di Michelangelo RACCIO
Tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile, declinati nella UN 2030 Agenda for Sustainable Development, trova spazio anche la lotta alla corruzione, ad indicare l’impossibilità per qualsivoglia modello di sviluppo di potersi esplicare in condizioni di distorsione dei principi etici, finanziari ed economici che il fenomeno corruttivo comporta(1).
Le cifre sono impressionanti, due soli esempi bastano ad identificare la gravità del fenomeno:
- in un solo anno, in tutto il mondo, 1,26 mila miliardi di dollari vengono sottratti allo sviluppo ed alla crescita economica dei Paesi in via di sviluppo, si tratta di oltre il 3% del PIL mondiale;
- un peggioramento di un punto percentuale dell’indice di percezione della corruzione (CPI), comporta un decadimento della capacità produttiva di quel Paese di 4 punti percentuali(2)(3).
La corruzione non ha confini, è un peso che frena lo sviluppo economico e impoverisce i Paesi sotto ogni aspetto: ambientale, culturale, morale ed economico. Essa si annida nelle carriere politiche e burocratiche. Alcuni contesti, soprattutto nei Paesi del sud del Mondo, sono completamente nel suo arbitrio in quanto generalizzata, pervasiva, silenziosa ed accettata, spesso, come pratica consueta ed abitudinaria; questa sua caratteristica endemica e poliforme, la rende difficile da contrastare ed estirpare. Commette, altresì, un imperdonabile errore chi cerca di relegare il fenomeno ad un semplice fatto contabile, ossia solo sotto la luce economico-finanziaria; ne è un esempio illuminante la cosiddetta corruzione minore (pagamento di piccole cifre, non dovute, per accelerare una pratica amministrativa) che svilisce il senso dello Stato come servizio al cittadino e come strumento di protezione dello stesso dai soprusi e dagli abusi.
La corruzione,
- delegittima le Istituzioni nel loro complesso, rendendo opaco, irresponsabile ed imprudente il loro operato;
- impoverisce la classe politica nella sua interezza, affermando e legittimando meccanismi di premialità e scelta nelle carriere, fondati sul “patto scellerato” corrotto-corruttore.
Ne risente l’intero “Sistema Paese”.
La corruzione, infatti, è elemento di annichilimento della stessa democrazia; è sviamento delle regole che uno Stato democraticamente si dovrebbe dare; è strumento fiancheggiatore della sopravvivenza e della floridezza delle ecomafie e del riciclaggio di denaro.
La corruzione distrugge il passato, avvelena il presente e ruba la speranza di futuro dei Popoli.
Per questi motivi il fenomeno deve essere contrastato con tutti gli strumenti che si hanno a disposizione. Devono essere contrastate le procedure e gli attori che ne sono coinvolti:
- i corruttori ed i corrotti, che alimentano il fenomeno e ne traggono vantaggio;
- i facilitatori, che rendono permeabile il sistema all’attecchimento;
- i faccendieri, che tirano le fila;
- gli indifferenti, che ritengono che il voltarsi da un’altra parte basti per avere la coscienza pulita;
- infine, ma non per ultima, l’intera società, quando ritiene che la pratica corruttiva sia un fenomeno biasimevole ma ineluttabile.
L’ampiezza dello spazio di intervento non deve essere solo a carattere locale ma deve avere respiro internazionale con il coinvolgimento attivo di tutti gli organismi in seno ai quali può essere impiantato il processo di governance globale; è noto infatti che la corruzione è facilitata dalle differenti strutturazioni degli ordinamenti dei singoli Stati, le lacune giuridiche fungono, infatti, sotto questo aspetto, da terreno di coltura per la consumazione dei reati. Attualmente i rapporti internazionali tra gli Stati risentono di una sempre più spinta interdipendenza, specificamente sulle materie economico-sociali a cui, però, funge da contraltare una frammentazione regolamentativa per la gestione delle stesse.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite, per il suo essere una organizzazione intergovernativa a carattere internazionale, in considerazione dei principi contenuti nel suo Statuto, può costituire senza dubbio la sede più opportuna per la costruzione di una governance globale finalizzata al contrasto della corruzione. La realizzazione di una specifica Convenzione contro la Corruzione (UNCAC)(4), poi, ha definitivamente corroborato questo ruolo. La Convenzione contro la corruzione rappresenta in maniera evidente lo sforzo posto in campo dalla comunità internazionale nella lotta alla corruzione, che deve essere vista nell’accezione più aderente alla realtà, ossia come fenomeno di carattere transnazionale contrastabile solo con l’implementazione di strategie e regole comuni, veicolate attraverso un impianto ordinamentale e una serie di buone pratiche condivise e adottate da tutti(5).
Questi strumenti devono essere coordinati e concettualizzati per interventi di carattere sia preventivo che repressivo, in una accezione di complementarietà e non di alternativa tra i due momenti spazio-temporali. Sotto questo aspetto, i trattati, ad esempio, hanno evidenziato, prioritariamente, la necessità di coordinamento delle procedure di controllo, tra i vari organi internazionali che si occupano della materia di contrasto alla corruzione, al fine di amalgamare gli sforzi e migliorare i risultati attesi evitando il rischio, sempre presente, di una ipertrofia legislativa spesso concorrente se non addirittura confliggente(6).
Un valido ed efficace viatico per l’adozione degli strumenti di intervento che vanno ad incidere fermamente sul contrasto ai fenomeni corruttivi è rappresentato dalla diplomazia giuridica, che oltre a promuovere e tutelare l’immagine e la reputazione di un Paese, rappresenta un complesso di azioni orientate alla lotta del fenomeno corruttivo, sia all’interno del Paese stesso che all’esterno di esso(7). Essa può agire, sia nelle sedi bilaterali che nelle sedi multilaterali, con specifica e calibrata intensità di condotta, per favorire lo sviluppo e il confronto, attraverso azioni di benchmark, sugli strumenti adottabili; può mettere in comunicazione ed agevolare la collaborazione tra diversi ordinamenti rendendoli capaci di assemblare e testare nuovi strumenti di azione, nuovi standard operativi armonizzati, nella reciproca assistenza per la prevenzione e il contrasto alla corruzione.
La diplomazia giuridica, infatti, permette di veicolare, condividere ed esportare norme, istituti giuridici, modelli organizzativi e sistemi di valori, attraverso l’individuazione e lo studio delle migliori pratiche che caratterizzano una determinata e specifica realtà(8). Essa può rappresentare, nei fori internazionali dove opera, lo strumento principale per supportare sistemi economici orientati allo sviluppo sostenibile e responsabile, nell’ alveo degli andamenti volti alla cultura della legalità e della leale concorrenza.
Intervento di Michelangelo RACCIO, Professore incaricato Università della Campania Luigi Vanvitelli – Esperto di Compliance & Risk Management
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) L’Agenda globale 2030 comprende 17 Obiettivi e 169 traguardi. Gli obiettivi, derivano dal bilanciamento delle tre dimensioni base dello sviluppo sostenibile: dimensione economica, dimensioni sociale, dimensione ambiente. Gli Obiettivi inerenti lo sviluppo sostenibile (SGDs) declinano operativamente 5 macro aree di intervento; le 5 P: Persone, in termini di uguaglianza, contrasto alla povertà e alla fame nel mondo; prosperità, in termini di garanzia per tutti di una vita migliore e produttiva; pace, ossia lotta ai conflitti in atto e promozione di società senza barriere ed inclusive; partnership, creare solide alleanze tra i Popoli per il raggiungimento degli obiettivi dell’agenda; pianeta, rendere fruibili, parimenti per le generazioni future, le risorse naturali.
(2) Lambsdorff, 2003
(3) L’indice di percezione della corruzione (CPI – Corruption Perceptions Index) è una lista comparativa della corruzione percepita in tutto il mondo; è lo strumento concepito ed utilizzato da Trasparency International per misurare il fenomeno corruttivo.
(4) UNCAC, United Nations Convention Against Corruption, è stata adottata dall’Assemblea Generale dell’ ONU a Merida il 31 ottobre 2003, con la risoluzione 38/4 ed è entrata in vigore il 14 dicembre 2005. e, ad oggi, sono 183 i Paesi aderenti, tra di essi l’Italia, che ha ratificato la convenzione nell’anno 2009 con la legge 116. La Convenzione criminalizza la corruzione attiva e passiva di pubblici ufficiali; la corruzione attiva di pubblici ufficiali stranieri e di organizzazioni internazionali; la diversione di fondi pubblici; il riciclaggio dei proventi; l’intralcio alla giustizia nei casi di corruzione; richiede agli Stati contraenti di considerare l’introduzione negli ordinamenti dei reati di traffico di influenze, corruzione nel settore privato, illecito arricchimento e abuso di ufficio. La convenzione prevede una valutazione tra pari sulle attività anticorruzione poste in campo dagli Stati aderenti. L’Italia nel 2019 ha ricevuto il secondo ciclo di valutazione con esito molto soddisfacente, vedendo riconosciuto l’impegno e i progressi effettuati per quanto concerne l’impianto ordinamentale di contrasto alla corruzione, e l’adozione di alcune best practice, che in un’ottica di diplomazia giuridica, possono essere oggetto di discussione nell’ambito della trattazione dei temi inerenti la cooperazione multilaterale nella lotta al fenomeno corruttivo.
(5) Neil Boister, Robert J. Currie, 2014
(6) ONU, Resolutions (7/4 Enhancing synergies between relevant multilateral organizations responsible for review mechanisms in the field of anti-corruption) adopted by the Conference of the States Parties to the United Nations Convention against Corruption, Vienna 2017.
(7) La diplomazia giuridica nasce, in Italia, nell’alveo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI); i principali fori in cui opera sono: G20 – ACWG (Anti-Corruption Working Group; cura l’aggiornamento e l’attuazione del Piano d‘Azione anticorruzione del G20 e ne riferisce ai Leaders; ha speciale responsabilità nel prevenire e contrastare la corruzione, nonché nello stabilire quadri giuridici e politici che promuovano un ambiente imprenditoriale trasparente e competitivo); OCSE – WGB (Working Group on Bribery; cura il monitoraggio dell’attuazione Convenzione; effettua uno studio analitico, con scambio di informazioni sui procedimenti per corruzione internazionale); UNCAC (United Nations Convention Against Corruption; cfr. nota 4).
(8) A. Durante Mangoni e G. Tartaglia Polcini, 2019