I contenuti delle Guidelines risultano di assoluto interesse per gli operatori in quanto forniscono indicazioni, anche di dettaglio, sulle prassi metodologiche che la Vigilanza Europea si attende vengano messe in atto.
Esse, infatti, includono una ampia disclosure sui temi metodologici e forniscono anche utili elenchi (i.e. dati, fattori di rischio, metriche) da considerare come spunto per l’impostazione e adattamento dei framework di ESG Risk management.
Si analizzano nel seguito, in estrema sintesi, i principali contenuti delle Guidelines(1).
Metodologie per la identificazione e misurazione dei rischi ESG
Analisi di materialità dei rischi
Le Guidelines (di seguito, GL) richiedono l’esecuzione periodica (almeno una volta all’anno o, per gli enti piccoli e non complessi ogni due anni) di un’analisi di materialità dei rischi ESG.
L’analisi di materialità, condotta ai fini di governo dei rischi, deve seguire un approccio basato sul rischio che tenga conto della probabilità e della gravità della materializzazione dei rischi in termini di effetti su tutte le categorie di rischio convenzionali su orizzonti temporali a breve (ossia inferiori a 3 anni), medio (da 3 a 5 anni) e a lungo termine (compreso almeno 10 anni).
Il tema dei dati
In risposta ad uno dei principali open-point del mercato, le GL pongono l’attenzione sul tema del ESG data strategy(2).
In particolare, gli enti sono chiamanti ad attuare procedure per l’individuazione, la raccolta, la strutturazione e analisi dei dati e delle informazioni necessarie, con adeguata granularità e dotandosi di sistemi per raccogliere e aggregare i dati che garantiscano requisiti di qualità.
Le analisi devono essere basate in-primis sui dati ESG disponibili, acquisiti da fonti pubbliche e ricevuti dalle controparti ed eventualmente utilizzare, in via transitoria, stime o proxy e servizi informativi di fornitori terzi.
Le GL forniscono utili indicazioni sui dati necessari alla misurazione dei rischi riportando una elencazione puntuale di tali dati. L’elencazione è da considerarsi mandatoria per le controparti grandi imprese (e rappresenta un utile riferimento per le LSI, Less Significant Institutions).
Misurazione e valutazione dei rischi
L’analisi dei rischi ESG deve essere condotta tramite la combinazione di tre approcci metodologici prediligendo, per i rischi ambientali, approcci quantitativi basati su KRIs e per i rischi sociali e di governance, in mancanza di informazioni quantitative, analisi qualitative per poi sviluppare progressivamente misure quantitative.
Le metodologie proposte sono:
- metodologie a livello di esposizione: utilizzate per ottenere una visione a breve termine dell’esposizione ai rischi ESG tramite la valutazione dell’esposizione delle controparti e delle loro attività ai fattori ESG (in particolare i fattori ambientali). Tali aspetti devono essere presi in considerazione nella classificazione del rischio, nella valutazione del rischio di default e, ove opportuno, integrati negli indicatori di rischio e nei modelli di credit scoring o di rating(3).
- metodologie a livello di portafoglio: utilizzati per sostenere il processo di pianificazione a medio termine; queste fanno riferimento essenzialmente all’uso di metodologie di allineamento del portafoglio agli obiettivi di sostenibilità in particolare la misurazione del potenziale divario tra i propri portafogli e gli scenari di riferimento EU.
- metodologie basate su scenari: utilizzati per verificare la sensibilità dei piani ai rischi ESG su orizzonti temporali diversi, per cui le GL rimandano ai futuri orientamenti EBA.
Regole e metodologie per la gestione ed il monitoraggio dei rischi ESG
Le metodologie e i processi di gestione dei rischi ESG dovrebbero essere integrati nei framework esistenti, in coerenza con le strategie aziendali e di rischio complessive. Le GL forniscono indicazioni, anche puntuali, su tutti gli elementi che compongono un adeguato framework di gestione del rischio.
Strumenti di gestione
Secondo le GL gli strumenti di gestione e mitigazione del rischio reputati necessari sono:
- engagement con le controparti volto a migliorare il loro profilo di rischio ESG focalizzandosi sulle controparti più importanti;
- adeguare i termini e le condizioni contrattuali e/o, ove opportuno il pricing in base all’esposizione dei rischi ESG e alla strategia di rischio;
- integrare i rischi ESG nei limiti di rischio;
- diversificare i portafogli sulla base di criteri ESG rilevanti (settore, area geografica, ecc.) e riallocarli verso esposizioni con un profilo di rischio ESG migliore.
Strategie
Gli operatori devono tenere conto dei rischi ESG nella formulazione e nell’attuazione delle loro strategie aziendali e di rischio. In tale contesto, devono essere formulati e monitorati gli obiettivi strategici ESG relativi al rischio e indicatori chiave di prestazione (KPI) nell’ambito dei propri piani di transizione.
Propensione al rischio
La propensione al rischio degli operatori deve definire e affrontare chiaramente tutti i rischi ESG rilevanti (propensione a livello di composizione del loro portafoglio e in relazione a tutte le linee di business, le aree geografiche, i settori economici, le attività e i prodotti, anche rispetto agli obiettivi di diversificazione del portafoglio).
Cultura e controlli interni
I membri degli organi e il personale devono essere adeguatamente formati per comprendere le implicazioni dei fattori e dei rischi ESG attuando politiche di “tone at the top” e coinvolgendo le funzioni di controllo nella verifica della corretta integrazione dei rischi ESG.
ICAAP e ILAAP
Come sopra rappresentato, le GL richiedono di includere i rischi ESG rilevanti (sulla base delle analisi di materialità periodicamente condotte) nel processo ICAAP e ILAAP. Nei relativi resoconti occorre rappresentare l’approccio alla gestione di tali rischi, le soglie e i limiti fissati le metodologie di valutazione utilizzate.
Gestione dei rischi prudenziali
Le GL elencano, inoltre, le azioni che gli operatori devono porre in essere per governare gli impatti dei rischi ESG sui rischi prudenziali:
- Rischio di Credito: Le GL fanno sostanzialmente rimando alle Linee Guida EBA per la concessione e monitoraggio del credito(4).
- Rischio Mercato: gli operatori sono chiamati a valutare l’impatto dei rischi ESG sul valore degli strumenti finanziari in portafoglio, il rischio di perdite e di aumento della volatilità.
- Rischio di Liquidità: gli operatori devono valutare l’impatto dei rischi ESG sui deflussi di cassa netti, sul valore delle attività, sulla disponibilità, stabilità e onerosità delle loro fonti di finanziamento.
- Rischio Operativo: gli operatori devono valutare in che modo i rischi ESG possano influenzare le categorie regolamentari di rischio operativo, la propria continuità operativa e integrare i processi di LDC con le perdite connesse ai rischi ambientali
- : gli operatori devono valutare e gestire l’impatto dei rischi ESG anche sui rischi di condotta, di contenzioso e reputazionali, anche considerando i rischi di greenwashing(5) e quelli connessi ad imprese clienti soggette a controversie in materia di ESG.
Monitoraggio
Il monitoraggio deve essere attuato attraverso sistemi di reporting efficaci rivolti al top management e all’organo di gestione, integrando i rischi ESG nelle relazioni periodiche o sotto forma di dashboard, prevedendo, ove opportuno, indicatori e soglie di early warning che attivino processi di escalation e piani di azione. Anche in riferimento al framework di monitoraggio, le GL espongono un elenco puntuale di indicatori da considerare mandatori per le grandi imprese.
Piani di cui all’articolo 76.2, della CRD VI
La proposta di modifica alla CRD introduce, nell’art.76 il nuovo obbligo di elaborare dei piani di transizione per gestire i rischi potenzialmente derivanti dal mancato allineamento della strategia aziendale rispetto agli obiettivi di transizione verso l’economia sostenibile dell’Unione Europea e/o dei principali trend in proposito.
Tali piani devono prendere spunto dall’analisi di materialità sui rischi ESG, considerare orizzonti temporali diversi (incluso uno di lungo termine di almeno 10 anni), devono essere integrati nelle strategie aziendali ed essere allineati e coerenti con le strategie di rischio, le politiche di credito, la propensione al rischio, l’ICAAP, il framework di gestione dei rischi e la comunicazione pubblica.
Sui Piani di transizione gli operatori devono impostare una adeguata governance garantendo un’integrazione con i processi di pianificazione strategica e di definizione del RAF. I Piani devono essere approvati dall’organo di gestione e gli attori del sistema di controllo interno devono essere coinvolti per governare l’attuazione del piano.
In tale sezione le GL infine forniscono altresì un elenco, assai interessante, di metriche da considerare per la fissazione degli obiettivi nei piani; anche in questo caso, l’elenco proposto è da considerare mandatorio per le grandi imprese.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) EBA, Linee guida EBA per la gestione dei Rischi ESG – gennaio 2024
(2) Si veda l’articolo, Savioli S. (2023) Definire l’ESG data strategy: la priorità del mercato finanziario – Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it
(3) Le GuideLines individuano puntualmente i fattori di rischio che gli operatori dovrebbero considerare riguardo alla valutazione dei rischi ambientali e richiedono, per i rischi sociali e di governance procedure di due-diligence per verificare l’aderenza delle controparti societarie alle norme sociali e di governance
(4) EBA, Linee Guida EBA per la concessione e monitoraggio del credito – maggio 2020
(5) Si rimanda come riferimento alla Relazione EBA sullo stato di avanzamento del monitoraggio e della vigilanza del greenwashing (EBA/REP/2023/16) – giugno 2023