di Letizia MACRÌ
A seguito dell’adozione dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile nel 2015, i Governi stanno compiendo passi avanti nella transizione verso economie più circolari e a basse emissioni di carbonio su scala globale.
Si è da poco conclusa la conferenza mondiale sul clima di Glasgow in cui si è raggiunto un accordo politico, anche se non sono mancate le polemiche: quello approvato a Glasgow è il primo accordo sul clima in assoluto con l’obiettivo di pianificare esplicitamente la riduzione del carbone.
Il cambiamento climatico è stato definito uno dei rischi più significativi per la nostra economica globale ed è per questo motivo che l’azione di Governi ed Istituzioni non può sicuramente bastare, il settore privato può e deve svolgere un ruolo prioritario nella lotta al cambiamento climatico.
È necessario, di conseguenza, adattare i propri modelli di business affinché le politiche governative e i meccanismi di mercato vengano anticipati dalle aziende nella formazione della strategia, nella pianificazione aziendale e nella gestione del rischio, in linea con gli obiettivi e la mission sostenibile aziendale.
Gli investitori stanno, inoltre, valutando sempre di più la natura dei rischi e delle opportunità legati al clima nelle società e come posizionare i propri portafogli in relazione ai cambiamenti climatici sia nel breve che nel lungo termine. In tal modo, gli investitori sono sempre più attenti ad analizzare come le aziende hanno valutato la loro esposizione ai rischi del cambiamento climatico e qualsiasi potenziale adattamento ai loro modelli di business.
In un tale contesto di governance, ciò richiede una supervisione diligente da parte dei Consigli di Amministrazione delle società e la consapevolezza degli investitori di ciò che le aziende devono fare per posizionarsi in modo sostenibile in un ambiente dinamico di politica climatica.
Sebbene i rischi legati al clima possano avere un impatto maggiore su alcuni settori rispetto ad altri, le aziende di tutti i settori devono sviluppare una maggiore sensibilità agli impatti del rischio climatico e della politica climatica globale, sia in un contesto aziendale sistemico che individuale.
A tal proposito molte aziende stanno integrando l’analisi dei rischi connessi al climate change nell’ambito delle attività di risk management, al fine di allineare il sistema aziendale alle principali evoluzioni normative in essere in materia. Tali analisi dovrebbero prendere in considerazione:
- sia i rischi di ripercussioni negative sul clima (es. produzione emissioni),
- sia i rischi di ripercussioni negative sull’impresa (es. effetti di eventi meteorologici estremi, rischi di danno reputazionale in caso di reputazione negativa sotto il profilo ambientale).
Nell’ambito dei rischi climatici e ambientali rientrano comunemente come fattori di rischio principali sia il rischio fisico (ossia l’impatto finanziario dei cambiamenti climatici, compresi eventi meteorologici estremi più frequenti e mutamenti graduali del clima che possono determinare direttamente e indirettamente dei danni alla produttività) sia il rischio di transizione (che tiene conto delle eventuali perdite finanziare in cui si può incorrere per adeguare il business ad una gestione più sostenibile possibile).
Le aziende si stanno muovendo anche in linea con i requisiti e gli obiettivi ambientali della Tassonomia EU: una lista di attività economiche definite eco-sostenibili che contribuiscono in modo sostanziale al raggiungimento dei diversi obiettivi ambientali.
La Tassonomia, in questo senso, è un utile strumento di lavoro per perseguire gli obiettivi di sostenibilità dell’UE: sviluppare le analisi preliminari e predisporre i processi e le informazioni funzionali a rispondere alle richieste di disclosure richiamate dalla Tassonomia EU in relazione ai prodotti o servizi associati ad attività economiche considerate ecosostenibili a livello di Fatturato, Capex (Capital Expenditure) e Opex (Operating Expense).
Con la sua importanza e grandezza costruttiva come fattore di rischio e come questione strategica, la rendicontazione sulle questioni climatiche materiali diventa un’importante area di governance e divulgazione per le aziende.
I rapporti sulla corporate governance possono offrire alle aziende e ai loro Consigli di Amministrazione l’opportunità di fornire informazioni per dare valore a questo processo, compresa la misura in cui il cambiamento climatico appare come un punto dell’agenda del Consiglio, se le aziende hanno integrato diversi scenari energetici e climatici nella pianificazione aziendale, se hanno sviluppato un proprio modello di carbon pricing o valutano formalmente l’impatto dei rischi climatici sull’azienda.
Ecco, la sostenibilità significa anche questo: saper analizzare il contesto aziendale in cui si opera, non solo dal punto di vista della produttività e della redditività, ma anche nel comprendere come i rischi climatici e ambientali possano incidere sul contesto in cui la società opera nel breve, medio e lungo periodo, per assumere decisioni informate nella definizione della strategia aziendale.
La gestione del rischio climatico sta diventando sempre di più un tassello “must” richiesto alle diverse realtà aziendali. Per dare maggior rilievo a questo fenomeno anche le più grandi società di revisione dei conti sono state richiamate per non aver tenuto in debito conto i rischi climatici nei bilanci di molte grandi imprese. La transizione energetica è diventata una sfida anche per le Big Four dell’accounting mondiale: Deloitte, EY, KPMG e PwC. Mentre si apriva la conferenza sul clima a Glasgow, alcuni grandi investitori hanno inviato ad ognuna delle quattro società che si dividono la fetta più consistente del business globale della revisione dei conti, una lettera in cui sono state richiamate sulla valutazione quasi assente del rischio del cambiamento climatico nei conti dei bilanci delle imprese esortandole ad una più scrupolosa analisi pena la loro conferma del loro incarico come auditor.
La risposta strategica delle imprese al mutare del contesto aziendale in seguito ai rischi climatici e ambientali avrà un impatto sulla resilienza del loro modello imprenditoriale nel corso del tempo: i vantaggi per le imprese vanno ben oltre la riduzione delle emissioni, le aziende che riescono a valutare e comprendere i rischi e le opportunità legati al clima, saranno in grado di prendere decisioni migliori sul lungo periodo, divenendo una vera e propria opportunità di business proponendo così un nuovo modello di Corporate Governance.
Intervento di Letizia MACRÌ, Deputy Legal Affairs AVIO S.p.A. e Membro Comitato Probiviri AITRA – Associazione Italiana Trasparenza e Anticorruzione