di Marco AVANZI
I casi di cronaca
Negli ultimi tempi sono giunti alla cronaca casi di aziende colpite da provvedimenti cautelari in relazione a questioni collegate all’utilizzo di appalti ritenuti illeciti e in generale legati ad assenza di presidi e controlli in materia di due diligence nella propria catena di fornitura.
Nei vari casi le autorità hanno riportato di aver rinvenuto aziende affidatarie di prestazioni d’opere, servizi o forniture che: facevano ricorso a modalità illecite di gestione del lavoro; mettevano a disposizione retribuzioni non proporzionate o corrette; operavano in condizioni precarie relativamente a questioni di salute e sicurezza e condizioni igieniche; nonché sottoponevano i lavoratori a modalità di gestione del lavoro incompatibili con le attuali discipline vigenti.
In alcuni casi, le aziende direttamente affidatarie delle commesse di queste grandi aziende dai noti brand, non erano che scatole vuote, operando tramite rapporti di subfornitura o di subappalto non avendo direttamente assetti organizzativi o operativi.
In breve, opere, produzioni o servizi venivano eseguiti all’interno di una rete di molteplici subaffidamenti che inevitabilmente portavano a fenomeni:
- di riduzione dei costi del lavoro nonché
- di riduzione delle garanzie lavorative, retributive e di sicurezza.
Le condotte censurate in molteplici casi riguardano reati in materia fiscale, derivanti o connessi con il ricorso ad appalti non genuini ritenute rilevanti a norma dell’art. 603-bis del codice penale, che punisce il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro previsto anche quale reato presupposto per la responsabilità amministrativa degli enti, a norma del decreto legislativo n. 231/2001. In alcune circostanze gli inquirenti hanno sollevato il fatto di essere di fronte ad una sorta di decoupling organizzativo, ossia una struttura che a fronte di una organizzazione formale volta al rispetto delle regole era presente una struttura informale la quale, orientata unicamente all’efficienza e al risultato portava alla sistematica violazione di norme quale normale modus operandi.
Vale la pena considerare alcuni aspetti comuni individuabili all’interno di questi provvedimenti cautelari per comprendere quali siano le misure di prevenzione di cui l’azienda dovrebbe dotarsi per poter dare evidenza della “dovuta diligenza” in questi casi.
I presupposti delle contestazioni
Dalla lettura dei provvedimenti emessi in alcuni casi che hanno avuto ad oggetto irregolarità nella filiera produttiva o negli appalti, possono evidenziarsi alcune similitudini concernenti gli addebiti sollevati.
Tra questi possiamo annoverare:
- presenza di meccanismi di selezione dei partner che non comprendono misure di controllo delle modalità di scelta della controparte anche con riferimento ad aspetti di regolarità in materia di lavoro e appalti;
- condotte di agevolazione dolosa o gravemente colposa di dinamiche produttive patologiche che non prevedevano filtri di verifica o due diligence appropriati;
- violazione di “normali regole di prudenza” o di “buona gestione imprenditoriale”;
- assenza di un codice etico che comportasse obblighi di controllo e verifica esigibili da aziende di grandi dimensioni che operano in tali settori;
- carenza di modelli di organizzazione e controllo ai sensi del D. Lgs. 231.01;
- assenza o debolezza di sistemi di audit che avrebbero permesso l’identificazione di situazioni di anomalia in riferimento a determinati fornitori;
- assenza di approfondimenti o acquiescenza dinanzi a situazioni di esternalizzazione della produzione o della prestazione del servizio aventi palesi anomalie eseguite da parte dei propri partner;
- inerzia della società nel non interrompere rapporti commerciali una volta rinvenuti elementi di anomalia grave;
- inerzia nel non richiedere chiarimenti o pretendere una previa autorizzazione di fronte a situazioni di plurimo subappalto o subaffidamento.
Alla luce di questo breve elenco delle contestazioni che possono desumersi dai recenti provvedimenti diventa necessario per l’impresa che opera in un contesto produttivo effettuare quantomeno una riflessione in materia e comprendere quale sia l’approccio da tenere, o quali siano le modifiche organizzative che sarebbe opportuno apportare.
L’approccio alle misure di controllo del rischio
In prima battuta nonché, anticipatamente all’analisi delle possibili precauzioni adottabili da un’azienda, vale la pena sottolineare come l’approccio richiesto dall’autorità sia di tipo sostanziale e non meramente formale. Quello che viene analizzato in sede inquirente o cautelare non è la mera adozione di protocolli o procedure formalmente predisposte in riferimento ad un rischio ma, a contrario, la presenza di effettivi controlli e buone pratiche volte a concretizzare un effetto preventivo.
In seconda battuta ciò che viene altresì considerato è il contegno e il commitment aziendale in relazione a queste misure essendo possibile leggere le censure mosse ad aziende che, seppur formalmente dotate di una qualche sorta di controllo, hanno operato in mala gestio accettando situazioni opache o non chiare senza promuovere i dovuti controlli del caso. Quello che viene a concretizzarsi in questi casi, oltre che ad un ampio ed esteso utilizzo delle misure cautelari, in primis quelle di cui all’ art. 34 del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è l’aspettativa di diligenza nei confronti dell’azienda.
Le misure specifiche
Dai provvedimenti in materia si possono individuare una serie di azioni che le aziende possono considerare suddividendole in presidi di carattere generale e di carattere speciale.
Tra i presidi di carattere generale possiamo annoverare
- adozione di codici etici e di condotta vincolanti per i fornitori e partner;
- clausole contrattuali che vincolino a tali aspetti e principi e sanzionino contrattualmente la violazione di quanto previsto in essi;
- modelli di gestione e prevenzione del rischio (es. MOG 231);
- processi di selezione fornitori e assegnazione di contratti che integrino i presidi speciali di seguito rappresentati;
- individuazione di ruoli o funzioni aziendali espressamente incaricate di seguire e monitorare l’applicazione di questi aspetti e dei presidi speciali.
Andando maggiormente nel concreto, tra le misure speciali, ossia espressamente dedicate alla prevenzione di questi fenomeni qui trattati possiamo annoverare:
- verifiche della reale capacità produttiva dell’azienda attraverso l’analisi dei fondamentali di bilancio nonché nell’osservazione o analisi degli assetti strutturali e di forza lavoro dell’azienda stessa;
- procedure di due diligence per valutare la reputazione e l’affidabilità dei fornitori prima di instaurare rapporti commerciali. Questo può includere verifiche sui precedenti giudiziari, la solidità finanziaria e la conformità legale;
- definire una serie di “minimum standard” in relazione a sistemi di certificazione o sistemi di gestione interni che i potenziali partner devono adottare per poter ricevere un affidamento di contratti di produzione o di prestazione di servizi;
- verifiche sull’effettiva esecuzione delle prestazioni e relative modalità operative se in linea con le best practices di mercato o “good manufacturing practices”;
- verifiche sulla corrispondenza tra prestazioni eseguite e corretto inquadramento del personale in relazione a CCNL applicato e altri aspetti assicurativi e contrattuali in materia di lavoro;
- verifica sull’effettiva autonomia dei soggetti ai quali sono esternalizzate attività in-house specialmente se afferenti ad attività labour intensive;
- verifica sulla corretta applicazione delle norme in materia di prevenzione e in materia di infortunistica lavorativa e salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
- verifica sulla corretta applicazione di norme e standard ai processi produttivi ove questi previsti (ad es. in materia di produzione alimentare in riferimento ai requisiti di cui al Reg. UE 852.04 e all’approccio HACCP);
- verifica costante di documenti e attestazioni volte a garantire il corretto adempimento degli obblighi in materia tributaria e previdenziali (DURF -DURC);
- Eseguire audit periodici sui fornitori per verificare il rispetto dei requisiti richiesti e garantire un monitoraggio continuo degli aspetti oggetto di verifica.
Conclusioni
Questi aspetti descritti poc’anzi sono i medesimi presupposti sui quali, dalla lettura di alcuni provvedimenti in materia di amministrazione giudiziaria, si può evincere quale sia l’aspettativa del regolatore in materia. Quello che ad oggi è chiaro è come vi sia una aspettativa di “dovuta diligenza” nei confronti delle imprese e delle loro catena di fornitura, che richiede uno sforzo in fase di selezione e gestione dei rapporti contrattuali nelle filiere produttive e di appalto.
Questa aspettativa si evince, non solo, nei predetti provvedimenti cautelari o giudiziari ma, altresì, nelle recenti novità normative in materia di appalti nonché nell’approccio del legislatore comunitario ai cc.dd. duties of due diligence in the supply chain.
Lo scenario che si delinea ad oggi è sicuramente chiaro. Le imprese non possono più permettersi di limitare la propria analisi dei rischi al proprio perimetro aziendale ma, risulta doveroso, estendere queste attività prevenzionistiche a tutta la catena di fornitura.
La grande sfida è per le PMI nell’implementare questi sistemi e presidi ma, considerando questo approccio di “condivisione del rischio” tra grandi aziende e imprese di filiera che emerge dai più recenti sviluppi normativi, il futuro non potrà prescindere da una cooperazione tra multinational companies e PMI manifatturiere nell’individuare forme di cooperazione volte alla gestione del rischio e alla garanzia di un reciproca assurance di conformità e legalità.