di Giuseppe DRAGO
di Antonio BARONE
L’Unione Bancaria Europea, con l’implementazione del suo primo pilastro (il Single Supervisory Mechanism, SSM) ha dato vita a un nuovo sistema ordinamentale e funzionale, così rivitalizzando il percorso d’integrazione amministrativa europea.
Il progetto di accentrare le funzioni di vigilanza bancaria a livello europeo era stato a lungo presente nelle agende europee, ma, come spesso accade, una vibrante accelerazione è stata impressa in seguito alla crisi finanziaria del 2008: è emersa con urgenza la necessità di una vigilanza più efficace sulle banche, atta ad affrontare i rischi crescenti di ricadute e di contagi transfrontalieri.
L’urgenza della crisi ha consentito di superare le perplessità inevitabilmente connesse alla perdita di sovranità nazionale da parte dei singoli Stati membri dell’Unione.
Infatti, la costituzione del SSM ha condotto:
- a una riduzione del perimetro di esercizio della funzione amministrativa di vigilanza bancaria (o supervisione) una volta attribuito alla Banca d’Italia,
- a beneficio di un soggetto sovranazionale, la Banca Centrale Europea, istituzione europea che esercita funzioni amministrative nel territorio dell’Unione.
Va subito chiarito che anche prima della nascita del SSM la BCE svolgeva talune funzioni amministrative riconducibili alle competenze di politica monetaria; del pari, a livello unionale oggi, comunitario prima, l’esercizio di talune attività amministrative era già stato attribuito ad altre istituzioni europee. Ciò che caratterizza tuttavia il radicamento in capo alla BCE della funzione di vigilanza bancaria è l’ampiezza del mandato, i penetranti poteri attribuiti, la complessità degli interessi nonché degli stakeholders coinvolti nella sua azione amministrativa.
Proprio la complessità sopra menzionata rende maggiormente stimolanti le sfide, nuove e rinnovate, che attendono l’esercizio della funzione di supervisione bancaria da parte della BCE: le brevi riflessioni di seguito condivise mirano a descrivere sommariamente i contorni di queste sfide e immaginarne il percorso di sviluppo prospettico.
La prima riflessione muove da un angolo visuale ampio, che travalica l’esercizio dell’azione di supervisione per sé, e ne considera gli effetti sui destinatari e in particolare le esigenze di tutela degli stessi. Ciò perché riteniamo che connaturato al tema dell’esercizio del potere ci sia quello del suo bilanciamento, temperamento, assicurabile da un sistema efficace di contrappesi e tutele dei soggetti che possono essere incisi dall’esercizio dello stesso.
Il possibile rilievo del tema non è né meramente teorico né di limitata magnitudo; si pensi a titolo esemplificativo alla verifica dei requisiti di adeguatezza degli esponenti aziendali delle banche “significative” che si ripete ad ogni scadenza di consiliatura e a determinate condizioni anche più frequentemente. L’art. 26 del Testo Unico Bancario dispone che “i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche”, debbano essere “idonei” allo svolgimento dell’incarico e, a tal fine, debbano “possedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, soddisfare criteri di competenza e correttezza, dedicare il tempo necessario all’efficace espletamento dell’incarico”. Con l’istituzione del SSM il potere di verifica circa la sussistenza dei requisiti ricade oggi nell’alveo di competenze della BCE. Appare di assoluta evidenza che un eventuale provvedimento di diniego di idoneità di un candidato impatti prepotentemente su un suo diritto soggettivo, cioè su una situazione giuridica piena, garantita anche a livello costituzionale (art. 18 della Costituzione, libertà di prendere parte a formazioni sociali; art. 41 libertà di iniziativa economica). Ne consegue l’esigenza che siano apprestate forme di tutela adeguate alla pienezza del diritto, ove inciso da un non corretto esercizio del potere (i.e. illegittima dichiarazione di idoneità del candidato da parte della BCE).
Nell’ordinamento italiano le garanzie procedimentali sono contenute, a livello generale, nella Legge 241 del 1990[1]: la BCE non è soggetta alle norme nazionali, quindi alla Legge 241, bensì esclusivamente al diritto unionale, in forza del quale sono previste specifiche garanzie procedimentali per l’adozione di decisioni di vigilanza, quali il diritto di essere sentiti, il diritto di accesso, l’obbligo di motivazione (art. 22 Reg. UE 1024/2013 e artt. 31,32,32 del Regolamento 468/2014 della Banca centrale europea). Da una analisi comparativistica cursoria tra le norme unionali appena evidenziate e l’apparato di garanzie procedimentali di cui alla L. 241[2], si può agevolmente constatare che le garanzie procedimentali ordinamentali italiane appaiono più ampie, dettagliate, “mature”, beneficate da una maturazione trentennale sviluppata anche grazie all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale[3].
Concluso il procedimento di vigilanza le garanzie di tutela dei destinatari dello stesso si spostano dall’ambito procedimentale a quello giurisdizionale; il Giudice degli atti delle Istituzioni unionali, BCE compresa, è (solo) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE)[4]. Le esigenze di tutela giudiziale che sorgono nei confronti dell’esercizio dei poteri della BCE (si pensi anche all’adozione di sanzioni o al diniego di una autorizzazione di vigilanza) non sono dissimili da quelle che possono essere avanzate nei confronti di un provvedimento afflittivo o autoritativo adottato da una pubblica amministrazione nazionale (per es. la Banca d’Italia). Occorre però chiedersi se a fronte di analoghe esigenze di tutela e analoghe situazioni giuridiche protette, vantate dai destinatari di un provvedimento di vigilanza, il Giudice europeo sia dotato di analoghi poteri di sindacato rispetto al Giudice nazionale italiano. È l’art. 263 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) che definisce le coordinate del potere di sindacato della CGUE e assume le sembianze di un potere eminentemente e predominantemente annullatorio. In ciò non dissimile dall’ archetipo regolatorio del potere del Giudice amministrativo italiano (non a caso entrambi ispirati dall’elaborazione normativa francese); tuttavia nonostante le comuni origini, allo stato attuale il sindacato del Giudice amministrativo italiano appare più sofisticato e articolato rispetto a quello offerto dalla CGUE, per:
- ampiezza di azioni proponibili,
- intensità del sindacato (non solo estrinseco ma in alcuni casi anche intrinseco),
- soggetti legittimati ad agire,
- strumenti processuali a disposizione (compresa la consulenza tecnica d’ufficio non prevista per la Corte di Giustizia)[5].
Tanto premesso non pare insensato ritenere che al consolidarsi e al ripetersi dell’esercizio della funzione di vigilanza anche tramite l’adozione di atti afflittivi seguirà una analoga spinta all’elaborazione regolamentare e giurisprudenziale di più completi “diritti procedimentali” dei soggetti frontistanti l’esercizio del potere nonché di un sindacato del Giudice europeo pienamente adeguato a fornire tutela.
Tuttavia la guisa finale dell’apparato di tutela dei destinatari dell’azione di vigilanza della BCE probabilmente non sarà simile a nessuno di quelli presenti attualmente presso gli Stati membri (compreso quello italiano) per più ragioni:
- innanzitutto perché dovrà confrontarsi con i sistemi normativi radicalmente differenti che attraversano il territorio unionale, quindi dovendo fornire “risposte” diverse si presenterà come un ibrido, come un collettore di azioni di tutela esperibili presso diversi sistemi normativi;
- in secondo luogo perché il mercato evolve e quindi l’azione di vigilanza conoscerà interlocutori/destinatari diversi da quelli attuali: del pari la regolamentazione procedimentale e la giurisprudenza europea si svilupperanno a loro volta a immagine dell’azione di vigilanza della BCE, recidendo via via i cordoni di collegamento con gli apparati di tutela degli Stati membri che hanno perso la funzione di supervisione e quindi il presupposto per l’elaborazione di tutele procedimentali e giurisprudenziali “al passo” con il mercato.
Un secondo ordine di considerazioni punta al cuore, al punto focale dell’azione di supervisione, e cioè pertiene all’efficacia della stessa, vale a dire la capacità di raggiungere gli obiettivi che si pone, entro l’orizzonte di azione concessole, demarcato, inter alia:
- dalla necessità di rispettare alcuni principi guida, quale il principio di proporzionalità, l’obbligo di impiegare le migliori prassi di mercato, la coerenza con il mercato unico, l’indipendenza e la responsabilità della BCE, il risk based approach[6];
- dalla struttura articolata del Meccanismo di Vigilanza Unico che poggia sulla collaborazione tra BCE e Autorità di vigilanza nazionali;
- dalle specificità nazionali, non solo normative ma anche socio-culturali, politiche, fiscali.
In forza dell’art. 1 Reg 1024/2013, la BCE svolge “…compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro…”.
Quindi, l’azione di supervisione ha come obiettivi la contribuzione alla sicurezza e solidità delle banche nonché la stabilità dell’intero sistema finanziario. Ma come raggiungere tali obiettivi tenuto conto del rischio elevato che eventi futuri (es. crisi finanziarie e non, es. Covid) impattino negativamente sui mercati e sui singoli istituti di credito? Il tema del rischio di eventi futuri dannosi non riguarda solo il settore finanziario, ma impegna diversi campi della vita sociale (salute e sicurezza pubblica, ambiente, ecc), ed è sempre accompagnato dalla consapevolezza dell’incertezza, dell’impossibilità di prevedere gli eventi. Nonostante l’utilità calcoli probabilistici esiste ed esisterà sempre un margine più o meno elevato di incertezza: ogni modello previsionale valuta il rischio guardando a cosa è successo nel passato[7] che non necessariamente si ripeterà nel futuro, quindi il modello risulterà intrinsecamente e strutturalmente inadeguato se ci si aspetta che possa prevedere un evento futuro in modo infallibile. Fa i conti con l’incertezza anche l’esercizio dell’azione di supervisione: però occorre chiarire che per perseguire I suoi obiettivi la BCE:
- non deve evitare i fallimenti bancari, bensì
- ridurne (solo) la probabilità e
- l’impatto degli stessi sul mercato[8].
Per evitare un fallimento bisognerebbe prevederlo e la previsione di un evento imprevedibile e con effetti deflagranti, quindi di un cigno nero, non è nella disponibilità dell’uomo[9]. Di fronte all’impossibilità di prevedere con certezza eventi di danno, la tentazione del regolatore e, a valle della regolazione, dell’applicazione della stessa sotto forma di azione di vigilanza, è quella di irrigidire le maglie normative e amministrative fino al punto di rendere improbabile se non quasi impossibile il verificarsi di eventi di mercato dannosi, specie subito dopo una crisi di vaste proporzioni. Tuttavia, applicando parossisticamente il principio esposto, il supervisore per azzerare (rectius minimizzare) il rischio di crisi finanziarie dovrebbe impedire alle banche di assumere rischi, il che evidentemente condurrebbe al paradosso di soffocare l’operatività delle stesse, che si caratterizza per l’assunzione di rischi, e quindi al fallimento delle banche. Per contro un allentamento dei controlli sui mercati potrebbe favorire condotte volte a massimizzare i profitti senza tenere nella dovuta considerazione la prudenza e la sana gestione dell’operatività.
Di fronte all’incapacità della scienza di prevedere l’avveramento di crisi finanziarie, nonché ai “rischi” sottesi a una eccessiva deregolamentazione vs eccessiva regolamentazione, il “diritto del rischio”[10] ha provato a fornire un principio guida che è il principio di precauzione[11] finanziaria, cui l’azione di supervisione potrebbe ispirarsi sempre di più. Il potere del supervisore di intervenire nel regolare il mercato bancario, dovrebbe intensificarsi laddove emerga la probabilità che le condotte degli operatori finanziari possano innescare eventi ritenuti critici[12] oltre una certa soglia di tollerabilità, la cui valutazione è rimessa al sindacato tecnico-discrezionale del supervisore, entro limiti certi, positivizzati dal legislatore.
L’ultima sfida cui vorremmo accennare proietta la vigilanza nel futuro, benché la questione risulti antica: vale a dire il rapporto tra uomo e macchina, benefici e rischi dell’automazione. La trama del tema prende le mosse da lontano, dall’atto mitologico di generosità Prometeo che ruba il fuoco e la tecnica agli dèi per donarla agli uomini, così gettando le basi per il progresso tecnologico dell’umanità: da li in poi le macchine si sono evolute da meri strumenti di ausilio fisico a res cogitans innescando un dibattito che involge il campo etico, filosofico, sociale[13]. L’odierna riflessione si riannoda certo al dibattito generale ma intende focalizzarsi sul rapporto tra l’intelligenza artificiale e supervisione bancaria. È accettabile che nell’età della tecnica[14] l’esercizio di funzioni amministrative, entro cui la supervisione si inscrive, possa essere delegato a meccanismi intelligenza artificiale, ad algoritmi, che prescindono dall’intervento dell’uomo?
In questa sede mette conto di evidenziare che a fronte degli indubbi vantaggi che discendono dall’utilizzo dell’informatica nell’esercizio dell’azione di supervisione (inter alia trattamento di big data) il dibattito degli studiosi dovrebbe anche focalizzarsi sui rischi, limiti, possibili errori sottesi all’utilizzo di nuove tecnologie. Infatti:
- non tutto è ”misurabile” e calcolabile da un algoritmo,
- anche le decisioni assunte sulla base di algoritmi possono essere biased (backword looking)
- e, in ogni caso non sarebbe facile tracciare, per esigenze di trasparenza, il “ragionamento informatico” che ha condotto a una determinata decisione di vigilanza (giungendo cosi a una diminuita tutela dei destinatari della stessa).
- Infine la “macchina” non può ancora sostituire il potere di iniziativa amministrativa che rimane nelle mani dell’uomo.
Se l’umanità ambisce a rimanere centrale nel futuro degli uomini, sembra irrinunciabile garantire una quota o “riserva di umanità”[15] all’interno dei processi decisionali, giustificata dalla consapevolezza che una decisione “giusta” dovrebbe prendere atto della diversità degli individui[16] e lasciarsi permeare dalle prerogative (intuizione, sillogismo abduttivo, autocoscienza) e valori (tutela della persona, dignità, tolleranza, empatia, solidarietà, ecc) che contraddistinguono l’umanità, difficilmente replicabili da un “disinteressato”[17] algoritmo.
La potenza delle nuove tecnologie rischia di abbagliare, diventare finalità essa stessa cui tendere: occorre invece mantenere la consapevolezza che è solo il mezzo per raggiungere una finalità[18]; secondo il mito, Prometeo è stato punito per la sua hybris, sta a noi evitare oggi di incorrere in nuove fonti hybris.
Intervento di:
Giuseppe DRAGO, Manager della BCE-Banca Centrale Europea e JST Coordinator di due Gruppi bancari europei
Antonio BARONE, Professore Ordinario di Diritto Amministrativo all’Università di Catania
Le opinioni sono espresse dagli autori, Giuseppe DRAGO e Antonio BARONE, a titolo personale e non impegnano l’Istituzione di appartenenza.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
[1] Per esigenze di completezza va ricordato che specifiche forme di tutela relative ai procedimenti di vigilanza bancaria sono previste dalle Disposizioni della Banca d’Italia che tuttavia operano non in contrasto e secondo I principi della citata L. 241/90.
[2] È opportuno chiarire che non è possibile, ne’si intende farlo, sovrapporre perfettamente le categorie giuridiche italiane con quelle unionali; è di tutta evidenza che sussistono profonde differenze. Gli stessi concetti di provvedimento, procedimento, per esempio, abbracciono ambiti diversi nel diritto italiano e in quello unionale. Tuttavia pur scontato un necessario margine di errore dovuto alle differenze sussistenti, partendo dalla prospettiva delle situtazioni giuridiche del destinatario delle decisioni di vigilanza, ci pare si possa creare una terreno di confronto sufficientemente omogeneo.
[3] Cfr. funditus, Ferroni-Lo Schiavo-Dagostino, “Il procedimento amministrativo di supervisione bancaria e le principali procedure di vigilanza della Bce ” e Cavallaro M.C., “Le funzioni di vigilanza della Bce e i principi generali della legge n. 241/1990” in Barone -Drago, “La funzione di vigilanza della Banca Centrale Europea”, Luiss, 2023.
[4] L’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) conferisce ai giudici dell’Unione una competenza esclusiva per quanto riguarda il controllo di legittimità sugli atti adottati da un’istituzione dell’Unione, qual è la BCE.
[5] Cfr. funditus Perfetti-Gallone-Orofino, “ Profili di raffronto tra la giurisdizione italiana ed europea” in Barone-Drago, La funzione di vigilanza della Banca Centrale Europea, Luiss, 2023.
[6] Cfr. Guida alla vigilanza bancaria, BCE
[7] “A forward looking assessment of risks is needed but we are, at the same time, facing a forecast paradox. Whilst assessing future trends has become more important, existing models do not capture there new trends particularly well. Models typically assess risks in a backward-looking way”. Buch C., Rethinking the prudential regulation of banks, BIS-Banca dei Regolamenti Internazionali, 2023
[8] Cfr. Principi fondamentali per un’efficace azione di vigilanza, Comitato di Basilea, par. 16, pag. 5, BIS-Banca dei Regolamenti Internazionali
[9] Taleb N.N., Il cigno nero, Il Saggiatore, 2023
[10] Barone A., “Il diritto del rischio” in Diritto degli enti locali e delle regioni n. 2, 2006.
[11] Il principio di precauzione, di derivazione unionale, ha trovato applicazione soprattutto in campo di tutela ambientale. Sul principio di precauzione cfr. Marino I. M., Aspetti propedeutici del principio giuridico di precauzione in www.giustamm.it 2011.
[12] Passalacqua M., Possibile ricostruzione di un’amministrazione di rischio nei mercati finanziari”, in Report Annuale – Marzo 2013 in www.ius-publicum.com.
[13] Il rapporto tra uomo e macchina è da sempre oggetto di interesse di grandi pensatori di diverse epoche, basti citare in questa sede fra i tanti: a partire da Eschilo, nella tragedia Προμηθεὺς δεσμώτης (Prometeo incatenato), Platone che narra il mito di Prometeo nel Protagora, Cartesio nel Discorso sul metodo, Marx ne Il capitale. Contemporanea la riflessione su questo tema da parte di Yuval Noah Harari in Sapiens Da animali a dèi, Bompiani, 2021.
[14] L’espressione è tratta da Galimberti U., Psiche e techne, Feltrinelli, 2016.
[15] Gallone G., Riserva di umanità e funzioni amministrative, Giustizia Amministrativa, 2023
[16] Rawls J., Una teoria della giustizia, Feltrinelli, 2017. Il fiolosofo rifiuta il concetto di giustizia propugnato dalle dottrine utilitaristiche (maggiore benessere per il maggior numero di individui), prediligendo un’idea di giustizia redistributiva attenta anche alla condizione dei piu deboli.
[17] Il termine disinteressato viene adoperato in questa sede come sinonimo di disumano, ovvero non conforme ai valori di humanitas che Terenzio, nell’ Heautontimorùmenos, sintetizza con l’espressione nihil humanum alienum a me puto. In altri termini nessun uomo puo’(e deve) disinteressarsi di tutto cio’che riguarda gli altri uomini, pena la perdita della sua umanita’.
[18] Galimberti U., Psiche e techne, Feltrinelli, 2016.