Cryptomoneta Rischio

I rischi per chi opera col mondo delle criptovalute

26 marzo 2019

di Andrea DANIELLI

Lo sviluppo dell’ecosistema delle criptovalute è un’opportunità anche per il tradizionale mondo bancario: in prospettiva, come servizio (pagamenti, gestione automatizzata degli asset), e in pratica, laddove sia richiesta una interazione tra il mondo delle valute fiat e quello delle criptovalute.

Per entrare nel mondo delle criptovalute sono infatti possibili due strade:

  • scaricare il software per fare mining oppure
  • acquistarle attraverso delle piattaforme di scambio, i c.d. exchange, dove la domanda e l’offerta di criptovalute si incontrano, mediate da valute fiat come dollaro, euro e yen.

Su un exchange si apre un proprio account da cui è possibile operare; a seconda delle normative di riferimento, è solitamente richiesto di compilare delle specie di moduli Know Your Costumer, e di versare i fondi da un conto corrente riconducibile al proprietario dell’account.

Gli exchange, per gestire i propri fondi in monete fiat, si appoggiano a banche, e questa relazione è al centro dell’articolo per i rischi che pone agli intermediari tradizionali.

Il primo è di natura reputazionale: come essere sicuri di collaborare con exchange che effettuano appropriate verifiche di AML

La recente storia è ricca di banche che rinunciano a lavorare con exchange che sono stati coinvolti in situazioni poco chiare e, al momento, mancano all’appello completamente le banche più rilevanti.

Famose le difficoltà di Tether, la criptovaluta stabile, basata su una parità con il dollaro, di trovare una banca dove depositare i dollari versati dai suoi acquirenti.

Per aumentare la sicurezza a livello di compliance alcune società, tra cui l’italiana Neutrino, offrono servizi di analisi di bitcoin forensic. Con questo termine si intende l’impiego di strumenti statistici per aggregare transazioni e identificare utenti. Un punto di partenza comune a tutte le indagini è l’uso di indirizzi noti, in alcuni casi rivelati dagli stessi siti che li pubblicano per ricevere i pagamenti, in altri svelati in seguito a inchieste di magistratura e organi investigativi. Le analisi della specie, svolte sulla blockchain (il registro distribuito alla base di Bitcoin), sono in grado di creare una stima del rischio che la transazione in criptovaluta provenga da attività criminose. Vi sono infatti pattern comportamentali comuni, come l’utilizzo di sistemi impiegati proprio per far perdere le tracce, come i c.d. mixer o i siti di scommesse.

Questi servizi di forensic sono oggi tanto più importanti quanto più cresce il cybercrime riguardante le criptovalute.

Secondo un report redatto da una società che si occupa di intelligence sulla blockchain, nel 2018 si è assistito a una crescita dei fenomeni di hacking a danno di exchange e al raddoppio dei volumi transati nel dark market, costituito da mercati on-line non raggiungibili dal web, ma solitamente nascosti in reti “parallele” e altamente anonime (per chi volesse approfondire, si tratta di Tor(1)).

Per quanto concerne gli attacchi agli exchange, e i furti di valute digitali, si stima che due gruppi di hacker siano responsabili del 60% di tutti gli attacchi, per un controvalore di circa un miliardo di dollari. L’organizzazione di questi gruppi, estremamente complessa e raffinata, simile a delle multinazionali del cybercrime, pone non pochi interrogativi sulla crescita del rischio informatico a danno di tutti gli intermediari bancari e finanziari.

Crescono i volumi di criptovalute spesi per acquistare merci illegali sul dark market, soprattutto droghe, farmaci con obbligo di ricetta, armi. Sebbene il primo e più famoso dark market, Silk Road, sia stato chiuso, sono nati molti cloni e il giro d’affari complessivo è raddoppiato per volumi, mentre il valore del totale delle transazioni ha risentito del calo della quotazione delle criptovalute (ma parliamo comunque di 600 milioni di dollari nel 2018).

Il fenomeno è tanto più interessante se si considera che, attualmente, l’impiego delle criptovalute come effettivo sistema di pagamento non è cresciuto nei mercati legali, a causa dell’eccessiva volatilità delle stesse. Di certo la crescita a cui si assiste pone interrogativi legittimi sul futuro delle criptovalute e della loro regolamentazione: è probabile che una nicchia di utenti rimanga, indipendentemente dalla loro adozione ufficiale. Di certo gli utenti di criptovalute non adottate ufficialmente difficilmente potranno considerarle dei buoni investimenti: i volumi mossi sul darknet non saranno in grado di sostenere l’attuale prezzo delle principali criptovalute (le transazioni illegali coprono meno dell’1% del totale).

Una considerazione finale sugli effetti della regolamentazione: secondo lo studio di un’altra società di bitcoin forensic, per il terzo trimestre 2018, il 97% delle transazioni illegali riguardanti exchange si è svolto in giurisdizioni con leggi anti-riciclaggio molto permissive, o quasi assenti.

Questo vuol dire che le iniziative regolamentari intraprese dai paesi cooperativi stanno funzionando e che i rischi per una banca che volesse collaborare con exchange di paesi OCSE sono decisamente limitati.

 

Intervento del Dr. Andrea DANIELLI, Foreign Banks Supervision c/o Banca d’Italia, Sede di Milano.

 

Le opinioni espresse e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente all’Autore e non impegnano in alcun modo la responsabilità della Banca d’Italia.


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)  Tor



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