India nuova potenza economica

India: la nuova potenza economica e spaziale

20 ottobre 2023

di Giorgio IRTINO

Un Paese che solo 50 anni fa era ancora considerato arretrato e sottosviluppato, oggi si presenta al mondo come nuova potenza economica e spaziale, pronta a sorpassare chi per lungo tempo ha detenuto la leadership incontrastata in questi ambiti.

Una breve storia che ci aiuta a capire come ciò sia accaduto, cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo futuro e quali insegnamenti possiamo trarre dall’esperienza indiana.

Il 23 agosto 2023 tutti gli organi d’informazione hanno dato ampio rilievo al successo della missione Chandayaan-3 grazie alla quale l’India ha raggiunto il suolo lunare. Molti si saranno sicuramente stupiti di questa notizia, soprattutto le persone appartenenti a quelle generazioni che in età scolastica, avevano studiato l’India come un Paese “del terzo mondo”: sovrappopolato, sottosviluppato, povero, economicamente e socialmente arretrato, privo di tecnologia.

L’India del passato

In effetti per lungo tempo l’India ha dato al mondo questa immagine di sé: colonia inglese fino al 1947, un Paese che viveva umilmente di agricoltura e pesca, con tradizioni religiose fortemente radicate (le vacche sacre, le acque purificatrici del Gange), capace di esprimere personaggi di rilevo come Mahatma Gandhi e Madre Teresa di Calcutta: certamente testimonial eccellenti, ma delle lotte contro lo sfruttamento, la fame, le malattie che affliggevano il popolo indiano. Un Paese che è stato trattato da molte nazioni dell’occidente industrializzato come una grande discarica a cielo aperto: solo per fare un esempio, le navi prevalentemente mercantili che raggiungevano la fine della loro vita di utilizzo, venivano da tutto il mondo portate sulle coste indiane per essere demolite in cantieri improvvisati, dove la manodopera locale per pochi spiccioli smontava a mano pezzo per pezzo tutta la struttura della nave, recuperando i materiali riutilizzabili per le attività artigianali, senza curarsi degli aspetti legati alla salute (infortuni, assimilazione di sostanze pericolose) e all’impatto sull’ambiente (dispersione di sostanze pericolose e inquinamento).

Lo sviluppo economico

Ottenuta l’indipendenza, l’India inizia un difficile percorso di emancipazione dalle condizioni disagiate in cui viene lasciata e oggi ci troviamo di fronte un Paese completamente diverso da quello che ricordavamo! Ma cosa è successo e quali sono stati gli eventi chiave che hanno consentito questa trasformazione? Il punto di svolta fondamentale possiamo collocarlo nel ventennio che va dal 2000 al 2020 a seguito del fenomeno della globalizzazione dei mercati internazionali. L’India è stata capace di intercettare e sfruttare le dinamiche della delocalizzazione delle attività produttive e di servizi messe in atto dalle nazioni dell’occidente industrializzato. Tutte le più grandi e importanti aziende multinazionali hanno cominciato a spostare i propri insediamenti nei Paesi economicamente emergenti dove sussistevano condizioni favorevoli per costo del lavoro, disponibilità di manodopera, legislazione flessibile, minore pressione fiscale: prima l’est-Europa (ex URSS e Jugoslavia), poi la Cina, l’India, il nord-Africa.

Tutto inizia dall’informatica

In particolare, l’India ha dimostrato di essere molto attrattiva nell’ambito delle tecnologie informatiche, elettroniche e delle telecomunicazioni e nell’arco di pochi anni infatti è diventata una nuova “silicon-valley”, ospitando sul proprio territorio le sedi delle più importanti aziende mondiali del settore. A conferma di questa vocazione tecnologica e del prestigio guadagnato a livello internazionale possiamo considerare anche il fatto che ad oggi alcune società leader di mercato sono guidate da manager di origini indiane:

  • Sundar Pichai è il CEO di Google,
  • Satya Nadella è il CEO di Micosoft,
  • Arvind Krishna è il CEO di IBM,
  • Parag Agrawal è stato il CEO di Twitter fino al recente avvicendamento con Elon Musk!

Ma se questo non fosse sufficiente, ancora più significativo è il fatto che la Moglie dell’attuale Primo Ministro inglese, Rishi Sunak (anch’esso di lontane origini indiane), è figlia dell’imprenditore indiano proprietario del colosso informatico Infosys: sicuramente un’influenza indiana sulla politica inglese che suona quasi come una rivalsa sugli anni della dominazione coloniale!

I fattori chiave dello sviluppo

Nel contesto della globalizzazione, questa rapida escalation dell’economia indiana è stata possibile grazie alla concomitanza di una serie di fattori che hanno creato le condizioni favorevoli allo sviluppo:

  • 50% della popolazione con età inferiore ai 35 anni (attualmente l’India ha sorpassato la Cina come Paese più popolato del mondo, con un’aspettativa di vita intorno ai 60-70 anni che però è inferire a quella nelle Nazioni dell’occidente industrializzato), quindi ampia disponibilità di forza lavoro giovane;
  • giovani con buon livello di scolarità e di conoscenza della lingua inglese (retaggio “positivo” del periodo coloniale che ha costretto gli indiani a imparare a parlare in inglese, conoscenza successivamente tramandata alle nuove generazioni che ha offerto loro l’opportunità di studiare nelle università di tutto il mondo);
  • basso costo del lavoro (elemento tipico delle economie emergenti, un tecnico informatico assunto come dipendente ha un costo di circa 9000 dollari/anno e il suo lavoro può essere venduto a una tariffa molto competitiva che oscilla tra i 18 e i 25 dollari/ora);
  • stabilità politica (l’attuale Primo Ministro Indiano, Narendra Modi, è in carica dal 2014) e azione di governo fortemente orientata allo sviluppo economico (uno dei primi provvedimenti assunti da Narendra Modi è stato il piano “Make in India” finalizzato a rendere il Paese appetibile per gli investitori stranieri).

La nuova superpotenza mondiale

Alle soglie del 2000 l’India era ancora la quindicesima economia del mondo nella graduatoria per prodotto interno lordo ma nell’arco del ventennio successivo scala ben dieci posizioni collocandosi dopo Stati Uniti, Cina, Giappone e Germania, tutte Nazioni caratterizzate da lunghi periodi di stabilità politica (come, per esempio, il governo tedesco di Angela Merkel durato dal 2005 al 2021). Gli analisti economici prevedono un fulgido futuro per l’India che entro il 2075 potrebbe diventare la seconda economia mondiale dopo la Cina, relegando gli Stati Uniti al terzo posto e la Germania al nono, superata da Egitto e Nigeria (dopo l’India sarà infatti l’Africa la nuova economia emergente). Dobbiamo quindi abituarci a considerare l’India come una nuova superpotenza mondiale in possesso dei requisiti distintivi di questo status:

  • la supremazia economica (come ne abbiamo parlato in precedenza);
  • la supremazia politica, non solo interna ma anche estera (l’India è tra i Paesi fondatori del BRICS, il raggruppamento delle economie emergenti che si rapporta con il G7 sul fronte degli equilibri internazionali);
  • la supremazia tecnologica (come ne abbiamo parlato in precedenza) estesa a diversi settori;
  • la supremazia militare, che è stata una delle prime preoccupazioni dell’India dopo l’indipendenza (per la necessità di proteggere la propria conquistata autonomia e i suoi confini) e che l’ha portata a sviluppare anche un arsenale nucleare, tra le poche Nazioni al mondo.

Alla conquista dello spazio

Ogni Nazione che si fregi dello status di superpotenza mondiale non può prescindere oggi dal possedere anche una riconosciuta supremazia nel settore spaziale dove si giocheranno sempre di più le grandi sfide tecnologiche e militari ma anche economiche e geo-politiche del futuro. In questo ambito l’India è partita in ritardo ma ha recuperato velocemente il gap nei confronti delle altre Nazioni. La nascita del programma spaziale indiano risale al 1962; in quell’anno il governo in carica decide la realizzazione del primo centro di ricerca e operativo nella cittadina di Thumba, regione del Kerala, località costiera nel sud della penisola popolata da umili pescatori. Nel 1969 (l’anno in cui gli Stati Uniti portano il primo equipaggio umano sulla luna) viene costituita l’agenzia spaziale indiana, denominata ISRO. Negli anni successivi cominciano ad essere realizzati e lanciati alcuni satelliti e fino al 1981 ci sono foto di repertorio che documentano come il trasporto dei componenti all’interno delle basi di lancio, per il loro assemblaggio e caricamento su razzi vettori, avvenisse ancora con carri trainati da buoi e biciclette guidate dagli ingegneri indiani. Questo però non ha impedito all’India di raggiungere nell’arco dei 40 anni seguenti traguardi molto ambiziosi:

  • centinaia di satelliti realizzati e lanciati, tre basi di lancio sul territorio nazionale, una famiglia di propri lanciatori (quindi completa autonomia in quest’ambito);
  • una missione su Marte (Mangalyaan);
  • una missione sulla Luna (Chandrayaan);
  • una sonda per l’esplorazione del Sole (Aditya-L1);
  • programmi in fase avanzata per portare astronauti indiani nello spazio.

La space economy indiana

Con la missione Chandrayaan, l’India è la quarta superpotenza mondiale che sbarca sulla Luna dopo Stati Uniti, Russia e Cina; è la prima però che conquista il polo-sud lunare anche se i cinesi hanno già contestato che l’allunaggio sarebbe avvenuto a 600 km di distanza dal polo-sud quindi il primato indiano non sarebbe “omologabile”! Indipendentemente da queste schermaglie politiche il successo indiano è rilevante anche perché arriva dove altri più accreditati hanno di recente fallito (pochi giorni prima l’analoga missione russa Luna-25 si era schiantata al suolo in fase di allunaggio). Il polo-sud lunare è un luogo ritenuto strategico perché, in virtù del fatto che rimane più a lungo nascosto alla luce del Sole, potrebbe contenere formazioni di ghiaccio (quindi acqua) e una composizione della superficie ricca di proprietà particolari che tornerebbero utili alla futura permanenza dell’uomo sulla Luna. Il successo della missione indiana è quindi molto significativo anche perché è stato ottenuto con un investimento decisamente inferiore a quanto spendono le Nazioni concorrenti: 74 milioni di dollari grazie al basso costo del lavoro, di cui abbiamo parlato in precedenza, e a una filiera produttiva totalmente interna all’India. Il peso dell’India nella space-economy mondiale sta crescendo e lo dimostra anche la recente nomina di Aarti Holla-Maini (scienziata di origini indiane) come Direttrice dell’UNOOSA (United Nation Office for Outer Space Affairs). Con un budget di spesa pubblica di 2 miliardi di dollari e 17 mila addetti, l’India si colloca dopo Stati Uniti, Russia, Cina, Unione Europea e Giappone. È però interessante notare come la Germania con lo stesso budget di spesa ha la metà degli addetti (e qui torna nuovamente il costo del lavoro!) e non è in grado di svolgere attività spaziale autonoma (perché contribuisce alle missioni dell’ESA insieme agli altri Paesi europei).

Cosa ci insegna l’India

Alla luce di quanto brevemente esposto, dalla storia economica e spaziale dell’India possiamo trarre alcune riflessioni (per non dire insegnamenti):

  • si può andare dalle stalle alle stelle (ricordando quanta strada è stata fatta dagli ingegneri che trainavano i satelliti con in buoi) ma se non si fa attenzione si può fare anche il percorso inverso (e questo deve servire da monito alle nazioni dell’occidente industrializzato ora in declino);
  • si può andare lontano spendendo poco (anche perché è giusto spendere per lo spazio ma bisogna che i governi siano capaci innanzitutto di garantire l’assistenza sanitaria, le pensioni, l’istruzione che sono necessità primarie di ogni popolo e nazione);
  • si può fare tanto con le proprie risorse, ovvero con le giovani generazioni, sviluppando i talenti, garantendo istruzione, offrendo motivazioni (come ha scritto Tommaso Ghidini nel suo libro Homo Caelestis: “.… lo spazio è prima di tutto ispirazione ….. attira le menti più brillanti ….”);
  • si possono ottenere grandi risultati rimanendo umili, mantenendo quella genuinità che si legge sul volto dei tanti giovani ingeneri, uomini e donne, che hanno lavorato per i successi spaziali del proprio Paese senza dimenticare le proprie origini e tradizioni e accontentandosi di guadagnare uno stipendio dignitoso ma non faraonico.

Ma il messaggio più importante che l’India ci consegna è che lo spazio è di tutti, sia in termini di possibilità di conquista (che non deve essere un diritto riservato solo a chi può permetterselo ma deve essere un’opportunità estesa a tutti coloro che vogliano coglierla), sia in termini di ricadute sulla vita quotidiana che, a prescindere da chi le determina, devono poi essere considerate come bene comune dell’umanità intera.



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