La metamorfosi evolutiva della criminalità organizzata pone i decisori aziendali dinanzi a nuove sfide. In particolare, l’implementazione da parte del management di presidi di controllo atti a mitigare il rischio d’interazioni con entità infiltrate dalla criminalità organizzata rappresenta una priorità.
Alla fine degli anni ’70, il Procuratore della Repubblica di Palermo, Dott. Gaetano Costa, nell’ambito dell’indagine sul clan Spatola, ebbe l’intuizione di adottare per la prima volta – in un’indagine di criminalità organizzata – la tecnica delle indagini bancarie e societarie (c.d. “follow the money”), la quale venne successivamente ereditata dal giudice Giovanni Falcone. A seguito dell’introduzione di tale nuova tecnica investigativa la mafia non rappresentava solo un potere militare ma anche un potere economico in grado di fare investimenti, vincere gare d’appalto e interfacciarsi con i mercati finanziari.
In particolare, la dimensione economica della criminalità organizzata, nota sin dagli albori dell’“anti-mafia”, oltre a ricomprendere le attività svolte dalla stessa nell’ambito dei mercati illegali (droga, prostituzione, contrabbando…), considera altresì l’infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali nel tessuto economico legale, la quale genera, tra gli altri, effetti macroeconomici negativi sulla libertà di concorrenza e sullo sviluppo delle imprese(1).
L’infiltrazione criminale nell’economia legale può avvenire in presenza di un “impresa collusa” o di un “imprese vittima”.
Dal punto di vista giurisprudenziale, l’”imprenditore colluso” è colui che è entrato in rapporto sinallagmatico con la cosca tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti; mentre l’”imprenditore vittima” è colui che soggiogato dall’intimidazione non tenta di venire a patti col sodalizio, ma cede all’imposizione e subisce il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire un’intesa volta a limitare tale danno(2).
Qualche settimana fa, nell’ultima Relazione Semestrale (luglio – dicembre 2020) della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) è stata evidenziata una “metamorfosi evolutiva della criminalità organizzata volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale”(3).
Più dettagliatamente, la DIA ha rilevato una spiccata vocazione imprenditoriale da parte della criminalità organizzata favorita dalle ingenti risorse economiche di cui dispone e derivanti da attività illecite sempre più diversificate.
Con riguardo alle Segnalazioni di Operazioni Sospette (s.o.s.), nella relazione in parola, si evidenziava che tra il 2019 e il 2020, nonostante la stagnazione economica derivante dall’emergenza pandemica, le stesse hanno registrato un incremento passando da nr. 106.318 del 2019 a nr. 113.624 del 2020.Tale aspetto testimonierebbe la “vivacità” economica delle organizzazioni criminali in un contesto economico, per molti, sfavorevole.
Alla stessa stregua, il numero delle comunicazioni antimafia interdittive è incrementato nel 2020, passando da nr. 625 nel 2019 a nr. 748 nel 2020. Al riguardo, si precisa che le regioni nelle quali sono stati emessi maggiori provvedimenti interdettivi, sono: i) Calabria (nr. 194); ii) Campania (nr. 100); iii) Sicilia (nr. 97); iv) Puglia (nr. 93); e v) Lombardia (nr. 64).
Come si evince dal contesto sopra delineato, la probabilità di “sedersi al tavolo” inconsapevolmente con dei criminali è decisamente elevata e in questo particolare periodo storico accentuata dal proseguimento del periodo emergenziale nonché dall’arrivo dei fondi “Next generation Eu” (c.d. “PNRR”), tali circostanze rappresentano un “perfect storm”, ossia una tempesta perfetta dalla quale la criminalità organizzata può trarre dei benefici mediante l’ingresso nell’economia legale.
Cosa possono fare le aziende per tutelarsi?
In ambito aziendale l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale va inquadrata come una minaccia esistente e che potrebbe pregiudicare – nel caso in cui si vengano a creare delle relazioni commerciali/finanziarie – i rapporti dell’azienda con gli stakeholders, poiché la stessa potrebbe subire da tali relazioni un danno reputazionale dal quale potrebbero derivare ripercussioni economiche di una certa rilevanza.
Alla luce di ciò i decisori aziendali dovrebbero incrementare il loro “scetticismo” verso controparti terze, sia in fase di on-boarding che di monitoring andando a verificarne il loro “background” e la loro genuinità.
Nel dettaglio, in entrambe le fasi, sia di on-boarding che di monitoring, risultano estremamente efficaci delle analisi reputazionali indipendenti, ossia attività d’indagine volte a identificare, tramite delle ricerche su “fonti aperte” (c.d. “OSINT”), eventuali red flag utili a comprendere l’affidabilità (o meno) della controparte terza.
In particolare, si tratta di un processo strutturato, che richiede innanzitutto la “messa a terra” di un modello efficace volto a ricercare, valutare e validare in modo corretto le informazioni ottenute.
Nell’ambito delle analisi reputazionali, volte a valutare l’infiltrazione (o meno) della criminalità organizzata in una controparte, assumono particolare rilevanza le informazioni inerenti la struttura societaria e quindi la sua trasparenza, nonché le informazioni di carattere reputazionale provenienti, a titolo esemplificativo, da database specializzati, rassegna stampa, siti istituzionali (Corte di Cassazione, TAR, autorità di vigilanza…).
In tale contesto, gli indicatori di carattere economico finanziario concorrono sicuramente alla valutazione complessiva della controparte, seppur molto spesso vengano artatamente alterati da parte del management della società infiltrata.
A tal riguardo, secondo uno studio pubblicato dalla American Accounting Association(4), le aziende infiltrate dalla criminalità organizzata presentano una redditività molto bassa – nonostante un livello di fatturato apprezzabile e costi del personale contenuti – determinata da elevati costi operativi dovuti presumibilmente a fatturazioni “gonfiate” finalizzate a depauperare il patrimonio aziendale.
Invece, dal punto di vista patrimoniale, si osserva che le imprese infiltrate da organizzazioni criminali incorrono, tendenzialmente, più di frequente all’indebitamento bancario e mostrano livelli di liquidità contenuti.
Per completezza d’informativa, si segnala che, al fine di prevenire fenomeni distorsivi o errori, il decisore aziendale deve effettuare una lettura organica degli indicatori sopraesposti e adottare delle corrette ponderazioni, nonché effettuare degli aggiornamenti periodici delle analisi reputazionali effettuate finalizzato ad intercettare eventuali aggiornamenti di carattere societario, reputazionale ed economico/finanziario.
In aggiunta, oltre ad una attività formativa specifica e costante, un ulteriore attività che può essere attuata dal management in fase di monitoraggio e al fine di identificare eventuali situazioni anomale, è sicuramente quella di verificare il corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali, sia di carattere operativo, che di carattere formale.
A titolo esemplificativo, un numero elevato di “non conformità”, la mancata presentazione di documenti attestanti la regolarità contributiva e/o fiscale, l’interazione con soggetti che si presentano come titolari/procuratori dell’azienda ma senza alcuna delega/procura, frequente ricorso a ditte sub-appaltatrici, potrebbero rappresentare degli indicatori di anomalia.
Conclusioni
Quanto sin qui rappresentato, ha come obiettivo quello di sensibilizzare il lettore al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale e fornire taluni strumenti “semplici” ed efficaci per affrontare quotidianamente questa annosa problematica.
A conclusione della disamina sin qui effettuata riporto le parole del Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, il quale ha rilevato che: “la modernizzazione delle mafie si completa nel reinvestire capitali in soggetti economici deboli; in quei soggetti che non trovano più un accesso al credito bancario per la crisi. Le mafie non hanno bisogno di firmare atti, non hanno bisogno di documenti; al contrario occultano comportamenti illeciti con lo schermo di soggetti solo apparentemente sani, entrano così nel mercato dell’economia legale. Questo è veramente preoccupante. A tutto questo si risponde con le segnalazioni dal territorio, dalle stesse associazioni di categoria, con la segnalazione delle transazioni sospette”.
Pertanto, in tale contesto il ruolo del Cittadino e dell’Imprenditore responsabile assume sempre di più importanza e quindi dotare le aziende degli adeguati strumenti di presidio non solo le tutela da rischi di carattere legale/reputazionale, ma al contempo contribuisce alla diffusione della legalità e al benessere della Società.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) A. Balsamo; “Il contrasto internazionale alla dimensione economica della criminalità organizzata: dall’impegno di Gaetano Costa alla “Risoluzione Falcone” delle Nazioni Unite”; Progetto Giustizia Penale; 2020.
(2) Sezioni Unite, Sentenza n. 33748 del 12 luglio 2005, dep. 20 settembre 2005, Mannino, Rv. 231670-231673.
(3) Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento (luglio – dicembre 2020)
(4) P.A. Bianchi, A. Marra, D. Masciandro N. Pecchiari; “Organized Crime and Firms’ Financial Statements: Evidence from Criminal Investigations in Italy”; American Accounting Association; 2021