Negli ultimi anni le tematiche ESG (Environment, Social and Governance) e sostenibilità sono entrate sempre più prepotentemente all’interno del dibattito pubblico in ambito economico.
Nel mese di novembre del 2022, la Commissione Europea ha finalmente approvato la nuova direttiva, la “Corporate Sustainability Reporting Directive” (in breve, CSRD) e, quasi contemporaneamente, lo European Financial Reporting Advisory Group (in breve, EFRAG) ha reso, a sua volta, disponibile il primo set degli European Sustainability Reporting Standard (ESRS), i nuovi standard ESG dei report di sostenibilità che la Commissione Europea dovrà approvare entro il 2023 e che costituiranno gli standard per la realizzazione dei bilanci di sostenibilità a partire dal 2024.
I nuovi principi che, salvo novità, verranno approvati entro il mese di giugno 2023 sono due cross cutting standard (“generali e applicabili trasversalmente”) e 10 sector – agnostic standard (specifici per le tre macro aree ESG e applicabili in base al settore di riferimento dell’impresa). Nel dettaglio, i primi ESRS emessi risultano essere:
- Standard trasversali
1.1. Draft Esrs 1: Principi generali
1.2. Draft Esrs 2: Obblighi generali - Standard settoriali
2.1. Ambiente
2.1.1. Cambiamenti climatici
2.1.2. Inquinamento
2.1.3. Risorse marine e idriche
2.1.4. Biodiversità ed ecosistemi
2.1.5. Uso di risorse ed economia circolare
2.2. Sociale
2.2.1. Forza lavoro propria
2.2.2. Lavoratori nella catena del valore
2.2.3. Comunità impattate
2.2.4. Consumatori e utilizzatori finali
2.3. Governance
2.3.1. Condotta di business
Le novità apportate sono alquanto rilevanti, considerando che la nuova direttiva e i principi di prossima emanazione rappresentano un cambiamento netto rispetto al passato nel modo di rendicontare i risultati aziendali sulla sostenibilità. Infatti, le imprese avranno due anni per allinearsi al nuovo concetto di bilancio di sostenibilità e ai nuovi principi che esso prevede, in primis, la “doppia materialità”.
Sfide certamente non facili, che coinvolgeranno fortemente gli Internal Auditors. Questi ultimi, chiamati da sempre a presiedere il sistema di controllo interno, saranno i primi a dover compiere un lavoro gravoso:
- da un lato, nei processi di verifica di un sistema la cui tassonomia e le metriche operative non sono ancora condivise (almeno fino all’approvazione degli ESRS da parte delle Commissione Europea) e,
- dall’altro nel dover rassicurare gli stakeholder sulla capacità che ha l’impresa di essere sostenibile.
Rassicurazioni che assumono un valore ancora più rilevante nel caso in cui l’impresa decidesse di dotarsi di un rating ESG, passaggio reputazionale molto consigliato perché le permetterà di rendersi maggiormente interessante agli occhi di investitori, sempre più orientati verso prodotti più sostenibili. Per avere un rating ESG quindi, sicuramente dovranno essere valutate le performance aziendali rispetto ai principi ESG, ma non solo. Infatti, il sistema necessiterà di continua manutenzione e miglioramenti.
Pertanto, il processo di analisi attinente l’integrazione dei principi ESG all’interno del sistema di controllo interno aziendale, diventerà sempre più importante. Ciò significa delineare un modello di business sostenibile che meglio si adatta alla realtà aziendale e che in esso si integrino le varie unità/funzioni aziendali. Per arrivare a ciò, la scelta di risk framework e KPI adeguati di riferimento sarà parimenti cruciale. In ultimo, andranno assicurati elevati standard di controllo e monitoraggio. Un processo non banale, considerando che se già dal 2010 con il conceptual framework revised dello IASB si poneva l’accento su una platea di lettori del bilancio più ampia di stakeholders, con la nuova normativa CSRD si tenta di spingere le imprese verso un’ancora maggiore trasparenza nella comunicazione dei dati relativi alla sostenibilità, al fine di comprendere meglio i rischi e le opportunità derivanti dalla sostenibilità.
Agli Internal Auditors serviranno molte informazioni e che esse siano soprattutto affidabili. Tuttavia, questo può essere garantito dal requisito della misurabilità. Pertanto, occorrerà investire nello studio di nuovi e più evoluti meccanismi di misurazione. Questi nuovi meccanismi nascono, appunto, dalla nuova direttiva che, come anticipato, si distanzia fortemente rispetto al passato. Basta citare tre aspetti chiave a riguardo:
- Doppia materialità: la nuova direttiva prevede che le imprese dovranno individuare la materialità del loro impatto sul mercato di riferimento, ma anche quella di come il mercato impatta su di esse. I soggetti interessati aumenteranno considerevolmente e non sarà facile trovare un metodo univoco per valutare la materialità nella doppia prospettiva. Questo potrebbe comportare l’inserimento di fattori non rilevanti e che potrebbero, in linea teorica, incidere sui livelli finali di materialità da scegliersi.
- Value chain: la nuova direttiva, pur applicandosi solamente alle aziende che superano determinati requisiti quantitativi, cerca di ampliare gli impatti delle nuove norme anche alle aziende che compongono la value chain dell’azienda principale. Ciò significa che il sistema di controllo interno e gli Internal Auditors dovranno tener conto anche delle performance di sostenibilità dei fornitori e clienti e questo varrà anche nel caso in cui una parte del processo produttivo venga affidato in outsourcing.
- Time horizon: la nuova direttiva richiede non solo di rendicontare i risultati di sostenibilità coerentemente sulla base delle tempistiche previste per i risultati finanziari, ma di confrontarli anche con i dati storici e prospettici. In particolare, il confronto dovrà avvenire con i dati prospettici ad un anno (breve periodo), da due a cinque (medio periodo) e oltre cinque (lungo periodo).
Se la funzione di internal audit sarà, quindi, chiamata a svolgere un ruolo di primo piano, non certo minore sarà l’impatto sulla funzione di compliance. La collaborazione tra le due unità sarà fondamentale per mitigare i rischi operativi, finanziari, legali, di conformità e reputazionali.
In modo sempre più crescente il rischio reputazionale sta assumendo un peso specifico nei modelli di risk management. Questo perché, in un contesto di consumatori sempre più interessati alle tematiche green, una comunicazione errata potrebbe comportare la perdita della fiducia dei consumatori e, nel lungo periodo, mettere in dubbio la capacità stessa dell’impresa di rimanere sul mercato. Ecco perché molto forte è l’attenzione verso le cc.dd. pratiche di “greenwashing” e “greenlabelling”. Se con il con primo termine si fa riferimento ad una sostenibilità dell’impresa solo esterna, dove il prodotto viene “colorato” di verde mantenendo inalterate le sue caratteristiche non green o ne vengono esaltate caratteristiche spesso inesistenti, con il secondo si fa riferimento ad una pratica di marketing molto più penetrante.
All’interno del quadro delineato interessante sarà vedere e vagliare l’apporto delle nuove tecnologie ed in particolare la capacità dell’intelligenza artificiale di recuperare, velocemente, dati già disponibili in azienda ma frammentati in diversi database o sistemi, al fine di ottenere in tempo reale o quasi, report facilmente leggibili, favorendo così lo scambio di informazioni sia verso l’interno che verso l’esterno dell’organizzazione. Se da un lato la tecnologia aiuterà il lavoro delle funzioni aziendali, dall’altro richiederà anche uno sforzo per cambiare mentalità nel lavoro, approcciando nuovi metodi di lavoro. Investimenti, pertanto, non solo economici, ma anche e soprattutto professionali. La tecnologia diventerà parte stessa dell’azienda, qualunque siano le sue connotazioni, il settore di appartenenza, il suo business model e i suoi processi.
In conclusione, le sfide delle imprese e degli Internal Auditors saranno particolarmente impegnative. Tutte le funzioni aziendali saranno investite dall’evoluzione della reportistica che, gradualmente, diventerà a 360 gradi, richiedendo investimenti organizzativi, tecnologici e lo sviluppo di capacità manageriali che coniugano competenze tecniche, funzionali e trasversali.
Intervento di Alessandro MICOCCI, Dottore Commercialista e Revisore Contabile \ Senior Accountant c/o Fintecna S.p.A.-Gruppo CDP
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