Il contratto bancario è ancora titolo esecutivo?

Il contratto bancario è ancora titolo esecutivo?

12 marzo 2025

di Gianluca BOZZELLI

SOMMARIO: 1. La prassi bancaria del consolidamento e l’effettiva erogazione del denaro mutuato – 2. I dubbi sulla validità del mutuo solutorio – 3. Le decisioni della Cassazione – 4. Questioni irrisolte e rischi per il sistema creditizio

1. La prassi bancaria del consolidamento e l’effettiva erogazione del denaro mutuato

Da oltre vent’anni, il contratto di mutuo bancario non si perfeziona più con la consegna materiale di denaro, bensì si realizza attraverso operazioni di natura contabile, che si svolgono sul conto corrente bancario, mediante accredito o addebito meramente virtuale e la modifica dei valori  numerici indicati nell’estratto conto. In epoca di moneta elettronica — è stato affermato — qualsiasi solutio si riduce ad una “partita contabile“, come ad es., il pagamento eseguito con carta di credito, carta di debito, carta revolving o PayPal (Cass. civ., ord. 23149/2022).

Tanto non può e non deve voler dire che la consegna del denaro sia passata in secondo piano (il contratto di mutuo è e rimane un contratto reale, affinché sia lecito, ai sensi dell’art. 1813 c.c.), ma che le forme della consegna — in un mondo che cambia e si tecnologicizza a ritmo impressionante –  mutano repentinamente e vanno comprese. 

Il mutuo solutorio o di consolidamento consente di estinguere una o più posizioni debitorie pregresse, per rapporti intrattenuti con il medesimo istituto di credito con altre banche o finanziarie. L’estinzione di precedenti rapporti non trasforma il rapporto in un mutuo di scopo, a meno che non si rinvenga, nel contratto, una clausola del tipo «la somma viene erogata per necessità finanziarie inerenti a precedenti finanziamenti» o «per estinguere precedenti finanziamenti» o altre simili e sempre che tali impegni siano stati assunti da parte mututataria: questa non dovrà pertanto solo restituire l’importo ricevuto ma dovrà anche svolgere le attività necessarie per il raggiungimento dello scopo. 

In tal modo, l’impegno assunto dal mutuatario si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale. Nel maggior parte dei mutui solutori, invece, l’utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma si esterna come elemento logicamente successivo e si colloca interamente su di un piano ulteriore e distinto: ciò non sempre né necessariamente in senso cronologico, ma certamente in senso logico e giuridico, dal momento che proprio la disponibilità giuridica delle poste attive sul conto corrente consente l’imputazione giuridica ed economica dei movimenti contabili successivi(1). Tanto ha anche di recente affermato la Suprema Corte, a condizione che un’effettivo accredito di somme sul conto corrente vi sia stato.

Nel caso in cui invece, oltre ad estinguere il precedente o i precedenti finanziamenti, residui in favore del cliente bancario una somma differenziale, che rappresenta credito puro, il mutuo avrà natura mista e la finalità potrà essere determinata — si ritiene — in base al principio della prevalenza. Si dovrà in ogni caso vagliare l’esistenza e la liceità della causa del contratto, come reinterpretata dalla Cassazione, ovvero in chiave economico-individuale (c.d. causa concreta); è principalmente nella causa, infatti, che si connatura la meritevolezza di tutela, con una preminenza della sostanza sulla forma.

In tali casi di negozio misto, viene erogata al cliente solo una quota dell’importo oggetto di mutuo e destinata una parte in favore di altro istituto finanziario (o lo stesso), da utilizzare per l’estinzione di un finanziamento precedente; le operazioni — in epoca di dematerializzazione — avvengono mediante bonifico bancario, come poi viene indicato nel contratto di mutuo o nell’atto di accettazione della proposta.

2. I dubbi sulla validità del mutuo solutorio 

La liceità del consolidamento viene messa in discussione innanzitutto in quei casi in cui emerge un motivo illecito, unico e determinante il consensoche si rinviene nella costituzione da parte della banca di un privilegio illegittimo sul patrimonio dell’imprenditore, in violazione della par condicio creditorum. Non di rado, infatti, si assiste nella prassi all’erogazione di finanziamenti alle imprese in cui:

  1. il debito bancario pregresso che viene estinto non è garantito mentre,
  2. lo è il debito nuovo (stipulato secondo lo schema del mutuo fondiario, garantito da ipoteca di primo grado su immobili, come prescrive l’art. 38 del T.u.b.),
  3. in tali casi si attua la trasformazione da credito chirografario ad ipotecario in favore dello stesso istituto di credito. 

La causa illecita emerge soprattutto in argomento di revocatoria fallimentare dei pagamenti e determina la conversione del mutuo in un negozio indiretto e la revoca dell’ipoteca: è  «individuabile il motivo illecito perseguito, rappresentato dalla costituzione di un’ipoteca per debiti chirografari preesistenti; tale garanzia è, pertanto, revocabile, in quanto concessa per nuovo credito, la cui erogazione è finalizzata all’estinzione di credito precedente chirografario»(2). In tali ipotesi, non consegue la revoca del mutuo, in quanto «la stessa revoca dell’intera operazione — e, quindi, anche del mutuo — comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtù del mutuo revocato, e ciò in quanto all’inefficacia del contratto conseguirebbe pur sempre la necessità di restituzione, sia pur in moneta fallimentare»(3)

Altri dubbi emergono dalla considerazione che con il mutuo solutorio il meccanismo viene ulteriormente condizionato, non solo ad attività da parte del mutuatario (rilascio di certificazioni, dichiarazioni, iscrizioni ipotecarie o relazioni notarili, ecc.), e allo sblocco del deposito cauzionale o del pegno irregolare da parte della banca(4), ma anche da ulteriori attività da parte del mutuante. La regolarità del finanziamento viene assicurata dal pagamento per estinzione delle precedenti esposizioni debitorie del cliente nei confronti di altri banchieri. Anche nel caso di estinzione di esposizione precedente nei confronti del medesimo istituto di credito, semmai superate le barriere di liceità, il mutuante dovrà dare prova dell’estinzione del finanziamento precedente e — a sua volta — rilasciare dichiarazione di quietanza, venendo a creare una fattispecie a formazione progressiva, eccessivamente complessa nel suo insieme, che richiede necessariamente la verifica giudiziale dell’adempimento e dell’utilità. Il titolo esecutivo è tale — vale la pena ricordare  — se non richiede complessa eterointegrazione.

In effetti, perché possa dirsi sussistente la disponibilità giuridica delle somme mutuate, occorre che il mutuante crei un titolo autonomo di disponibilità a favore del mutuatario, perché solo in tal modo la somma esce dal patrimonio del mutuante ed entra in quello del mutuatario, il quale ne può disporre non solo senza l’intermediazione del mutuante, ma anche invito mutuante. È stato anche ritenuto che — lungi dal realizzare spostamenti di danaro, trasferimenti patrimoniali e consegne — il «ripianamento» di un debito a mezzo di nuovo credito che la banca già creditrice realizzi mediante accredito della somma su un conto corrente gravato di debito a carico del cliente, viene propriamente a sostanziare un’operazione di natura contabile (salvo il caso in cui la posta a credito sia di montante superiore al debito del cliente in essere sul conto, per la parte dell’esubero dell’operazione ben potendo allora iscriversi nel contesto tipologico del contratto di mutuo).

Secondo un’impostazione interpretativa, pertanto, il mutuo meramente solutorio di pregresse esposizioni con il medesimo banchiere determina i soli effetti del pactum de non petendo ad tempus, restando modificato soltanto il termine per l’adempimento, senza alcuna novazione dell’originaria obbligazione del correntista; ciò in quanto manca l’animus novandi, posto che nei contratti di mutuo solutorio non si rintraccia in genere alcuna espressa e inequivoca volontà di estinguere l’obbligazione precedente.

Si dubita pertanto che il titolo esecutivo, azionabile dall’istituto di credito a fronte di un inadempimento del mutuatario, possa ritenersi costituito dalla successiva modificazione di quel rapporto originario. In caso di mutuo parzialmente solutorio, alcuni sostengono che la disponibilità giuridica viene limitata alla quota di liquidità, in quanto effettivamente destinata ai mutuatari ed acquisire valenza di titolo esecutivo per la sola parte delle somme destinate ai richiedenti, senza necessità di eterointegrazione del contratto con dichiarazioni di quietanza, copia degli ordini di bonifico e verifiche contabili su conti correnti di istituti di credito diversi da quello erogante

3. Le decisioni della Cassazione 

            L’ interpretazione che può ritenersi prevalente — confermata anche dalla recente decisione delle Sezioni unite — sostiene che il mutuo solutorio non sia nullo, non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico. L’accredito contabile in conto corrente delle somme erogate sarebbe sufficiente a integrare la datio rei giuridica propria del mutuo; il perfezionamento del contratto di mutuo, con la consequenziale nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo, non rilevando, a detto fine, che sia previsto l’obbligo di utilizzare quella somma a estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante(5).

            Viene così oggi superato l’altro orientamento che sosteneva che il solutorio configurasse un’operazione meramente contabile sul conto corrente, non inquadrabile nel mutuo ipotecario, il quale presuppone sempre l’avvenuta consegna del denaro; che l’espediente provocherebbe solo l’effetto sostanziale di dilatare le scadenze dei debiti pregressi, determinando i soli effetti del pactum de non petendo. È stata pertanto affermata la valenza del mutuo solutorio come titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 comma 2 nn. 2 ) e 3) c.p.c., azionabile dall’istituto di credito a fronte di un inadempimento del mutuatario, rappresentando titolo autonomo.

            La decisione delle Sezioni unite invero pone solo apparentemente fine al contrasto giurisprudenziale – seguendo l’orientamento di legittimità prevalente – affermando che «Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo». 

Tal è la decisione della Suprema Corte, in ipotesi di estinzione di precedenti esposizioni con il medesimo istituto di credito, dopo l’effettivo accredito contabile delle somme (successiva compensazione mediante operazioni contabili), a condizione che un’effettivo accredito di somme sul conto corrente vi sia stato e con esclusione di ogni ipotesi di compensazione preventiva rispetto all’erogazione del saldo, autonomamente determinato.

4. Questioni irrisolte e rischi per il sistema creditizio

            In definitiva, si può sostenere che la montagna ha partorito un topolino

            A fronte di numerose ipotesi in prassi, che non pochi dubbi sollevano in concreto nei rapporti bancari e nel recupero delle esposizioni creditizie, le SS.UU. hanno dato un’indicazione valevole soltanto per il caso più elementare. Allorquando la banca versi l’importo del mutuo solutorio sul conto corrente del mutuatario, realizzando un accredito contabile effettivo che concretizza l’ipotesi – non contraddetta – della effettiva consegna reale del denaro, così come interpretato come disponibilità giuridica delle somme, è irrilevante la destinazione che successivamente (o contestualmente) il mutuatario fornisca a tale denaro ricevuto.

            Restano ad oggi pertanto irrisolti tutti i casi, diversi da quello elementare (e forse anche meno diffuso), sottoposto alla decisione della Corte, in cui:

  • non vi sia accredito contabile della somma sul conto corrente,
  • non vi sia pertanto prova dell’acquisizione delle somme nel patrimonio del mutuatario,
  • la compensazione con le pregresse esposizioni sia stata fatta a monte non a valle dell’operazione contabile, ovvero che sia stata contabilizzato l’accredito del solo valore netto, risultante dall’aritmetica sottrazione delle debitorie dall’importo accreditato,
  • la compensazione rispetto ad altri debiti del cliente non sia successiva all’operazione contabile, ma antecedente,
  • la banca erogante si sia assunta l’obbligo di estinguere finanziamenti in corso o esposizioni debitorie con altri istituti di credito o finanziari,
  • la banca, con il nuovo mutuo ex art 38 T.u.b., estingua precedenti finanziamenti chirografari ed acquisisca in tal modo la garanzia ipotecaria a un finanziamento chirografario che aveva avuto origine in precedenza, peggio ancora se il credito era in fase di deterioramento.

            In ottica di prevenzione dei rischi per il sistema creditizio, ma anche per il bene di tutto il sistema produttivo del Paese — imprese e consumatori —  e per la tutela del risparmio, rimangono quindi da risolvere le questioni circa la valenza come titolo esecutivo del contratto di mutuo che non dia atto del versamento (anche solo contabile) e rimandi a un momento o atto successivo l’estinzione degli altri finanziamenti. 

            Sotto questa prospettiva infatti l’istituto di credito mutuante, in esecuzione degli obblighi di mandato di cui agli articoli 1703 e ss. c.c., dovrà rendere conto di avere bene effettivamente svolto il proprio compito di gestione dell’altrui denaro, mantenendo gli impegni assunti nel contratto di finanziamento. Dovrà, pertanto, dare prova di avere bonificato le somme necessarie all’estinzione (risoluzioni) o consolidamento delle esposizioni in corso con altri istituti di credito, previa acquisizione da parte di questi del conteggio di estinzione, ovvero dell’estratto conto alla data specifica del totale dell’esposizione ai debitori. La banca erogante dovrà anche dare prova che l’istituto di credito beneficiario del pagamento abbia ricevuto tali somme e poi successivamente dovrà acquisire, conservare e trasmettere al cliente e mandante la copia della quietanza liberatoria da parte dell’istituto di credito che viene soddisfatto con la provvista derivata dal “nuovo” mutuo.  Si tratta di attività, adempimenti e documenti esterni al contratto di finanziamento e pertanto questo non costituisce titolo esecutivo a sé bastante in queste circostanze, se non provati tutti i fatti ed allegati tutti i documenti e data la dimostrazione di aver assolto a tutti gli obblighi sopra indicati. 

            L’eccesso di finzioni giuridiche rischia di condurre a evidenti distorsioni del sistema delle tutele dei consumatori e della clientela bancaria in generale ed allo sbilanciamento dell’equilibrio degli interessi in favore del sistema bancario: non appare peregrino sostenere che, in tali casi, la banca debba fare ricorso al procedimento monitorio e sia tenuta ad espletare un procedimento giudiziario — tutto sommato sostenibile in misura di tempi e costi — per costituirsi un titolo esecutivo nei confronti del debitore, e che, in caso di richiesta o di contestazione, la banca sia tenuta ad allegare, come sempre tutte le parti processuali, la prova dei pagamenti.

            Il contenzioso bancario in tali casi si accresce, per colpa della scarsa chiarezza e dell’eccessiva propensione al risparmio dei costi di creazione del titolo giudiziale e il sistema perde di credibilità ogni volta che un giudice valuta il contratto posto a fondamento dell’esecuzione forzata sul patrimonio del debitore, non valido come titolo esecutivo.

            In un’ottica pertanto di prevenzione dei rischi, converrà che gli istituti di credito e i loro difensori acquisiscano tale documentazione e rendano nota la parte mutuata delle azioni di recupero dei crediti; risulterà ulteriormente utile, anzi necessario, che tale documentazione rappresenti il corredo documentale consegnato ai sensi dell’ art. 1262 c.c. al cessionario del credito, azionando con maggiore serenità nei confronti dei debitori il credito ceduto, ed essendo in grado di dare prova di tutti gli obblighi ai quali era tenuta la banca originator


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Cass. civ. Sez. un. sent. n. 5841/2025 del 5  marzo 2025.

(2) Cass. n.  17650/2012, ma già Cass. n. 12342/1992.

(3) Cass. n.  1807/2013. In giurisprudenza di merito, ad es. Trib. Firenze 20/1/2016 per la nullità del mutuo ipotecario solutorio di leasing, in  ilcaso.it.

(4) Anche sulla validità del mutuo condizionato, in cui l’erogazione non avviene e le somme vengono sottoposte a deposito cauzionale infruttifero o pegno irregolare, si attende la decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione.

(5) Cass. ord. n. 37654 del 2021; n. 724 del 2021; n. 16377 del 2023.



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