di Daniele CORSINI e Gerardo COPPOLA
Nelle ultime settimane l’impegno richiesto dal disinnesco delle crisi di Mps, delle due Venete e di Carige ha deviato l’attenzione dagli sviluppi della riforma del sistema del credito cooperativo che, per dimensione, occupa la terza posizione nella graduatoria delle banche italiane.
Nel 2016 è stata avviata infatti la riforma delle BCC, funzionale a rafforzare l’intero movimento per non mancare l’appuntamento della Unione Bancaria. L’appartenenza a un gruppo bancario cooperativo sarà condizione per ottenere l’autorizzazione a esercitare l’attività bancaria in forma di BCC.
Le domande di costituzione dei gruppi bancari cooperativi dovranno essere presentate entro il 3 maggio 2018. Per le BCC con un patrimonio netto superiore ai 200 milioni vi è la facoltà di non aderire al gruppo cooperativo e trasformarsi in società per azioni, previo il versamento al bilancio dello Stato di una somma pari al 20 per cento del patrimonio netto della banca. Il termine ultimo per l’esercizio di tale facoltà era il 14 giugno scorso; la sola BCC di Cambiano (Fi) ha conferito la propria azienda bancaria a una società per azioni.
La condizione del credito cooperativo ha quindi rilevanza sistemica, maggiore di ognuna delle singole entità soccorse dallo stato, affidate al sacrificio di azionisti e obbligazionisti subordinati ovvero alla richiesta di nuovi mezzi patrimoniali.
Composto di oltre trecento banche, tre organismi di vertice (Iccrea Banca, Cassa Centrale Trentina e Cassa Centrale Alto Adige) e una pletora di società collaterali il nuovo sistema avrà il fulcro nei tre gruppi prima indicati e in una complessa serie di atti per assicurare unità di direzione (contratti di coesione) e garanzie di rispetto dei requisiti prudenziali (accordi di garanzia).
Nei dati della tabella, gli elementi più significativi della sua configurazione con riferimento a dicembre 2016
Due sono i profili essenziali delle sue criticità
BCC SISTEMA
Numero 334 604
Sportelli 4.352 29.039
Dipendenti 37.000 300.000
Prestiti 144 2.269 mld di euro
Sofferenze 16 201 mld di euro
Deteriorati 26 350 mld di euro
Cost/Income 70 74 pc
Cet 1 17 11,5 pc
ROE -0,3 -6 pc
La prima è di ordine industriale dato che ad una quota di mercato del 7%, in termini di impieghi e depositi, corrisponde una rete distributiva di 4300 sportelli pari al 15% di tutto il sistema e un numero di addetti, oltre 30.000, che rappresenta quasi il 12% dell’intera forza lavoro bancaria.
La scarsa efficienza della configurazione industriale assume carattere di debolezza strutturale, dato che ogni unità di prodotto bancario cooperativo ha un costo di produzione doppio della media del sistema.
La riforma, prima di entrare in vigore (seconda metà 2018), richiederà una drastica riduzione sia del numero delle banche che della configurazione organizzativa, che presenta aspetti di pesantezza delle strutture centrali, specie per il mondo Iccrea.
In assenza, di piani industriali sostenibili, la variabile costo della struttura non è stata finora affrontata nella sua valenza strategica.
Anzi la prospettiva che si formino tre gruppi (uno ope legis, gli altri due per asseriti vantaggi concorrenziali) sembra destinata a far crescere e non ridurre i costi degli organismi centrali.
Assenza di piani industriali significa anche assenza di programmi di investimento tecnologico per uniformare le piattaforme dei servizi delle BCC. I sistemi informatici presenti nel credito cooperativo sono attualmente otto. La BCE ha individuato nell’unicità dei sistemi informatici la variabile strategica per recuperare gli svantaggi in atto esistenti rispetto ad altri segmenti del sistema bancario nazionale.
Il secondo profilo riguarda l’assenza di strategie commerciali dei due raggruppamenti che di stanno formando.
Il mercato del credito e del risparmio delle famiglie e delle piccole e medie imprese è esposto ad una forte contendibilità, da parte di Intesa e Unicredito che hanno divisioni territoriali e da Mps, che dopo il salvataggio, ha dichiarato che si dedicherà a questo mercato.
Ubi ha poi preso banche con spiccata vocazione territoriale e così si apprestano a fare Bper (con Cariferrara) Cariparma, del gruppo Credit Agricole (con Cesena, Rimini e San Miniato).
Il credito cooperativo si troverà fortemente esposto ad una concorrenza esterna e nel contempo a una interna, dato che molte sono le aree di sovrapposizione tra le BCC che aderiranno al gruppo Iccrea e a quello Trentino.
A nostro avviso c’è spazio per un solo gruppo che ha già i mezzi patrimoniali. Il costo di tre gruppi potrebbe essere insostenibile.
Conclusioni
Le prospettive del sistema bancario cooperativo appaiono contrassegnate da forti rischi, che nascono dai condizionamenti di una crescente efficienza, situazione che potrebbe rapidamente confinarlo ai margini del mercato.
D’altro canto già adesso, le BCC praticano prezzi e condizioni meno vantaggiose, cosa che è in contrasto con le finalità stesse della cooperazione che vuole i soci destinatari di condizioni di maggior favore rispetto a quelle offerte dagli altri soggetti del mercato bancario.
Considerata la possibile debolezza della nuova governance basata su una miriade di rapporti giuridici, una risposta a questo scenario è la creazione di un soggetto titolare di un’unica licenza bancaria, con una rete di sportelli diminuita nel numero, meglio redistribuita sul territorio, fortemente automatizzata che possa proporre un’offerta di servizi bancari competitiva. Insomma un modello a’ la Credit Agricole. Porre questo problema d’ordine industriale può costituire azione preventiva ad altri possibili default bancari che il paese potrebbe non sostenere.