Quest’estate rovente considerata dai meteorologi eccezionale per la persistenza delle temperature elevatissime, noi italiani la ricorderemo anche per l’eccezionalità verificatesi negli scenari istituzionali perché con DPR il 21 luglio 2022 n.96 e 97 sono state sciolte Senato e Camera dei Deputati e sono state convocate le elezioni politiche anticipate per il 25 settembre 2022. Quindi, noi cittadini agli albori di un fresco autunno saremo chiamati ad esprimere attraverso il voto elettorale, il nostro consenso per eleggere l’arco parlamentare, per la prima volta ridotto in seguito alla riforma costituzionale, che dovrà rappresentarci nella prossima legislatura e quindi di conseguenza avremo da qui a poco un nuovo Governo del paese.
L’attesa di una nuova legislatura per un tecnico del diritto è da un lato l’occasione precipua per una riflessione sulle normative che vigono con le quali si confronta tutti i giorni nello svolgimento della professione, e dall’altro l’auspicio che la nuova legislatura possa essere protagonista di riforme strutturali importanti che soddisfano la necessità di alcune modifiche normative finalizzate a migliorare l’applicabilità e il funzionamento pratico.
Mi riferisco in particolar modo ad alcune importanti normative compliance, come l’Anticorruzione, il Whistleblowing, il D.lgs 231/01 che assurgono da anni a pilastri sui quali ormai si basa la vita della Corporate Governance. Credo che nei Giuristi d’Impresa dediti anche alla gestione della compliance è ormai consolidata la consapevolezza che un’Impresa per viaggiare spedita sul binario della prevenzione del rischio d’impresa deve regnare sovrana l’applicazione corretta ed integrata della compliance.
Le normative compliance possono definirsi ambassador dell’etica e della garanzia della legalità aziendale perché mirano ad assicurare la prevenzione di un fatto patologico nella vita dell’impresa, difendono la reputazione del brand, portano un notevole effetto positivo con gli stakeholders, migliorano la competitività e quindi conseguentemente fungono da linfa vitale al successo del business.
Tale riflessione e considerazione alimenta, pertanto, la speranza di vedere attuate delle riforme legislative che permetterebbero una migliore applicazione delle normative sopra indicate.
1) La legge Anticorruzione 190/2012 di cui quest’anno ricorre il decennio, per esempio porrebbe l’esigenza giuridica di una necessaria riforma atta a migliorare gli strumenti di prevenzione. L’urgenza di una riforma della normativa anticorruzione è stata oltretutto, evidenziata proprio dal PNRR. Le riforme che si attendono dovrebbero andare sul terreno dell’impellente e urgente semplificazione e digitalizzazione della PA.
Ed inoltre, sulla regolamentazione precisa e specifica della disciplina dei conflitti di interesse. Lo stesso OCSE lo ha evidenziato tale necessita richiamando gli stati membri già nel 2017 emanando una seconda Raccomandazione sull’integrità pubblica, poi nel 2020 sempre con il Public Integrity Handbook secondo il quale il quadro legislativo e istituzionale dovrebbe abilitare le organizzazioni del settore pubblico sull’integrità.
2) Whistleblowing, in questo ultimo scorcio di legislatura lo scorso 2 agosto è stata approvata finalmente in via definitiva la legge di delegazione europea dalla Camera dei Deputati che il prossimo governo dovrà, quindi, attuare entro i prossimi tre mesi. La lettura dell’art. 2 della Direttiva indica l’estensione della previsione di segnalazioni in settori delicati e nevralgici per la lotta alla trasparenza come appalti pubblici, prevenzione del riciclaggio e finanziamento al terrorismo ed anche in materia di imposta di registro sulle società. Auspichiamo che il nuovo Governo attui nei termini previsti perché l’Italia avrebbe dovuto farlo già lo scorso mese di dicembre 2021.
3) Il D.Lgs 231/01, dalla sua emanazione ad oggi ha avuto varie integrazioni. Però sarebbe opportuno la rivisitazione normativa strutturale che nel corso dei decenni ancora non è stata mai licenziata da una legislatura.
Una riforma strutturale che dovrebbe valutare l’ipotesi di passaggio all’obbligatorietà e ipotesi di porre una maggiore garanzia di indipendenza assoluta dell’Organo di Vigilanza disciplinando in modo più specifico e meno relativo i conflitti d’interesse. Affinché vi sia un’efficienza e efficacia dell’applicabilità della normativa 231, che anche se posta dalla ratio legis originaria su base volontaria in capo alla corporate governance, nei risvolti pratici abbiamo avuto modo di verificare in questi anni attraverso la giurisprudenza della Corte di cassazione che è sempre opportuno che le aziende la pongono.
Allora sorge la valutazione a questo punto, se sia il caso che un’eventuale riforma possa prevedere il passaggio dalla volontarietà all’obbligatorietà dell’applicabilità della 231 e conseguentemente intervenire sulla maggiore indipendenza dell’ODV. La valutazione quindi della necessità di un organo esterno con il quale ODV si dovrebbe interfacciare, questo comporterebbe una maggiore prova di garanzia sulla reale funzione di controllo dell’applicabilità della normativa. Se intervenisse una riforma legislativa al fine di creare una maggiore indipendenza e interfaccia esterna con l’ODV, l’azienda ne avrebbe un sicuro giovamento nel caso d’ipotesi patologica di commissione del reato di soggetti apicali di azienda, in caso in cui l’azienda si dovrebbe trovare in un ipotesi di indagini ai sensi della 231.
La previsione normativa di un controllo e interfaccia esterno dell’ODV, conferirebbe all’Impresa più agevole la prova della garanzia assoluta di neutralità nell’aver posto in essere quanto necessario per la prevenzione del rischio. Dovrebbe essere, pertanto, previsto in Italia ex lege un Organismo Garante autonomo e amministrativo per la normativa 231. Un organo con il quale l’ODV si interfaccerebbe, al quale potrebbe chiedere i necessari pareri. Ad oggi, infatti, l’ODV non ha un organo esterno d’indirizzo amministrativo al quale chiedere pareri circa la gestione che deve porre. Nella ratio legis di tale tipo di riforma dovrebbe essere in nuce, quindi, quello di tutelare maggiormente la prova della prevenzione del rischio dell’impresa.
Dopo tutto la riflessione sulla compliance aziendale ci indica che esistono altri Organismi esterni a controllo e a vigilanza per altre normative, mi riferisco alla normativa Privacy per la quale è stata prevista l’Autorità Garante per la Privacy, la normativa Anticorruzione per la quale è stata prevista l’ANAC, la normativa Antitrust per la quale si ha AGCOM. Significa che è stata ritenuta importante dal legislatore per alcune normative compliance una necessità di vigilanza esterna. Pertanto, conseguentemente sarebbe declinabile e plausibile anche per il D.lgs 231/01, dal momento che tale legislazione viene considerata la madre di tutte le normative compliance per la garanzia dell’etica e legalità al fine della tutela del rischio di impresa. Una costituzione di un organismo esterno garante e autonomo in tal guisa farebbe vivere di luce propria i codici etici, i MOG, in quanto gioco forza diverrebbero maggiormente documentazione vitale e bussola per garantire la prova della conformità di un’impresa.
Concludo questa mia brevissima riflessione riprendendo le nuove Linee Guida di Confindustria pubblicate nel giugno 2021 per la 231.
Ricordiamo che tali linee hanno posto in evidenza la necessità per le aziende di preferire un modello compliance integrata per la gestione del rischio, individuandone espressamente la necessità per le aziende di una condivisione di tutte le informazioni attraverso un risk assessment congiunto in vari settori, consigliando un metodo di verifica periodica dei programmi compliance atto ad un maggiore coordinamento fra tutte le figure professionali che riguardano la compliance con le figure apicali d’impresa, quindi per normale conseguenza ne scaturisce la necessità pratica di una figura d’interfaccia tra i settori compliance e l’Ad ed i Comitati. Le linee guida hanno puntato l’accento per esempio fortemente sulla peculiarità di un aspetto integrato anche con la compliance fiscale.
Le indicazioni manifestate nelle linee guida de quibus, commentate in precedenza, e l’esperienza professionale di anni nella compliance e legal insieme mi fa ritenere opportuno auspicare fortemente che possa nella prossima legislatura vedersi un progetto di legge che preveda ex lege in capo ad un’impresa l’obbligo di dotarsi di un piano di gestione del rischio d’impresa la cui programmazione e approvazione dovrebbe essere dalla corporate governance annuale e nel quale dovrebbero confluire la condivisione di tutti i settori di gestione compliance, perché soltanto in questo modo la compliance produrrebbe realmente gli effetti desiderati ed inoltre la previsione normativa auspicata dovrebbe prevedere, in quanto è infuso nello stato dell’arte delle cose, che tra compliance integrata delle aziende del settore privato e la PA e contemporaneamente tra tutte le autorità di controllo dovrebbe essere previsto ex lege un dialogo, un interfaccia ed un coordinamento assoluto in tempi, modi e procedure che dovrebbe funzionare tra interno ed esterno come un orologio svizzero.
Una proposta di legge atta a regolarizzare la gestione compliance dentro le aziende in modo integrato e nel contempo all’esterno coordinato con la PA produrrebbe senza ombra di dubbio, un perfetto equilibrio sinergico ed un sistema efficiente e efficace tra privato e pubblico.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
Cfr. F. Scicolone (2021), “Nuove Linee Guida 231 di Confindustria: il trionfo della compliance integrata”; Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it
Cfr. F. Scicolone (2021), “D.Lgs 231/01 – Una scelta etica che conviene all’impresa”; Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it