Francia: Modello Anticorruzione. Come mantenere il livello raggiunto senza introdurre nuove norme

Francia: Modello Anticorruzione. Come mantenere il livello raggiunto senza introdurre nuove norme

17 novembre 2024

di Valentina LANA e Michel SAPIN

Guardando avanti: mantenere il livello raggiunto

Ad oggi la Francia fa dunque figura di Paese modello in materia di lotta contro la corruzione: la legge del 2016 è rispettata ed applicata, la CJIP (Convention Judiciaire d’Intérêt Public) ampiamente utilizzata e con soddisfazione, i programmi anticorruzione in impresa sono solidi.

L’AFA (Agence française anticorruptionche), che ogni due anni, realizza uno studio ‘diagnostico’ sulla maturità dei programmi anticorruzione in impresa, si è espressa a fine 2022(25) in termini incoraggianti rispetto agli sforzi di conformità operati dalle imprese. I programmi di prevenzione della corruzione sono stati concepiti e messi in atto, sono ben strutturati e robusti. Le più grandi difficoltà incontrate riguardano principalmente due aspetti.

Le 3 componenti meno mature del Programma Anticorruzione

Per prima cosa, tre delle otto componenti del programma di compliance risultano di difficile costruzione:

  1. la cartografia dei rischi,
  2. la valutazione delle terze parti ed
  3. i controlli contabili.

Le difficoltà sono all’origine di un livello di robustezza e di efficacia meno importante di queste tre misure rispetto alle altre componenti del programma anticorruzione. Le difficoltà riscontrate nella costruzione di ciascuno dei tre elementi hanno origini – e soluzioni – diverse.

La cartografia dei rischi è un’attività temuta dalle imprese che, in generale, credono debba rispondere a criteri matematici di grande precisione e finezza, spesso ignorando che il calcolo del rischio, in questo tipo di esercizio, è un’approssimazione frutto di un esercizio intellettuale di osservazione del ‘paesaggio’ in cui l’attività di impresa si iscrive.
Ciò che più conta, agli occhi del regolatore, è la fedeltà del risultato alla reale esposizione dell’impresa, ossia che la cartografia non sia la copia o l’adattamento di un modello standard, senza alcun legame con la realtà delle attività. Affinché l’esposizione a dei rischi di corruzione emerga, occorre pervenire ad una conoscenza fine delle attività condotte ad ogni livello. La traduzione pratica di queste esigenze in un modus operandi è un lungo lavoro di esplorazione, o analisi, delle attività e dei processi per comprendere dove ci sia della porosità rispetto al tema della corruzione.
L’analisi deve essere condotta per carotaggio: non è sufficiente interrogare le persone con posizioni apicali, i collaboratori ad ogni livello gerarchico devono essere coinvolti nell’esercizio, nessuno essendo immune da iniziative o sollecitazioni a dei fini di corruzione. Un esercizio di tale respiro e di tale esigenza richiede tempo, dialogo, osservazione e riflessione per individuare le aree di esposizione ed in seguito quantificare i rischi, determinandone impatto, frequenza, fattori aggravanti ed elementi di attenuazione. La cartografia è una ‘radiografia’ iniziale del paziente-società, che permette in seguito di definire una ‘cura’: fuor di metafora, una volta compresa l’esposizione ai rischi di corruzione e le attività che ne sono all’origine, le varie componenti del programma anticorruzione (che altro non è se non un piano di prevenzione-gestione dei rischi di corruzione) possono essere strutturate in modo tale da essere una risposta adeguata, proporzionata ed efficace ai rischi emersi nell’esercizio di diagnosi.

La valutazione delle terze parti, secondo elemento di difficoltà per le imprese, è un esercizio relativamente semplice di esecuzione, ma reso complesso dal volume. Realizzare una due diligence anticorruzione su terze parti significa cercare di comprendere in che modo la relazione con un terzo (fornitore, cliente, intermediario) esponga l’impresa a dei rischi di corruzione.
Come nel nostro quotidiano, quando siamo in relazione con persone che godono di cattiva reputazione, prendiamo delle misure per fare in modo che la condotta di altri non abbia un impatto sulla nostra reputazione, così nel mondo degli affari, se un partner:

  • ha pratiche opache,
  • opera in Paese ad alto rischio di corruzione o
  • ha dei precedenti,

l’impresa si deve tutelare al momento dell’apertura della relazione commerciale.
Le modalità di realizzazione di una valutazione sono chiare e conosciute e suscitano poco dibattito, l’AFA ha dato delle indicazioni, delle piattaforme esistono sul mercato per l’ottenimento e la gestione delle informazioni. Il profilo critico dell’esercizio sta nella quantità di terze parti con cui un’impresa entra in relazione, che può quantificarsi in migliaia. Si impone allora un’opera di censimento e di priorizzazione delle diverse categorie di terze parti per seguire un ordine logico.
La cartografia dei rischi può essere utile: a rischi alti di esposizione alla corruzione possono corrispondere attività con categorie ben definite di terzi, da privilegiare nella conduzione delle valutazioni. È vero pure che certi terzi, di grandi dimensioni, con attività disparate e catene di filiazione tentacolari, possono richiedere più tempo e sforzo, ma, in generale, si sa cosa cercare, nondimeno si può essere intimiditi dalla mole di lavoro, la valutazione dovendo svolgersi sui terzi in entrata (il flusso) e sugli esistenti (lo stock). Una volta individuato il profilo di rischio del terzo – quanto quest’ultimo metta a rischio chi intrattiene con lui una relazione commerciale -, e per quanto alto il rischio sia, non c’è alcun obbligo, o raccomandazione, di evitarne la frequentazione; ciò che è richiesto à l’adozione di misure adatte all’attenuazione del rischio. Tornando alla metafora: posso scegliere di frequentare – o di continuare a frequentare – persone di cui conosco la cattiva reputazione, ma devo prendere le precauzioni necessarie per evitare che la loro cattiva fama intacchi la mia reputazione o comprometta le mie azioni.

Il terzo tema percepito come complicato delle imprese è il controllo contabile anticorruzione. Delle procedure contabili più o meno avanzate esistono in ogni impresa, e devono costituire la base del controllo anitoccuruzione. La difficoltà risiede più nell’oggetto del controllo che nelle sue modalità. Occorre quindi definire quali operazioni contabili possono celare degli atti di corruzione. Anche in questo caso, la cartografia dei rischi può offrire utili indicazioni.

L’AFA ha inoltre rilevato come la consapevolezza delle imprese francesi in materia di esposizione alla corruzione resti limitata, e quindi perfettibile; ciò costituisce il secondo aspetto negativo messo in luce nel 2022, accanto alle tre componenti meno mature del programma anticorruzione.

La sfida futura: come mantenere l’eccellenza nella prevenzione della Corruzione

Se le conclusioni dell’AFA all’esito dell’esercizio di diagnosi dei programmi anticorruzione d’impresa sono piuttosto positive, la cooperazione giudiziaria con gli Stati Uniti, l’uso della CJIP (Convention Judiciaire d’Intérêt Public), il rapporto OCSE confermano che il livello raggiunto dalla Francia è elevato. Ad oggi il Paese si posiziona come un attore virtuoso, attivo ed attento in materia di prevenzione della corruzione. La sfida che resta riguarda il futuro e la capacità – se non di migliorarlo – di mantenere questo livello.

Come nella vita, e come gli autori hanno già avuto modo di dire in più occasioni, la fiducia richiede tempo per stabilirsi, ma può essere distrutta in pochi istanti, così la relazione transatlantica di collaborazione deve essere sostenuta da sforzi continui, e pure il voto di fiducia dell’OCSE può essere rimesso in discussione.

La Francia deve oggi consolidare e proteggere quanto creato attraverso:

  • l’elaborazione di raccomandazioni,
  • la realizzazioni di controlli,
  • lo sviluppo di una giurisprudenza chiara, solida e coerente per creare un quadro di certezza in cui i diversi attori, persone fisiche o giuridiche, sappiano a quali regole e a quali pratiche ispirare il loro comportamento. Dal punto di vista giudiziario, un migliore coordinamento dovrà essere studiato e messo in pratica in caso di CJIP e di parallela procedura per le persone fisiche.

Se, ad oggi, in diritto positivo, la Francia non deve dotarsi di un plus per rispondere alla Convenzione OCSE, è sul piano politico e delle risorse che deve provare la sua buona volontà. Le istituzioni che lottano contro la corruzione, come l’AFA o il Parquet National Financier, devono poter disporre delle risorse umane e finanziarie per poter svolgere adeguatamente la loro missione. Dal punto di vista politico, poi, la lotta contro la corruzione deve rimanere un tema caro ai governi e posto al centro del dibattito, non in modo ossessivo, ma in modo tattico, definendo una panoramica delle aree che la corruzione può destabilizzare e cercando soluzioni che abbiano impatti multipli e durevoli.

La Francia deve infine evitare due comportamenti opposti:

  1. da un lato, crogiolarsi sui risultati ottenuti, pensando che non resti altro da fare;
  2. dall’altro, cadere nella trappola dell’iperattività, andando a creare nuove norme che sconvolgerebbero l’ordine esistente, suscitando dubbi, incertezze ed interrogazioni, e quindi facendo crollare il livello di maturità raggiunto.

La Legge Sapin II è certamente perfettibile, prova ne è la revisione ed il completamento dello status giuridico di segnalatore, nel 2022, in virtù della trasposizione della direttiva europea. Nondimeno, migliorare vuol dire completare armoniosamente, in continuità, serenamente, scongiurando sconvolgimenti incoerenti, discontinui, impetuosi ed improvvisi: rimettere in discussione il quadro giuridico esistente equivarrebbe a segnalare un’insoddisfazione che altri non hanno manifestato (OCSE, imprese, partners internazionali) e ad imporre nuove regole per un gusto della novità e dell’attivismo legislativo più che per esigenze reali.

L’UE verso una Direttiva unitaria per rafforzare la Lotta alla Corruzione?

Al di là della volontà politica interna, a determinare la forma che la lotta contro la corruzione prenderà in Francia sarà l’iniziativa dell’UE in materia. Ad oggi, l’Unione, pur esprimendosi in termini chiari contro la corruzione per mezzo dei suoi organi, non ha adottato norme simile a quelle contenute nella Legge Sapin II. L’UE si configura oggi come una confederazione priva di uno strumento unitario e centrale in materia di lotta contro la corruzione, contrariamente agli Stati Uniti, che dispongono e fanno uso del Foreign Corrupt Practices Act, una legge federale. Nell’UE, a livello dei Paesi membri, esiste una varietà di situazioni, ma poca coerenza d’insieme, soprattutto per quanto riguarda l’obbligo di creare programmi di prevenzione della corruzione e l’adozione di meccanismi di natura simile a quella della CJIP(26). Nel 2020, un think tank francese, il Club des Juristes, ha emanato delle raccomandazioni(27) in favore dell’elaborazione di un diritto europeo della compliance, evidenziando la necessità di armonizzare il diritto europeo in materia di lotta contro la corruzione attraverso un pacchetto di direttive anticorruzione che prevedano, tra l’altro, obblighi di prevenzione della corruzione in capo alle imprese di grandi dimensioni.

In materia di anticorruzione, le istituzioni dell’UE hanno agito in modo piuttosto cauto e limitato rispetto a Paesi come la Francia o istituzioni come il Consiglio d’Europa, molto attivo sul tema. Nel novembre 2022, nel discorso sullo stato dell’Unione, la presidente della Commissione europea ha annunciato delle azioni per migliorare la lotta contro la corruzione nell’UE; l’annuncio è culminato in una proposta di direttiva del 5 maggio 2023(28) che andrebbe, se approvata, a rafforzare le misure di sensibilizzazione in materia di corruzione, l’omogeneità del quadro penale europeo ed i tempi e gli strumenti per le indagini.

Conclusione

La storia ci insegna come lo strumento legislativo possa precedere e favorire, o succedere e consolidare uno stadio del progresso socio-culturale. La Legge Sapin II ha saputo rispondere ad un’esigenza avvertita dal tessuto economico e segnalata dagli Stati Uniti, attraverso l’azione giudiziaria, e dall’OCSE nella sua attività di controllo dell’applicazione della Convenzione. La Francia si è dotata di strumenti efficaci di lotta contro la corruzione, rispondendo a istanze provenienti da fonti multiple, e venendo a creare una consapevolezza e delle pratiche alla base di una cultura dell’anticorruzione, della compliance e dell’etica degli affari.

Uno degli obiettivi del legislatore francese nel 2016 era la creazione di una cultura della lotta contro la corruzione; la notorietà nazionale ed internazionale della legge e l’applicazione che ne è stata fatta, sono chiari indicatori di successo: la legge ha accentuato una sensibilità, creato una cultura e si è fatta strumento diplomatico nella cooperazione giudiziaria con gli Stati Uniti, segnando il passaggio da una fase di antagonismo ad una fase di dialogo collaborativo(29).

La Legge Sapin II ha dato vita al sistema à la française, in cui la prevenzione non è un’opzione che accorda un vantaggio o una protezione, bensì un obbligo. Questo è forse l’elemento che più differenzia il sistema francese da quello di altri Paesi, tra cui l’Italia, nell’architettura disegnata dal decreto legislativo n. 231/2001, che prevede un’esenzione da responsabilità in caso di procedura penale se un modello organizzativo e di gestione (di prevenzione) è in essere, ma non un controllo ed una sanzione autonomi per inesistenza di quest’ultimo indipendentemente da una procedura penale.

Obbligo in Francia, onere in Italia, i programmi di compliance sono divenuti un tema che occupa e preoccupa le imprese, e che è destinato a richiedere sempre più tempo e risorse, con usi possibili di nuove tecnologie all’orizzonte, se non già in atto. L’obbligo si traduce in azioni inevitabili che, partendo dalla mappatura dei rischi e dalla formazione, contribuiscono alla creazione di una cultura della lotta contro la corruzione, della conformità e dell’etica.

Da un punto di vista politico, giuridico, culturale e di interesse generale, ad oggi, la volontà politica interna di mantenere, con misura ed intelligenza, la lotta contro la corruzione in posizione prioritaria nell’agenda politica, e le iniziative europee determineranno la possibilità, per la Francia, di continuare a far figurare di Paese, modello in materia di lotta contro la corruzione e, per il tessuto produttivo francese, di beneficiare di una migliorata reputazione dello Stato francese e della sua intransigenza verso le condotte contrarie alla probità.

Intervento di:

Valentina LANA, Senior Manager in Compliance, Docente a Sciences Po, Marshall Memorial Fellow, Avvocato

Michel SAPIN, Avvocato, Docente a Sciences Po, Ex Ministro francese dell’Economia e delle Finanze, Autore della Legge Anticorruzione “Sapin II”

LEGGI QUI l’articolo precedente  1/3,   La svolta nella Lotta alla Corruzione in Francia: dallo scenario pre-Sapin II alle nuove sfide

LEGGI QUI l’articolo precedente  2/3,   Legge Sapin II. Il contenuto della riforma francese del 2016: una rivoluzione?

Link all’Articolo completo in formato pdf, “Il salto in avanti della Francia nella lotta contro la corruzione e l’impulso della legge Sapin II: un cambio di paradigma


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(25) Agence Française Anticorruption, Diagnostic national sur les dispositifs anticorruption dans les entreprises – Résultats de l’enquête 2022 (2 marzo 2024).

(26) A prova dell’interesse che suscita la CJIP, nel novembre 2023 il think tank le club des juristes ha annunciato i lavori della commissione « Convention judiciaire d’intérêt public », con l’obiettivo di condurre una riflessione sul meccanismo introdotto nell’arsenale procedurale francese nel 2016.

(27) Club des Juristes, Rapport pour un droit européen de la compliance, novembre 2020, raccomandazione n° 362 (3 marzo 2024).
(28) Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro la corruzione, che sostituisce la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio e la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio (3 marzo 2024).
(29) Gli autori si sono interessati al ruolo della legge come strumento diplomatico, in particolare nella relazione transatlantica e nella cooperazione giudiziaria in materia di lotta contro la corruzione. V.:
V. Lana, M. Sapin, Les impacts de la « loi Sapin 2 » sur l’application extraterritoriale de la loi américaine et sur la coopération entre France et États-Unis en matière de lutte contre la corruption internationale, in Banque & Droit, No 208 marzo-aprile 2023, pp. 12-15.
V. Lana, M. Sapin, The Impact of the Sapin II Act on the Extraterritorial Application of American law and on cooperation between France and the United States in the fight against international corruption , in Revue trimestrielle de droit financier, N° 1-2023, pp 3-8.
V. Lana, M. Sapin, The Impact of the Sapin II Act on the Extraterritorial Application ofAmerican law and on cooperation between France and the United States in the fight against international corruption, in International Enforcement Law Reporter, issue 3 volume 39, 3 marzo 2023.



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