Il sistema del recupero dei crediti in Italia sta subendo delle forti pressioni di modifica.
I profili del cambiamento preteso sono molteplici: innanzitutto soggettivo, perché i titolari dei crediti da recuperare, nonché gli stessi recuperatori, appaiono enti diversi da quelli codificati e individuati da studi dottrinari tradizionalmente sedimentati nell’ordinamento giuridico italiano(*). Sotto il profilo oggettivo, invece, si introduce una vasta gamma di prodotti finanziari, sottostanti le operazioni di cessione massiva dei crediti, che dipingono variamente il prodotto cartolarizzato.
Il credito da recuperare “a tutti i costi” versus il rispetto delle regole processuali
Sotto il profilo soggettivo può dirsi in atto un vero e proprio scontro nelle aule di giustizia tra:
- i sostenitori del credito da recuperare a tutti i costi, nel massimo ammontare, sotto qualsiasi forma ceduto (a volte solo asseritamente ceduto), e
- i processualcivilisti, che affermano la necessità del rispetto delle regole processuali, e quindi
- fornire in giudizio la prova rigorosa della titolarità del credito e
- la capacità e legittimità ad agire in via giudiziale.
In questo gioco a tre, ovvero tra chi si afferma titolare del credito, i recuperatori e i giuristi che da un lato le cartolarizzazioni devono concretizzare (facendone aumentare il valore, attuale o futuro), dall’altro resistono alle azioni recuperatorie invocando le leggi processuali, i diritti dei debitori vengono spesso tralasciati. L’importante — si afferma da qualche parte (e il pregiudizio si è insinuato anche in alcuni decisori) — non è tanto a chi sia rivolto il pagamento, ma che il debitore paghi tutto e presto.
E sulla scorta di tale pregiudizio non si sta neanche tanto a guardare se il moltiplicarsi degli interessi, nelle fasi giudiziali, sia corretto e contenuto entro la soglia di usura (che secondo chi scrive è applicabile anche nella fase giudiziale), a fronte di lievitazioni macroscopiche dei profitti delle società di recupero e servicers di SPV: interessi legali, moratori, ipotecari, spese e compensi difensivi, costi procedurali. Resta il nodo poi dei tempi di recupero, che è questione atavica in Italia ed irrisolvibile a breve, nonostante le forti pressioni della finanza sulla politica giudiziaria.
La questione della titolarità del credito
Una delle questioni poco (o non sufficientemente) esplorate nelle aule di giustizia, ma estremamente rilevanti è la titolarità del credito asseritamente ceduto.
- Non può darsi per scontato l’acquisto di un credito specifico all’interno di un blocco ceduto in ogni operazione di cartolarizzazione dei crediti. Non è neppure agevolmente individuabile il titolare effettivo del credito, legittimato ad agire e a incaricare, considerando che il cedente (specie quando dichiara di non essere più titolare) non potrà più rivendicare di essere il creditore.
- Non è scontato che l’attività di recupero del credito ceduto possa essere esercitata da chiunque si dichiari incaricato all’incasso.
- Non è scontato che il credito abbia effettivamente la consistenza dichiarata negli atti di cessione, quasi mai versati negli atti del giudizio, contrariamente a ogni regola processuale.
- Non è scontato che il credito sia stato effettivamente venduto, in base a un’operazione di True Sale, ovvero una cartolarizzazione che a livello europeo oggi è definita STS, ovvero Semplice Trasparente e Standardizzata (espressione, quest’ultima che piace tanto anche alla Suprema Corte di cassazione italiana, come si legge nella nota sentenza a S.U. sull’ammortamento alla francese, appunto standardizzato).
Nelle cartolarizzazioni, in definitiva, nulla è scontato, tutto è problematico.
L’obbligo di tutela del consumatore e del cliente bancario
Eppure, l’obbligo di tutela del consumatore e del cliente bancario in generale persiste ed è vigente anche in relazione alle cessioni dei crediti e alle cartolarizzazioni, finanche all’interno del processo esecutivo, come ci insegna l’Europa (si vedano le molteplici pronunce a tutela del consumatore e per il superamento del giudicato interno da parte della Corte di giustizia dell’Unione Europea).
Pare logico domandarsi allora innanzitutto se la platea dei debitori sia sempre effettivamente informata della cessione e della tipologia di cessione che la riguarda: la risposta più immediata è quella di segno negativo(1).
Conseguentemente non pare si possa non tenere conto di tale aspetto ai fini della verifica della trasparenza dell’operazione di cartolarizzazione, della prova della conoscenza dei fatti da parte del debitore e delle prove, spesso fornite per indizi, che vengono vagliate nelle aule di giustizia per la declaratoria dell’efficacia della cessione: non appare sufficiente una mera notizia apparsa nelle Gazzette ufficiali.
Tanto vale per le cartolarizzazioni tradizionali, quelle true sale, in cui un soggetto creato ad hoc per l’operazione, acquista, pagando con denaro degli investitori, dal cedente, un blocco di crediti individuato e documentato , iscrivendo il contratto di cessione nel Registro delle imprese come prescritto dall’art. 58 comma 2 del Tub. Medesime conseguenze, ma sotto il profilo della carenza della titolarità dei crediti ai fini giuridici, sebbene sia del tutto diversa la struttura industriale del prodotto finanziario, si rilevano in caso di cartolarizzazioni sintetiche.
La cartolarizzazione sintetica
La cartolarizzazione sintetica è una forma di cartolarizzazione in cui vengono trasferiti i rischi associati a un portafoglio di attività finanziarie, ma non gli asset stessi. Invece di trasferire fisicamente gli asset a una struttura di cartolarizzazione, vengono utilizzati strumenti finanziari derivati, come i credit default swaps (CDS) o total return swaps (TRS), per replicare i flussi di cassa e il rischio associati a un determinato portafoglio. Nel caso della cartolarizzazione sintetica, una banca che detiene un portafoglio di prestiti crea una struttura di cartolarizzazione che emette titoli “sintetici”; tali titoli riflettono il flusso di cassa e il rischio dei prestiti sottostanti, senza che si verifichi il trasferimento fisico e giuridico degli asset.
Mentre questa è la prassi finanziaria, nel mondo giuridico dottrinario nessuno dubita di questo profilo, ovvero del mancato trasferimento del credito dal cedente al cessionario in una operazione come la cartolarizzazione sintetica in cui manca la vendita; così come nessuno potrebbe dubitare che l’investitore che acquista prodotti derivati non acquista la proprietà dei sottostanti: eppure il giudice non lo sa.
Accade invece che chi è chiamato a decidere se una casa dev’essere espropriata e se il ricavato deve essere attribuito a un soggetto creditore o a un procuratore, ovvero colui o colei che deve decidere della titolarità del credito ai fini delle azioni, non è a conoscenza della tipologia e delle caratteristiche giuridicamente rilevanti della cessione e non è in grado di verificare se la vendita è vera (mancando la traditio rei) e se il credito è passato con effettività e trasparenza nel patrimonio del cessionario che agisce in giudizio.
Questo è un enorme vulnus del sistema giudiziario, che mostra di non sapersi adeguare ai tempi attuali e all’evoluzione dei prodotti e dei meccanismi finanziari e creditizi:
il giudice si limita spesso a farsi ispirare da principi ormai obsoleti (come l’obbligo in fase esecutiva di evitare accertamenti, bocciato dalla CGUE) oppure erroneamente preferendo gli uni agli altri, invece ugualmente meritevoli di tutela (come la pretesa agevolazione degli scambi commerciali e la valorizzazione della garanzia degli obblighi contrattuali), dimenticando il resto, che è tanto:
- tutela del cliente bancario,
- obblighi di trasparenza e di vigilanza,
- riserve di attività stabilite dalla legge,
- tutela del consumatore sempre comunque,
- regola principe del sistema economico.
Chi mastica diritto finanziario, ad esempio, non potrebbe ragionevolmente ritenere che, se un prodotto derivato ha come sottostante il valore dell’oro, l’investitore sia divenuto titolare del diritto di proprietà dell’oro che sia stato oggetto delle negoziazioni nei mercati. Eppure, spesso nelle aule di giustizia è proprio quello che si riesce a far accettare come pacifico, sovente ingannando il giudice (che è però responsabile, nel dubbio potendo sempre nominare un ausiliario esperto per la verifica di meccanismi tecnici e finanziari presupposti) e nascondendo il contratto di cessione dal piano processuale.
Ebbene, in molti casi, dalla lettura (in lingua del processo, si spera) emergerebbe che la società veicolo di cartolarizzazione, che reclama il credito, ha in realtà posto in essere una cartolarizzazione sintetica, stipulando contratti derivati con terze parti (investitori istituzionali o banche d’investimento), che si sono impegnate a pagare i flussi di cassa al cedente o a coprire eventuali perdite associate al portafoglio di prestiti. Per una più approfondita definizione del meccanismo ci affidiamo al mondo accademico, perché il giurista non comprende a pieno meccanismi tecnici estremamente sofisticati (come dovrebbe fare il giudice, disponendo la CTU): «dunque in una synthetic securitysation vengono trasferiti alla SPV non i crediti bensì soltanto i rischi connessi ai crediti, attraverso i derivati i credit default swap ovvero CDS. Di tal via, quando i rischi su tali crediti (receivable) si materializzano in perdite, poiché i debitori diventano inadempienti, l’SPV rifonde queste perdite all’ originator»(2).
La cartolarizzazione sintetica può essere utilizzata per diversi scopi, tra cui la gestione del rischio di credito, la liberazione di capitale e la creazione di esposizioni selettive a determinati tipi di prestiti o rischi. Tuttavia, è un’operazione complessa che richiede una corretta valutazione e gestione dei rischi derivanti dai contratti derivati utilizzati nella struttura. La synthetic può comportare un’ulteriore complessità e rischi rispetto alla tradizionale e richiede un’approfondita comprensione delle transazioni finanziarie e delle normative applicabili, ma per verificare se la cartolarizzazione sia di tipo sintetico o tradizionale, ovvero se sia stato trasferito il credito (true sale) o il solo rischio credito, è indispensabile leggere il contenuto del contratto.
Lo scopo principale della sintetica viene rivelato da una particolarmente esperta dottrina (che si suggerisce vivamente di approfondire, allo scopo di comprendere i reali meccanismi e le finalità dell’operazione) ed è apertamente elusivo delle norme a tutela dei debitori ceduti, che l’ordinamento italiano consente, nel nome della libertà dei traffici e nel (mal interpretato) interesse dell’economia nazionale, che di nazionale nulla ha più, dato che i capitali recuperati con le espropriazioni di cittadini e aziende italiane vengono sempre trasferiti all’estero, in paradisi fiscali, anche europei, con buona pace anche delle normative antiriciclaggio:
«Nelle cartolarizzazioni sintetiche, il trattamento fuori bilancio non è possibile per definizione, in quanto gli attivi non sono trasferiti alla SPV. Le cartolarizzazioni sintetiche, di fatto, ridondano in una neutralizzazione del rischio di una parte definita dell’attivo di un soggetto beneficiario (non cedente,tecnicamente), da parte di un operatore bancario e finanziario che opera quale “assicuratore” in merito a quel rischio. La protezione di poste di bilancio da parte di un soggetto qualificato implica, per il beneficiario, il miglior trattamento del proprio bilancio regolamentare». Prescindendosi dallo scopo dell’operazione, «i vantaggi della synthetic securitysation rispetto alla tradizionale cartolarizzazione includono:
- a) il fatto che la stessa evita le restrizioni legali sul trasferimento dei crediti che potrebbero dar luogo a rischi di riqualificazione dell’operazione;
- b) la notifica (notice) al debitore ceduto, ovvero il consenso da parte del debitore, al fine di porre in essere un valido trasferimento di receivable a sensi delle leggi di talune giurisdizioni, come ad esempio quella italiana.
È da soggiungere che la legge italiana, nella sua tradizione che la caratterizza da qualche lustro, con la sua normativa speciale (Legge 130/1999), come noto agevola fortemente un tale “stadio”, in quanto la pubblicazione su Gazzetta Ufficiale della cessione del portafoglio segnerebbe il momento a partire al quale la cessione diviene efficace, a prescindere dal fatto che sia stata o meno notificata al debitore. […]Poiché non sussiste un reale trasferimento dei titoli, le norme che sono connesse al trasferimento, fra cui quelle di notifica a ciascun debitore, non trovano attuazione»(3).
L’autore evidenzia che «si coglie il favor, soprattutto ove si compari questa disciplina con la cartolarizzazione nel common law, in particolare in Gran Bretagna ove tale regime manca del tutto»!(4).
In Europa: la normativa dell’Autorità Bancaria Europea (EBA) sulle cartolarizzazioni
Delle cartolarizzazioni sintetiche, in opposizione con le cartolarizzazioni STS, si occupa anche il Regolamento cartolarizzazioni (Regolamento UE) 2017/2042 art. 2 capo 9. Con il rapporto EBA/GL/2024/05, del 27 maggio 2024 – Guidelines on the STS criteria for on-balance-sheet securitisation and amending Guidelines EBA/GL/2018/08 and EBA/GL/2018/09 on the STS criteria for ABCP and non-ABCP securitisation – l’Autorità bancaria europea ha pubblicato proprie Linee guida sui criteri di semplicità, standardizzazione e trasparenza e sui criteri specifici aggiuntivi per le cartolarizzazioni in bilancio (STS), allo scopo di favorire un’interpretazione armonizzata dei criteri applicabili a tali operazioni STS si apportano anche modifiche agli Orientamenti EBA/GL/2018/08 ed EBA/GL/2018/09 relativi ai criteri STS per le cartolarizzazioni di commercial paper garantiti e non garantiti da attività), escludendo che la norma UE che attribuisce il bollino STS possa applicarsi a tali tipi di cartolarizzazioni.
Tali operazioni sintetiche quindi non possono definirsi trasparenti, per cui non varrà a loro riguardo, fino a prova contraria, il brocardo forense in claris non fit interoretatio. Qui, di chiaro, v’è ben poco. Va detto che sono in atto richieste di deroga da parte di CONSOB, rivolte a EBA, ma può dirsi che il Regolamento europeo non si applica alle sintetiche, anzi ne disincentiva l’utilizzo per:
- l’alta complessità della tecnica finanziaria sottostante e,
- l’alto rischio associato.
In definitiva, in Italia e in UE, per verificare se la cartolarizzazione è di tipo sintetico o tradizionale, ovvero se sia stato trasferito il credito (con titolarità e diritto di agire) o il solo rischio credito, non v’è altro modo che accedere all’ “inaccessibile” contenuto del contratto: questo è noto agli operatori, che pertanto si guardano bene dal rivelarne il contenuto (se non espressamente condannati a farlo), con la complicità dei meccanismi presuntivi invocati da parte della magistratura, di merito e di legittimità.
Eppure, la questione qui accennata appare di rilievo sotto diverso profilo, per tutti i player, dagli arranger ai recuperatori, dai debitori a tutti i giuristi coinvolti: se il credito garantito rimane in bilancio della banca cedente, appare difficile sostenere che si sia verificata cessione della titolarità del credito e che il cessionario possa dare impulso e procura all’azione di recupero. L’affermazione è in grado di svilire la tesi giuridica della titolarità del credito azionato in capo alle società di cartolarizzazione, anche ad esempio, nei giudizi in cui si agisce per il recupero dei crediti garantiti (secured), tramite garanzia reale e/o garanzia di Stato (GACS): il credito deteriorato o deteriorabile, allorquando trattenuto in bilancio dal cedente, non consente con serenità di affermare che si sia realizzata la tipica funzione del trasferimento del credito.
Le conseguenze processuali sono molteplici, per cui si può legittimamente dubitare che il cessionario sia titolare di un credito dichiarato ancora nel bilancio del cedente, ma non è questa la sede per approfondire le eccezioni processuali sostenibili.
Cartolarizzazioni sintetiche e cartolarizzazioni tradizionali: il profilo operativo e la strategia difensiva
Superato per un momento il mero rilievo processuale, emerge tutta la rilevanza della questione, non più solo a livello di titolarità del credito, ma anche di interesse ad agire e legittimazione all’azione processuale. Per comprendere in pieno le informazioni che provengono dal mondo finanziario si dovrebbe chiedere sempre l’ausilio di un tecnico esperto del settore e non provare a convincersi da sé, non trattandosi di nozioni di comune esperienza, neppure per il giurista:
- recuperare la bussola dei fondamentali principi dell’azione giudiziaria e,
- arginare la sostanziale deregolamentazione dell’intero sistema del recupero crediti,
partendo dalle intestazioni degli atti giudiziari, sarebbe opportuno: chi agisce non è il mandatario ma il procuratore(5).
Sotto il profilo più operativo, si è diffusa, contro l’orientamento chiaro di legittimità, una tesi — condivisa da diversi giudici di merito — per cui si ammette che elementi presuntivi possano supplire alla carenza di prova documentale del trasferimento del credito(6), purché consistenti in indizi consequenziali, dai quali sarebbe possibile desumere il fatto ignorato, ovvero non acquisito al piano probatorio, come se il contratto di cessione fosse un contratto “di mercato del quartiere”, al quale possa applicarsi la regola dell’art. 2721 c.c.(7).
Si tratta – ad avviso di chi scrive — soprattutto di un’evidente distorsione del principio di prossimità o vicinanza della prova, che «è destinato a operare quando le disposizioni attributive delle situazioni attive non offrano indicazioni univoche per identificare i fatti costitutivi, per cui l’interprete deve privilegiare il senso che individua i fatti costitutivi in funzione della maggiore accessibilità ai relativi mezzi di prova da parte dell’attore»(8)(9).
L’applicazione del meccanismo presuntivo, in caso di disponibilità della prova non allegata, appare anche configgere con i principi di lealtà e buona fede processuale, finendo per invertire il sistema presuntivo, invero fondato all’opposto sulla irreperibilità o indisponibilità dei diretti e univoci mezzi di prova. La mancata allegazione dell’atto di trasferimento è atto apertamente volontario — si direbbe scelta di strategia difensiva — per cui si ritiene del tutto imputabile alla parte, che per converso pretende di agire in giudizio rivendicando la titolarità del credito e chiedendone il pagamento al debitore. Si tratta di una colpevole omissione, salva la prova dell’effettiva indisponibilità (materiale o giuridica) del documento, che invero sarebbe ben agevole produrre in giudizio, completo di criteria e receivables, ovvero dell’individuazione del blocco e la lista dei crediti ceduti, ovviamente anonimizzata di tutti i dati, salvo quelli riferiti al rapporto interessato al giudizio.
Sul punto, non può non farsi cenno alle eclatanti pronunce giudiziali che privano la dichiarazione del cedente costruita nel corso del processo oppure fornita da terzo o contumace del Tribunale di Napoli(10), che definisce – come chi scrive – “cartula”, e del Tribunale di Milano(11), che la indica come “mostriciattolo” giuridico. Urge allora un cambio di strategia.
Perché urge un cambio di strategia
Non v’è chi non veda come necessario un immediato bilanciamento tra le esigenze di tutela del debitore ceduto, e del suo affidamento, affinché la modificazione soggettiva del lato attivo del rapporto obbligatorio (senza il suo consenso) non divenga — per qualsiasi ragione o scopo, lecito o meno che sia — un pregiudizio nei suoi confronti, e quella degli investitori nei titoli emessi per finanziare l’operazione, che hanno l’unica prospettiva di redditività nell’incasso lucrativo dei crediti oggetto di cessione(12).
In definitiva, le operazioni di cartolarizzazione in Italia necessitano di maggiore trasparenza:
- nell’interesse pubblico del sistema economico innanzitutto,
- nell’interesse della giustizia,
- nell’interesse di uno Stato, che perde larga parte di gettito erariale in favore del libero scambio, non ultimo,
- nell’interesse di cittadini e imprese che non sanno quanto, se e a chi pagare e che si vedono costretti a pagare con valori incontrollatamente molto più alti del debito.
In una situazione di caos normativo, regolamentare e giudiziario, la prassi supera la legge, la crisi diventa un affare per pochi. E la criminalità prende il sopravvento.
Intervento di Gianluca BOZZELLI, Avvocato Cassazionista, Fondatore di BG&P e di COMP.R.ESA Compliance & Responsabilità d’Impresa
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(*) L’articolo accenna ad alcune delle molteplici riflessioni dell’autore sul tema, condensate nella sua recente monografia:
G. BOZZELLI (06/2024), Cartolarizzazioni: manuale teorico pratico per il giurista, ed. LegisGiuridica
(1) CHIERICI M., L’impresa bancaria. Le società per la cartolarizzazione dei crediti, in BELTRAMI P. (diretta da), Le società di diritto speciale, Bologna, 2023, p. 407)
(2) DE GIOIA CARABELLESE P., Cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate. Dallo shadow banking al techno banking, Bari, 2020, pagg. 47 segg)
(3) DE GIOIA CARABELLESE P., Cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate cit., p. 37-40 e ss. In tal senso anche GALLETTI D.-GUERRIERI G., La cartolarizzazione dei crediti cit., p. 62. e DE GIOIA CARABELLESE P. – DELLA GIUSTINA C., La disciplina della cartolarizzazione fra finanza provata e finanza pubblica, ossia i contorni labili di un incerto confine tutto italiano, in Riv. Corte dei Conti n.5/2021 pp. 62-90:66
(4) Ibidem, p.37 nt.30
(5) come accenna Trib. Verona, 14/11/2020 in il caso. it: «nell’intestazione del ricorso monitorio la parte ricorrente era stata indicata, con la formula, quanto mai ambigua, anche se piuttosto diffusa, di “Fino2 e per essa DoBank” anziché con quella che sarebbe stata assai più lineare di “DoBank in qualità di mandataria di Fino2”».
(6) Art. 2727 c.c.: «Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato»
(7) Trib. Milano, sent. n. 4630/2024
(8) Cass.Ss.Uu. n. 13533/2001
(9) DOLMETTA A.A. – MALVAGNA U., Vicinanza della prova e prodotti d’impresa nel comparto finanziario, in BBTC, 2014, I, p.681 ss.
10) ord del 18/10/2022
(11) sent. n. 5261/2024)
(12) In tal senso, ma a livello di mera e astratta enunciazione, cfr. il principio espresso da Cass. n.21843/2019 in Giur. It. luglio 2020, pp. 1613-1615, con nota di SCOTTI A., Cartolarizzazione dei crediti, cessione opponibile al debitore ceduto e interessi protetti, pp. 161-162
Angelo Silvestri Replica
sintesi veramente interessante , esaustiva, congratulazioni all’estensore.