di Alberto CATALANO
Lo scenario di riferimento
La normativa antiriciclaggio identifica una sfida complessa per i commercialisti e, in generale, per i soggetti che prestino servizi in materia di contabilità e tributi. Queste – ed altre categorie di professionisti come notai consulenti del lavoro ed avvocati – sono, infatti, chiamate a rispettare un variegato insieme di regole certamente articolate ed onerose ma anche non derogabili né più di tanto comprimibili.
La forza espansiva della normativa antiriciclaggio (e di contrasto al finanziamento del terrorismo) continua, infatti, a manifestarsi lungo svariate direttrici.
In primo luogo, dal punto di vista della platea dei soggetti chiamati a rispettarla.
Ma anche in relazione ai fattori di rischio di cui tenere conto a seguito della continua evoluzione dell’ecosistema economico/finanziario.
Si tratta, in verità, di una rincorsa impari, condizionata dalla tendenziale asincronia che esiste tra:
- fluidità, mutevolezza e trasversalità delle fenomenologie illecite da prevenire e,
- rigidità, lentezza e parziarietà delle iniziative di ammodernamento degli assetti normativi, tanto di prevenzione quanto di contrasto.
Senza tralasciare le numerose asimmetrie che attraversano le giurisdizioni a livello internazionale. Non a caso l’armonizzazione costituisce uno degli obiettivi del nuovo pacchetto antiriciclaggio varato dall’Unione Europea anche sotto forma di Regolamenti. Atti normativi direttamente applicabili in tutti gli Stati dell’Unione senza interventi nazionali di recepimento.
Non si discutono gli obiettivi, alti e riconosciuti, di queste regole. La loro applicazione pratica può, tuttavia, risultare faticosa, dispendiosa ed in ultimo anche sterile ove non si accompagni ad una adeguata attività di supporto tecnico/operativo attraverso il quale conferire al sistema agilità, effettività ed efficacia.
In proposito, i precetti normativi, per quanto dettagliati e perfettibili, non possono che disegnare la cornice di riferimento nel tentativo, talvolta non raggiunto, di tenere conto, tra l’altro, della estrema eterogeneità dei soggetti obbligati.
Non è un mistero che l’impostazione trainante sia quella riferita agli intermediari bancari e finanziari. Né può suscitare perplessità la constatazione del mancato approdo ad assetti che, nella diversità dei soggetti mobilitati e forse proprio avvalendosi di essa, siano massimamente equilibrati ed efficaci.
A ciò si aggiungano le difficoltà connesse alla metabolizzazione delle periodiche modifiche legislative ed interpretative che possono generare incertezza, aumentare il rischio di non conformità ed esporre a sanzioni nel caso di violazioni.
Valga, al riguardo, rammentare la recente oscillazione interpretativa che ha interessato l’individuazione dei titolari effettivi delle società attraverso il criterio della proprietà indiretta.
Il ruolo e l’importanza degli Organismi di autoregolamentazione
Ecco che entrano in gioco le indicazioni operative che gli Organismi di autoregolamentazione mettono a disposizione dei professionisti per adempiere agli obblighi antiriciclaggio(1).
Il Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, con deliberazione del 16 gennaio 2025, ha approvato, da ultimo, l’aggiornamento delle Regole Tecniche emanate nel 2019(2).
L’obiettivo perseguito era – e resta – ambizioso e necessario. Agevolare, semplificandola, l’applicazione di tale normativa all’interno degli Studi professionali tenendo conto delle specificità proprie della categoria.
Il documento merita una valutazione ampiamente positiva.
- In primo luogo, attesta e qualifica il livello di (maggiore) attenzione ad essa rivolto da parte dei commercialisti rispetto ad altre categorie professionali.
- Fornisce utili chiarimenti in merito:
- all’autovalutazione del rischio,
- alle procedure di adeguata verifica e di conservazione.
- Ribadisce la necessità di calibrare le misure antiriciclaggio in funzione del rischio da mitigare.
- Formula, infine, preziose indicazioni in ordine agli assetti organizzativi da garantire nelle aggregazioni professionali più articolate.
L’(in)opponibilità delle Regole Tecniche
Ci si è chiesti con quale effettiva utilità e, soprattutto, con quale forza legale.
Il quesito è stato rivolto alla Guardia di Finanza in un incontro con la stampa specializzata nei termini che seguono: le Regole Tecniche sono opponibili agli accertatori in sede di ispezione antiriciclaggio?
La risposta non ha probabilmente soddisfatto le attese.
Dopo avere rimarcato quale sia la funzione delle citate regole, la GdF (Guardia di Finanza) ne ha evidenziato:
- la sostanziale inopponibilità in sede ispettiva e, dunque,
- l’inidoneità ad evitare contestazioni anche nel caso della loro puntuale applicazione.
Ciò sul presupposto della impossibilità di individuare, in via automatica e preventiva, fattispecie legali rispetto alle quali assumere l’assenza (o, più correttamente, una determinata misura) di rischio di riciclaggio. La rilevazione del rischio deve, infatti, porsi a valle di un processo di valutazione più ampio che occorre svolgere in – e per – ciascun caso concreto.
In linea generale niente di diverso o confliggente con quanto evidenziato anche nel documento di sui si discute.
La tematica si presta a svariate considerazioni, due delle quali paiono prevalenti rispetto alle altre.
La prima attiene alla esatta “perimetrazione” del tema in discussione. La portata legale delle regole tecniche, da un lato, o il giudizio sull’attribuzione del rischio inerente (ossia quello potenziale) alle singole prestazioni professionali, dall’altro?
Ad esito di una lettura attenta non si fa fatica a ricondurre il quesito (assai ampio) al primo tema e la risposta (più circoscritta) al secondo.
Ciò porta a ritenere perdurante – e non ancora adeguatamente chiarito – quello riferito al valore legale delle Regole Tecniche, non dubitabile, vista peraltro, la loro validazione da parte del Comitato di Sicurezza Finanziaria ma, al contempo, non ancora – e non altrettanto – pervasivo.
Il secondo ambito di riflessione attiene all’opportunità di (ri)calibrare il punto di (vero) equilibrio della tematica.
Nella (complessa) articolazione del processo di valutazione del rischio riferito al cliente ed alle prestazioni professionali il baricentro non è il rischio inerente (che infatti pesa meno del 50%) ma quello specifico che impatta più che proporzionalmente su quello effettivo(3), quello cioè che produce la possibilità di semplificare le attività di adeguata verifica o, simmetricamente, l’obbligo di rafforzarle.
Ebbene, è su questa direttrice che occorrerebbe valutare se condurre i migliori e più intensi sforzi di chiarificazione e di semplificazione.
Sul punto, le Regole Tecniche prospettano un’impostazione che mira a semplificare ma che, se mal interpretata, può risultare fuorviante.
Con riferimento ad alcune prestazioni professionali (quali la consulenza continuativa generica in ambito contabile e fiscale) si prevede, ad esempio, un processo di misurazione del rischio ultra semplificato perché disancorato dalla valutazione di aspetti oggettivi. Impeccabile quanto alla logica sottesa ma forse suscettibile di essere rinvigorito ricorrendo ad un approccio che, tecnicamente, agisca su alcune determinanti e “scarti” quelle non agibili.
Non è un mistero che i fattori da prendere in considerazione per il calcolo del rischio siano stati calibrati, anche da un punto di vista terminologico, sulle caratteristiche e sulle esigenze degli intermediari bancari e finanziari.
Né come talune determinanti possano ricevere in sede di costruzione dei sistemi di profilatura plurime declinazioni che tengano conto delle specificità istituzionali ed operative dei vari soggetti obbligati. Penso, ad esempio, all’ampio tema della “ragionevolezza” che deve influenzare il processo e che, si rammenta, guida ed orienta le valutazioni da condurre in relazione ai comportamenti economici della propria clientela(4).
Conclusioni
Il cantiere è aperto e gli ultimi approdi non possono che ritenersi, dunque, provvisori e suscettibili di adeguamenti ed implementazioni future.
Indicazioni operative certamente preziose giungeranno con le nuove Linee Guida che l’Ordine si appresta ad emanare.
Alcuni spunti di interesse possono essere ricavati attraverso l’esame di sistemi antiriciclaggio analoghi al nostro ma maggiormente incentrati su una più accurata e standardizzata valutazione del rischio che, in concreto, ogni cliente ed ogni prestazione professionale, inevitabilmente, porta con sé.
Ed ancora. L’effettiva applicazione dell’AML package europeo sarà certamente in grado di offrire utili stimoli di intervento e di miglioramento, al netto di alcune (ulteriori) complessità e criticità che, già, non si fa fatica ad intravvedere.
In tale scenario di riferimento, è ormai noto come l’approccio dominante su varie tematiche (non ultima quella che attiene alla individuazione dei titolari effettivi delle prestazioni professionali) dovrà essere di tipo fortemente sostanzialistico e richiedere l’asservimento della cornice (burocratico-formale) da rispettare all’obiettivo (effettivo) da conseguire.
Intervento di Alberto CATALANO, Consulente e formatore di corporate governance e compliance programs \ Docente di Forensic Accounting e Fraud Auditing – Università Liuc
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Emanate ai sensi dell’art. 11, co. 2 del d.lgs. 21 novembre 2007 n. 231, “in materia di procedure e metodologie di analisi e valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui i professionisti sono esposti nell’esercizio della propria attività, di controlli interni, di adeguata verifica, anche semplificata della clientela e di conservazione …”.
(2) Ci si riferisce alle Regole Tecniche ex art. 11, co. 2 del d.lgs. 231/2007 applicate dagli Iscritti all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili per ottemperare agli obblighi di valutazione del rischio, adeguata verifica della clientela, conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni emanate dal CNDCEC con Deliberazione n. 9 del 16 gennaio 2025, previo Parere del Comitato di Sicurezza Finanziaria ricevuto in data 27 dicembre 2024.
CNDCEC-Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Regole Tecniche Antiriciclaggio, gennaio 2025
(3) Sul punto le RT prevedono che “Ai fini della adeguata verifica del cliente, s’intende per:
– Rischio inerente: il rischio connesso all’attività svolta dal professionista considerata per categorie omogenee in termini oggettivi e astratti, individuato in via indicativa nelle tabelle 1 e 2 della Regola Tecnica n. 2;
– Rischio specifico: il rischio riferibile al cliente e alla prestazione professionale per come in concreto definita in occasione del conferimento dell’incarico;
– Rischio effettivo: il rischio complessivo ponderato risultante dalla valutazione del rischio specifico connesso al cliente e del rischio inerente connesso alla prestazione professionale”.
(4) Si pensi, in particolare, al controllo costante o ai supplementi istruttori da condurre nell’ambito dell’adeguata verifica rafforzata ma, anche e soprattutto, alla gestione degli indicatori di anomalia che prelude all’eventuale invio di una segnalazione di operazioni sospette. Il processo di adeguata verifica non si esaurisce nella fase (centramente importante) di on boarding del cliente ma deve accompagnare l’intera durata del rapporto. Ed è noto come le misure assunte al riguardo debbano essere non solo proporzionate al rischio rilevato ma anche basate su informazioni aggiornate ai sensi dell’art. 18, co. 1, lett. d), del d.lgs. 231/2007. In altre parole, può essere comprensibile obliterare l’approfondimento della “ragionevolezza” in sede di avvio della relazione professionale per talune prestazioni ma, al contempo, può diventare complesso proseguire in tale direzione a fronte di operatività (della clientela) che, successivamente, si manifestino nei loro contorni quantitativi e qualitativi e che richiedano rafforzamento nei processi e valutazioni di sospettabilità.