L’infortunio sul lavoro
Per infortunio sul lavoro si intende ogni lesione originata, in occasione di lavoro, da causa violenta che determini la morte della persona o, ne menomi parzialmente o totalmente la capacità lavorativa.
Gli elementi integranti l’infortunio sul lavoro sono:
- la lesione;
- la causa violenta;
- l’occasione di lavoro.
Il concetto di “occasione di lavoro” richiede che vi sia un nesso causale tra il lavoro e il verificarsi dei rischi cui può conseguire l’infortunio.
Il rischio considerato è quello specifico, determinato dalla ragione stessa del lavoro.
Recentemente l’art. 32, comma 6 del D.lgs. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, nell’ottica della semplificazione degli adempimenti formali in materia di lavoro e della riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, ha previsto l’abrogazione dell’art. 54 – a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 8, comma 4 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 – e la modificazione dell’art. 56 del d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124.
A seguito dell’approvazione di tale decreto, il datore di lavoro, comunque tenuto, ai sensi dell’art. 53 del Testo Unico, a denunciare all’Istituto assicuratore gli infortuni e le malattie professionali, non avrà più alcun obbligo di comunicare l’accadimento di tali eventi all’autorità locale di pubblica sicurezza.
Le modifiche apportate dall’art. 32 del D.Lgs. 69/2013, comportano, peraltro, che a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’INAIL trasmetta telematicamente – mediante il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) – ai soggetti di cui all’art. 56, comma 1, i dati relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di quelli con prognosi superiore a trenta giorni.
L’inchiesta di cui è investita la Direzione Territoriale del Lavoro, ai sensi del comma 2 del citato art. 56, viene aperta solo ad iniziativa del lavoratore infortunato, di un superstite o dell’INAIL.
Le modalità di comunicazione previste dalle enunciate disposizioni, si applicano a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 8, comma 4 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
È infortunio sul lavoro anche il così detto “infortunio in itinere“, cioè quello occorso al lavoratore nel tragitto compiuto per recarsi o tornare dal luogo di lavoro a casa.
Sono considerati infortuni sul lavoro anche quelli dovuti a colpa del lavoratore stesso(1).
Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 151/2015, per gli infortuni prognosticati non guaribili entro tre giorni, escluso quello dell’evento, il datore di lavoro doveva inviare una copia della denuncia/comunicazione di infortunio all’Autorità locale di Pubblica Sicurezza.
Con il D.Lgs. 151/2015 dal 22 marzo 2016 è modificato l’obbligo del datore di lavoro a comunicare gli infortuni sul lavoro.
L’obbligo di comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza (da adempiere entro il termine di 2 giorni da quando ne ha avuto notizia) deve avvenire esclusivamente in caso di infortunio mortale o che abbia causato una prognosi superiore a 30 giorni.
Il datore di lavoro adempie alla comunicazione con l’invio all’INAIL della denuncia di infortunio con le modalità telematiche sopra previste.
Le lesioni personali colpose sono perseguibili dall’art. 590 del c.p., che al comma 3° recita:
- “se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni”.
Mentre l’art. 583 c.p. elenca le circostanze aggravanti e fornisce una graduazione delle lesioni:
La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni:
- se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
- se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo;
- se la persona offesa è una donna incinta e dal fatto deriva l’acceleramento del parto.
La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:
- una malattia certamente o probabilmente insanabile;
- la perdita di un senso;
- la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
In caso di lesioni colpose l’azione penale è legata alla prognosi:
- prognosi che superano i 30 giorni: attivazione, per lo più ad iniziativa dell’INAIL, dell’inchiesta amministrativa della Direzione provinciale del lavoro, il cui verbale viene inviato al Pubblico Ministero;
- prognosi fino a 40 giorni: possono far scattare l’azione penale solo ad iniziativa dell’interessato;
- prognosi oltre i 40 giorni: l’eventuale azione penale viene promossa d’ufficio dal Pubblico Ministero.
Nel caso in cui si verifichi un infortunio con esito nefasto per il lavoratore è di tutta evidenza che, si aprirà un procedimento penale d’ufficio per la violazione dell’art. 589 c.p. – omicidio colposo – il quale, al comma 2 prevede pene che vanno da un minimo di 2 anni ad un massimo di 7.
Lo stesso dicasi in caso di infortunio con lesioni superiori a 40 giorni.
Oramai è noto ai più che, con il D.Lgs. 231/2001 è stata introdotta una forma di responsabilità “amministrativa” che colpisce direttamente enti e società nel caso di commissione di reati da parte di dipendenti e collaboratori ovvero dai propri amministratori e manager.
La L. n. 123/2007 ha introdotto, tra i reati previsti dal D.Lgs. 231/2001, anche il reato di omicidio colposo, lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro di conseguenza, in caso di violazione di una delle due fattispecie delittuose, l’ente sarà chiamato in giudizio unitamente alla persona fisica che ricopriva la carica di datore di lavoro.
Le sanzioni previste per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato si distinguono in:
- sanzioni pecuniarie;
- sanzioni interdittive (interdizione dall’esercizio di attività, sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze e concessioni, divieto contrarre con la P.A., esclusione/finanziamenti e contributi, divieto di pubblicizzare beni e servizi);
- confisca;
- pubblicazione della sentenza.
L’INFORTUNIO DERIVANTE DA COVID-19
A quanto innanzi esposto si aggiunga che, in conseguenza dell’emergenza pandemica in atto dallo scorso anno, il Governo in preda ad una vera e propria bulimia legislativa ha emanato una serie interminabile di D.L. e D.P.C.M. ed, in particolare, con il “Decreto Cura Italia” ha previsto che, il contagio da coronavirus in ambito di lavoro sia considerato come un infortunio meritevole di ricevere la copertura assicurativa Inail.
Il datore di lavoro, pertanto, è potenzialmente esposto alla responsabilità penale per i reati di lesioni ai sensi dell’art. 590 c.p. e omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p., aggravati dalla violazione delle norme antinfortunistiche, laddove non abbia adottato le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio, cagionando così la malattia o morte del lavoratore.
In particolare, l’articolo 42 comma 2 del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 (“Decreto Cura Italia”) ha previsto la copertura Inail per gli assicurati che contraggono un’infezione da coronavirus “in occasione di lavoro”.
Un’espressione, quest’ultima, che lascia intendere un’applicabilità della tutela assicurativa anche ai contagi “in itinere” e finanche ai casi di lavoro a distanza.
L’Inail, ha precisato nella circolare n°13 del 3 aprile 2020 che le malattie infettive e parassitarie sono pacificamente inquadrate nella categoria degli infortuni sul lavoro, a cui si debbono pertanto ricondurre anche i casi di infezione da coronavirus.
Il contagio da Covid-19 si qualifica così come un infortunio che, come tale, schiude un potenziale profilo di responsabilità penale per il datore di lavoro che non abbia adottato le misure necessarie a prevenirne il rischio.
Laddove si possa accertare che, l’inosservanza delle misure antinfortunistiche sia stata causa di infezione-malattia del lavoratore, il datore di lavoro risponderà dei reati di lesioni personali gravi o gravissime ai sensi dell’art. 590 c.p. (salvo ipotesi di malattia lieve, guaribile in meno di 40 giorni, nel qual caso scatterebbe la sola procedibilità a querela), oppure di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p. qualora al contagio sia seguita la morte.
Successivamente, l’Inail nella propria circolare n. 13/2020 ha precisato che, la copertura assicurativa è riconosciuta al lavoratore a condizione che la malattia sia stata contratta durante l’attività lavorativa e che, l’onere della prova è a carico dell’assicurato.
Fanno eccezione alcune categorie professionali ad elevato rischio, come ad esempio gli operatori sanitari, gli operatori dei front-office, i cassieri e gli addetti alle vendite/banconisti per i quali Inail ha introdotto una presunzione semplice di contagio d’origine professionale, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico dei datori di lavoro.
Presunzioni che – almeno in teoria – non potrebbero comunque sostenere da sole l’accusa in sede penale, dove vige il principio di presunzione d’innocenza e l’onere della prova è a carico del Pubblico Ministero (art. 27, comma 2, Cost.).
Tanto è vero che la stessa Inail in data 15.05.2020 con un proprio comunicato stampa ha precisato:
“In riferimento al dibattito in corso sui profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro per le infezioni da Covid-19 dei lavoratori per motivi professionali, è utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro.
Sono diversi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail.
Pertanto, il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso.
Al riguardo, si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro”.
to be continued 2/3
Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Infortunio sul Lavoro