La pericolosità presunta delle Persone Politicamente Esposte

La pericolosità presunta delle Persone Politicamente Esposte (PEP)

12 luglio 2024

di Carlotta ZOLA

Le modalità di identificazione delle Persone Politicamente Esposte appare ancora fortemente influenzata dal giudizio soggettivo degli enti obbligati, non trovando soluzione nelle elencazioni fornite dai legislatori.

La gestione del rischio di pericolosità presunta associato agli individui che detengono o potrebbero assumere tale status non è ancora supportata da adeguate misure di mitigazione che consentano agli intermediari bancari, finanziari, e agli altri soggetti obbligati, di presidiare adeguatamente una gamma di rischi potenziali.

Il presente contributo passa in rassegna la genesi della categoria delle Persone Politicamente Esposte, soffermandosi su alcune criticità e offrendo preziosi spunti di riflessione.

Sulla genesi della categoria

La definizione di Persone Politicamente Esposte (nel prosieguo anche “PPE” ovvero “PEP”) spesso è ricondotta alle Raccomandazioni emesse dal Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (anche noto come “GAFI” ovvero “FinancialAction Task Force – FATF”).

A onore del vero, la sua genesi è rintracciabile all’interno del documento(1) sul dovere di diligenza delle banche pubblicato in occasione del Comitato di Basilea del 2001(2).

A conclusione dell’indagine condotta sull’attività bancaria transfrontaliera, il Comitato ha ritenuto di dover indirizzare le banche ad una revisione delle proprie politiche e dei controlli in essere relativi alle attività di adeguata verifica della clientela (anche note come attività di “Know Your Customer” ovvero “KYC”)(3).

L’attività di indagine, infatti, aveva messo in luce la poca diligenza delle banche nell’applicazione delle procedure di KYCtanto da affermarsi che questa rientrasse tra le principali cause delle perdite finanziarie sino ad allora subite, sia dirette che indirette. L’adozione di adeguate politiche di KYC assumeva così un ruolo fondamentale per una gestione del rischio bancario e dell’integrità del sistema nel suo insieme. Si riteneva che una eventuale inadeguatezza avrebbe esposto le istituzioni finanziarie a gravi rischi di reputazione, operativi e legali che avrebbero comportato ingenti oneri finanziari. 

Per queste ragioni, il documento ha introdotto rigorosi standard di diligenza riguardo alla clientela, raccomandandone l’adozione alle banche ed alle istituzioni finanziarie più in generale, in quanto parte integrante dei sistemi di gestione del rischio e di controllo interno. 

Parimenti ha introdotto una prima definizione di PEP, con ciò intendendosi le figure che occupavano o avevano occupato posizioni di elevata importanza nello Stato, come Presidenti, Primi Ministri, esponenti di rilievo della scena politica, alti ufficiali governativi, membri del potere giudiziario, comandanti militari di alto rango, dirigenti di enti statali e capi di partiti politici.  L’assunto di base era che, in ambienti con alto tasso di corruzione, esistesse il pericolo che tali individui potessero abusare della propria posizione istituzionale per conseguire benefici illeciti mediante atti di corruzione, peculato e attività illecite affini.

Forse non serve ancora dilungarsi sul contenuto del documento per coglierne sin da subito alcuni aspetti di rilievo. Lo stesso Comitato ammette di agire con una visione ben più ampia di quella tipica del GAFI/FAFT, diffondendo raccomandazioni che vanno ben oltre la semplice prevenzione del riciclaggio del denaro e che guardano alle attività di KYC come strumenti di prevenzione e tutela dei rischi tipici delle attività bancarie e finanziarie.  

L’attesa è stata breve prima che il GAFI intervenisse sulle proprie Raccomandazioni. In occasione del processo di revisione delle precedenti, con la Raccomandazione n. 6 del 2003 il GAFI ha ampliato a sua volta la definizione di PEP, arricchendo il proprio glossario con una descrizione più dettagliata. 

La allora nuova definizione richiamava quella già formulata dal Comitato di Basilea, soffermandosi sulla figura dei PEP stranieri(4) senza per questo esimersi dal raccomandare agli Stati di implementare i presidi anche nei confronti di quelli nazionali. A ciò si aggiungeva una nuova definizione dei “membri della famiglia e stretti collaboratori”(5). L’innovazione mirava ad una maggiore precisione, volta a delineare con maggiore chiarezza il legame tra le PEP e le entità o le persone potenzialmente coinvolte e influenzate dalla loro posizione di rilievo.

Contestualmente, oltre oceano si andava diffondendo un orientamento simile poi confluito nel primo trattato internazionale multilaterale, United Nations Convention Against Corruption, UNCAC adottato dalle Nazioni Unite che, ponendosi quale baluardo contro la corruzione (latu sensu), mirava a promuovere interventi di cooperazione internazionale.

Nel panorama normativo comunitario, ha fatto seguito l’Unione Europea che con le Direttive 2005/60/CE (anche nota come la “III Direttiva”) e 2006/70/CE(6), ha recepito la definizione contenuta nelle Raccomandazioni del GAFI e ha prescritto agli Stati membri di dotarsi di adeguate procedure risk based per determinare quando un cliente sia una persona politicamente esposta(7).

Senza alcuna pretesa di completezza ed esaustività, basti in questa sede ricordare che non sono mancate negli anni ulteriori modifiche e “aggiustamenti” ai testi sopra menzionati e che gli stessi – nell’ordinamento italiano – oggi sono contenute nel D. Lgs. 231/2007 (nel prosieguo anche il “Decreto AML”) che regola la materia antiriciclaggio. 

L’art. 1, co. 2, lett. dd)(8) ricomprende sotto l’etichetta PEP un dettagliato elenco di individui, in presenza dei quali per i destinatari sorgono una serie di obblighi, atti ad:

  1. analizzare l’origine dei fondi utilizzati e
  2. valutare la coerenza delle operazioni richieste con il relativo profilo economico-patrimoniale.

Tuttavia, le disposizioni primarie sembrano tacere rispetto alle modalità di individuazione ovvero alcuna disposizione suggerisce agli intermediari bancari e finanziari “come scoprire se ci si trova innanzi a una PEP o meno”. Salvo pochi casi di chiara notorietà, non sembrano esistere neanche elenchi pubblici da consultare al fine di classificare un cliente quale PEP, né appare particolarmente agevole l’individuazione della PEP per relazione.

In questa cornice, forse non stupisce il risultato delle ispezioni condotte dalla Banca d’Italia nel 2017 in materia di procedure e controlli attuati dagli intermediari bancari per dare attuazione agli obblighi di misure rafforzate sulle PEP

Pregevole può dirsi il provvedimento(9) che ne ha fatto seguito e che riassume alcune best practices onde indirizzare i soggetti obbligati alla individuazione, gestione e monitoraggio delle PEP.

Quali sono gli effetti in concreto?

Rimane dunque da chiedersi quali siano i risvolti in concreto e se (forse) siano auspicabili ulteriori interventi.

A riguardo, merita di essere menzionato l’art. 1, co.2, lett. dd), nn. 3, 3.1. nella parte in cui si legge che ritenersi PEP – in via estensiva – anche le persone fisiche che detengono, congiuntamente alla persona politicamente esposta, la titolarità effettiva di enti giuridici, trust e istituti giuridici affini ovvero che intrattengono con la persona politicamente esposta stretti rapporti d’affari. 

Senza per questo volersi soffermare sul concetto di titolarità effettiva, basti ricordare che lo stesso fa riferimento – in via principale – ai soggetti che detengono o controllano enti giuridici. Pertanto, ricordando la ratio legis sottesa alle misure rafforzate, non dovrebbero sfuggire alla comprensione del lettore i motivi per cui si rende necessario procedere ad adeguate misure che valutino – inter alia – l’origine dei fondi e l’immissione degli stessi nel patrimonio dell’ente giuridico. 

Nondimeno, diverso sembra essere nel caso in cui la qualifica di titolarità effettiva si ottenga in via residuale per il sol fatto di rappresentare l’ente o di ricoprirne determinate cariche. In questa diversa ipotesi, non ci si trova più innanzi a individui che detengono o controllano l’ente giuridico quanto di soggetti che ben potendo essere meri esecutori(10), per un vario ordine di motivi, finiscono per essere anche i titolari effettivi.

Quid iuris?

In occasione di una consultazione, la Banca d’Italia nel 2019 ha osservato che la qualifica di PEP non rileva per l’esecutore, richiamando l’art. 24 del Decreto AML nella parte in cui impone ai soggetti obbligati di applicare le misure rafforzate solo nei confronti del cliente ovvero del titolare effettivo rivestano la qualifica di PEP. 

Così ragionando, sarebbe legittimo il ragionamento secondo il quale anche il titolare effettivo – ancorché tale in via residuale e per questo più vicino ad un esecutore che a un “proprietario”  – se qualificato come PEP, impone l’adozione delle misure rafforzate diventando inoltre fautore del contagio nei confronti dei soggetti che con lo stesso condividono tale qualifica. 

Sembrerebbe che la questione sia stata posta al vaglio della Banca d’Italia ma ancor oggi non ha trovato risposte ragion per cui è auspicabile una maggiore precauzione da parte degli enti giuridici in fase di individuazione del titolare effettivo, dal momento che una eventuale presenza di una PEP rischia di coinvolgerne altri così obbligando gli enti ad adottare tutte le misure de qua!

Intervento di Carlotta ZOLA, Avvocato – Litigation & Investigation c/o A&O Shearman Italy


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Dovere di diligenza delle banche nell’identificazione della clientela – Ottobre 2021.

(2) Il Basel Committee on Banking Supervision ovvero “BCBS” è stato fondato alla fine del 1974 in seno alla Banca dei Regolamenti Internazionali (anche “BRI”) di Basilea. Esso è composto dai rappresentanti delle banche centrali e dalle autorità di vigilanza bancaria di 27 paesi e coordina la ripartizione delle responsabilità di vigilanza fra le autorità nazionali, per attuare la supervisione delle attività bancarie a livello mondiale. Ha sede a Basilea e si riunisce 4 volte all’anno.

(3)

(4) Cioè coloro che non appartengono al paese in cui si svolge l’attività finanziaria (cd. foreign PEPs).

(5) Family members or close associates of PEPs, così Raccomandazione GAFI n. 6 del 2003. 

(6) Direttiva “Recante misure di esecuzione della direttiva 2005/60/ce del parlamento europeo e del consiglio per quanto riguarda la definizione di «persone politicamente esposte» e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l’esenzione nel caso di un’attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata”. In particolare, l’Unione si è preoccupata di delineare il perimetro dei “familiari”, ricomprendendovi il (i) coniuge; (ii) qualsiasi partner considerato dal diritto nazionale equivalente al coniuge, (iii) i figli e i loro coniugi o partner e (iv) i genitori nonché quello degli stretti collaboratori, nonché degli stretti collaboratori, limitandolo ai soggetti che detengono la titolarità effettiva congiunta di entità giuridiche o di istituti giuridici o qualsiasi altra stretta relazione d’affari ovvero i soggetti che detengono la titolarità effettiva di enti costituiti a beneficio delle persone politicamente esposte.

(7) Così, “artt. 3 e 13 della III Direttiva.

(8) Come modificato dal D. Lgs. 90/2017 in attuazione della Direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle Direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006.

(9) Procedure di adeguata verifica rafforzata sulle Persone Politicamente Esposte, Banca d’Italia, 2018. 

(10) i.e. il rappresentante del cliente persona giuridica che esegue l’operazione per conto della stessa.



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