Svolte le considerazioni preliminari sullo SCI(4), qualche riflessione va fatta su chi i controlli effettivamente li mette in pratica e quindi sugli attori del sistema.
Anche su questo tema ci avvarremo di modelli di generale diffusione mirati ad individuare come gli attori si relazionano tra di loro ai diversi livelli.
Come ho avuto modo di illustrare nel mio recente testo in tema di Governo e Controllo dei Rischi(5), un possibile approccio organizzativo, coerente con i principali framework internazionalmente adottati per la strutturazione e valutazione dei sistemi di controllo interno, consiste nel distinguere tre livelli in cui è articolato il presidio del Sistema di Controllo Interno nel suo complesso, sia con riferimento al suo disegno che al relativo funzionamento:
- il primo livello, consistente nei c.d. controlli di linea, pertiene al management operativo e agli stessi lavoratori, e riguarda i controlli e le attività di supervisione insite nei processi operativi e produttivi che richiedono competenze specifiche del business, dei rischi e delle normative pertinenti;
- il secondo livello concerne le strutture aziendali che forniscono assurance su rischi specifici e presidia il processo di individuazione, valutazione, gestione e controllo dei rischi legati all’operatività, garantendone la coerenza rispetto agli obiettivi aziendali e rispondendo a criteri di segregazione che consentono un efficace monitoraggio;
- il terzo livello, infine, fornisce l’Assurance complessiva sul disegno e il funzionamento del Sistema di Controllo Interno attraverso valutazioni indipendenti. È insito nell’attività svolta dall’internal audit e dagli organi di controllo e di vigilanza, quali:
- i) il Comitato Rischi e Controlli, che supporta il CdA nella valutazione dell’adeguatezza dello SCI;
- ii) il Collegio Sindacale, che fornisce assurance sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società;
- iii) l’Organismo di Vigilanza, che, infine, valuta l’adeguatezza e la funzionalità del Modello 231.
Nel libro che ho citato ed in altri approfondimenti da me operati in tema di salute e sicurezza sul lavoro(6) ho dato evidenza di come gli attori dei processi relativi alla salute e sicurezza, così come individuati dalle normative(7) generali e di settore, possano essere declinati secondo questo schema.
Rimandando a queste letture chi voglia approfondire l’argomento, proverò invece a svolgere qualche riflessione sulla base degli spunti che il recente evento da cui prende spunto questo articolo ci offre.
Il primo attiene alla percezione dei rischi e qui richiamando un precedente contributo a questa piattaforma(8), rammento come diverse casistiche di incidenti derivano da comportamenti di scarsa sensibilità o attenzione ai rischi. Esempi semplici ci riportano a dotazioni antinfortunistiche non indossate (giubbotti) o indossate in modo inadeguato (caschi non allacciati) seppur rese disponibili ed anzi di utilizzo obbligatorio. Appunto perché questi comportamenti non sono basati su scelte razionali ma su scarsa percezione dei rischi, i sistemi sanzionatori di per sé possono non essere sufficienti a sostenere azioni correttive. Per questi motivi le organizzazioni possono decidere di intraprendere percorsi di carattere cognitivo comportamentale mirati a accrescere la cd “maturità cognitiva” dei lavoratori. Ambiti sui quali intervenire, giusto per farne cenno, riguardano:
- il cd “pregiudizio ottimistico“ (credenza secondo cui gli eventi abbiamo meno probabilità di accadere a sé rispetto che ad altri) e,
- la “distanza psicologica” (percezione che i rischi possano incidere con maggiore probabilità su luoghi distanti o in un futuro lontano).
Su questi temi e sull’importanza della formazione e comunicazione ritorneremo nel seguito.
Il secondo attiene al tema dei controlli ed alle modalità in cui essi vengono operati. Certamente ha ragione chi invoca la necessità di modernizzare il sistema dei controlli ricorrendo all’uso di tecnologie avanzate che nell’ambito, ad esempio, dei grandi progetti infrastrutturali iniziano ad avere larga diffusione. In generale il controllo da remoto attuato in modalità digitale può consentire di avere:
- un governo centralizzato nella gestione dei rischi mediante anche
- punti centrali di osservazione, analisi dei dati ed anche possibilità di intervento.
Analogamente le tecnologie emergenti consentono di effettuare controllo su vaste basi di dati che consentono attività di monitoraggio e controllo in via continuativa. Tuttavia, l‘uso spinto della leva digitale non ci deve portare a sottovalutare l’importanza dei controlli sul luogo di lavoro che nel caso specifico dei temi della sicurezza hanno a mia avviso grande importanza.
Personalmente ritengo che i sopralluoghi presso i cantieri e quindi l’osservazione diretta del modo in cui i processi sono gestiti ed il dialogo con gli attori coinvolti sono parte elementi essenziali e irrinunciabili del processo di verifica. Questo vale naturalmente per chi svolge controlli di secondo e terzo livello (Funzioni di Compliance ed Internal Audit) ma anche e principalmente il Management deputato a presidiare i controlli di primo livello.
SCI e dialogo tra stakeholder: attualità dell’approccio “Vision Zero” nella mitigazione dei rischi inerenti alla sicurezza
Il buon funzionamento del sistema dei controlli è un elemento essenziale per fronteggiare le sfide organizzative e conseguire obiettivi di sviluppo sostenibile e di resilienza. Sotto quest’ultimo aspetto, la salvaguardia e la protezione delle risorse umane è prioritario non solo per le sue valenze etiche ma anche dal punto di vista strategico ed economico in termini di valenza degli asset, in termini di risorse, di cui le organizzazioni si avvalgono.
In tale contesto, la consapevolezza da parte di ciascun attore di poter fornire il proprio contributo per il perseguimento del bene comune è di fondamentale importanza. Non mi riferisco solo a coloro che sono direttamente coinvolti con diversi ruoli e funzioni nei processi in oggetto ma mi riferisco a tutti gli stakeholder che in diversa misura possono contribuire all’obiettivo.
Per illustrare questo concetto ritengo sia utile un articolo che ho pubblicato nel 2006(9) nel quale illustravo un approccio innovativo che in alcuni paesi (nel 1997 in Svezia ed a seguire Germania, Svizzera, Norvegia) guida le politiche in tema di rischio, noto come “Vision Zero”.
Vision Zero propone una tesi radicale: “In futuro, non ci deve più essere nessuna vittima di incidenti stradali “. Esso quindi è mirato alla sicurezza stradale ma ritengo sia estendibile, in generale, anche alla sicurezza sui luoghi di lavoro in termini di visione e cultura del rischio. Si parte dall’assunto che nessuno dovrebbe più essere ucciso, gravemente ferito o menomato a causa di un incidente stradale e che i costi umani e sociali che ne derivano non possono più essere accettati come un inevitabile effetto collaterale della circolazione stradale. Il perseguimento di tali obiettivi di sicurezza comporta un approccio metodologico al tema rischio mirato non più al singolo elemento (guidatore) ma all’intero sistema, inteso come tutti gli attori che concorrono alla realizzazione ed alla gestione dell’intero sistema autostradale. In tal senso l’evento generatore di un sinistro non viene ricondotto esclusivamente alla responsabilità soggettiva del guidatore, ma a tutti coloro che possono avere ruoli diretti o indiretti nella regolazione del traffico stradale, in particolare:
- i politici, che prendono decisioni concernenti le problematiche stradali,
- i progettisti, che pianificano e delineano i nuovi piani di mobilita,
- i costruttori che realizzano l’infrastruttura,
- i gestori della rete stradale,
- le autorità che devono assicurare il rispetto delle norme,
- i produttori di automobili,
- le associazioni che lottano per migliorare la sicurezza nella società,
- le compagnie, le organizzazioni e i privati che usufruiscono di servizi di trasporto,
- le compagnie, le organizzazioni e i privati che trasportano merci o persone,
- tutti gli utilizzatori delle strade.
Questa ripartizione di responsabilità favorisce l’individuazione delle criticità del sistema ed orienta ad una risoluzione mirata dei problemi, anche con conseguente riduzione del costo sociale complessivo. Nel riesaminare la lista dei soggetti che al tempo avevo considerato nell’articolo mi sono reso conto, però, che andrebbe integrata per comprendere le scuole, le università , gli enti di formazione. Anche questi soggetti dovrebbero fare uno sforzo aggiuntivo, ciascuno per la sua parte, per rendere il tema della sicurezza non materia di insegnamento di natura specialistica ma ambito culturale esteso che abbia come utenti non solo gli addetti alla sicurezza ma tutti gli attori che abbiamo individuato.
Ritengo che questa diversa prospettiva sia quella giusta per perseguire gli obiettivi di riduzione di esposizione al rischio non più procastinabili nell’ambito della sicurezza in generale e sui luoghi di lavoro.
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LEGGI QUI l’articolo precedente 1/2, Sistemi di controllo interno e prevenzione infortuni sul lavoro
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(4) F. Accardi (2023) Sistemi di controllo interno e prevenzione infortuni sul lavoro – Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it
(5) F. Accardi (2021) “Governo e controllo dei rischi – Manuale per scelte consapevoli e sostenibili. Metodologia, casi ed esemplificazioni“; Franco Angeli Editore. Il capitolo 6 è relativo a “ Sostenibilità e Salute e Sicurezza sul lavoro”.
(6) F. Accardi (2021) “Gli audit sull’organizzazione prevenzionistica e l’attuazione dei protocolli in materia antinfortunistica” – contributo individuale nell’ambito delle risultanze del Progetto di Ricerca promosso da Università La Sapienza (raccolta di AAVV coordinata da Prof Stile – Prof Fiorella – Prof Mongillo). Jovene Editore.
(7) in tema di Dlgs 231 /01: Accardi F. e Mincato N. (2015). “Idoneità ed effettiva attuazione del Modello 231 ai fini sicuristici: la sentenza della Corte di Appello di Brescia del 23 giugno 2014”. Rivista 231 (Responsabilità Amministrativa degli Enti).
(8) F. Accardi (2023) Percezione Individuale, Consapevolezza e Governo e Controllo dei Rischi – Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it
(9) Accardi F. (2006). “Risk Management e Comunicazione. Riflessioni generali ed approfondimenti con riferimento alle operazioni realizzate con il ricorso al Project Finance” – “Diritto ed economia dei mezzi di comunicazione” – ed. Liguori