liquidità (ILAAP), nonché i piani di recovery delle banche devono tenere conto dei rischi ESG.
Rientreranno inoltre a breve e a partire dall’anno prossimo altri due KPI, di cui si è sentito parlare nell’Informativa del Terzo Pilastro, che sono:
- il Green Asset Ratio (GAR) e
- il Banking Book (BTAR) Taxonomy Alignment Ratio.
Entrambi si basano sulla tassonomia dell’UE e sono allineati ai ratios di Parigi per identificare se le banche stanno finanziando attività sostenibili, e mostrano la proporzione di attività che sono sostenibili dal punto di vista ambientale e contribuiscono sostanzialmente agli obiettivi di mitigazione o di adattamento ai cambiamenti climatici.
Tutto questo è in linea con un approccio del rischio diffuso a tutti i livelli e un approccio trasparente basato su una comunicazione chiara e condivisa.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
EBA | Report on management and supervision of ESG (EBA/REP/2021/18)
ECB | Guide on climate – related and environmental risks, November 2020
Presentazione “Gestione bancaria sostenibile” di Enzo Rocca