Innanzitutto: il Modello 231 cos’è?
Il Modello di Organizzazione e Gestione ai sensi del Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (noto anche con l’acronimo M.O.G.) può essere definito come uno strumento, personalizzato e su misura per l’ente (società, associazione, ecc.), di autoregolamentazione dell’assetto del medesimo in grado di precludere la responsabilità 231 e, al contempo, foriero di potenziali benefici sia in termini organizzativo-gestionali che economico-strategici: un’azienda adottandolo dà prova di volersi comportare in maniera per così dire “virtuosa”.
Da qui la connotazione “etica” propria dello strumento in parola.
Tuttavia tale strumento come viene percepito dalle imprese italiane?
In tal senso aiutano i dati forniti da un’indagine condotta da Confindustria nel 2017 sulla diffusione del Modello 231 in Italia.
Allo studio hanno partecipato aziende – operanti per il 24% sul Mercato Europeo e per il 16% su quello del Medio Oriente – di varia distribuzione settoriale, composte per il 13% da grandi imprese, per il 45% da medie imprese, per il 31%, da piccole imprese e per l’11% da micro imprese. Tra le aziende aderenti all’iniziativa è emerso che:
- in tema di corruzione il 67% percepiva un rischio di livello elevato e il 20% un rischio medio,
- l’adozione del Modello organizzativo come strumento di prevenzione per la commissione di reati veniva considerato per il 44% molto utile e per il 44% abbastanza utile,
- il 40% aveva attivato corsi di formazione in materia,
- il 36% adottava già un Modello 231: tutte le imprese di dimensioni maggiori ne erano dotate mentre nelle altre, comunque rappresentate, il Modello organizzativo figurava in presenza di un numero di dipendenti superiore alle 10 unità e di un fatturato in prevalenza non inferiore ai 2 milioni di Euro,
- il 48% di quante erano prive di Modello 231 manifestava agli intervistatori l’intenzione di volersene dotare.
Quest’ultimo dato è particolarmente significativo, oltre che positivo, in quanto dimostra la tendenza delle imprese italiane ad “una scelta” di adeguamento nei confronti della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato prevista dal D. Lgs. 231 del 2001.
Avendo definito il Modello di organizzazione e gestione come “una scelta etica” è ora lecito domandarsi quali siano le ragioni che spingono un’azienda ad adottare il Modello 231.
1) In primis, presidia l’ente dal rischio 231 esimendo lo stesso dalla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato prevista dal D. Lgs. 231 del 2001 e così evita che vengano comminate le sanzioni pecuniarie e interdittive previste e i conseguenti potenziali gravi danni patrimoniali e d’immagine in capo all’ente.
2) Fornendo un maggiore bilanciamento tra poteri e responsabilità ed una chiarezza organizzativa, facilita la rapida risoluzione dei conflitti interni e delle problematiche aziendali più comuni, potendo altresì evitare perdite nella produzione.
3) Garantendo una maggiore solidità aziendale e una maggiore uniformità rispetto alle best practices italiane ed europee, offre maggiore affidabilità ai partner commerciali non solo migliorando l’immagine dell’impresa, con riflessi sul posizionamento nel mercato, ma anche aumentando le probabilità di accesso a commesse rilevanti.
4) Rientrando tra gli interventi migliorativi delle condizioni di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro consente di ottenere un sensibile risparmio annuale sulla spesa aziendale in quanto l’impresa può richiedere all’INAIL lo sconto dei premi assicurativi. Il beneficio viene calcolato su base dimensionale nella misura:
- del 28% per aziende fino a 10 lavoratori,
- del 18% da 11 a 50 lavoratori,
- del 10% da 51 a 200 lavoratori,
- del 5% oltre 200 lavoratori.
Per fare un esempio: un’azienda oltre il primo biennio di attività di 18 dipendenti con retribuzioni per circa 250.000,00 Euro può ottenere uno sconto annuale pari a quasi 5.000,00 Euro.
5) Costituisce un utile approccio in ottica di adeguamento alla disciplina del c.d. Whistleblowing, come recentemente innovata dalla Direttiva UE 2019/1937 e dal Decreto legislativo 24/2023, normative tutte poste a protezione dei whistleblowers ovvero delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’UE che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
Preme osservare che i nuovi obblighi previsti in materia di Whistleblowing avranno effetto già per molte imprese dal 15 luglio 2023.
6) Consente di ottenere considerevoli vantaggi per l’accesso al credito bancario e sui finanziamenti pubblici in quanto l’azienda in possesso o richiedente l’attribuzione del rating di legalità con l’adozione del Modello 231 ottiene un incremento del punteggio base attribuito del quale le banche tengono conto ai fini di una riduzione dei tempi e dei costi per la concessione di finanziamenti, della valutazione di accesso al credito e della determinazione delle condizioni economiche di erogazione.
Del rating di legalità tengono conto anche le P.A. mediante previsione di sistemi di premialità quali la preferenza in graduatoria, l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo e la riserva di quota delle risorse finanziarie allocate.
7) Consente una riduzione delle garanzie per la partecipazione alle procedure di appalto in quanto il Nuovo Codice degli Appalti prevede che l’operatore economico presti una garanzia ridotta fino al 20% del valore complessivo della procedura indicato nel bando o nell’invito ove in possesso di una o più certificazioni di cui all’allegato II.13 tra le quali figurano il rating di legalità (in riferimento al quale il Modello 231, in quanto valido strumento di attestazione della volontà di miglioramento della compliance, concorre all’incremento del punteggio base dell’azienda che ne richieda l’attribuzione) e, in mancanza di questo, lo stesso Modello di Organizzazione e Gestione ai sensi del D. Lgs. 231 del 2001.
8) Rileva sotto il profilo della restorative compliance in quanto, secondo il Nuovo Codice degli Appalti, in sede di partecipazione dell’ente a una procedura d’appalto, ai fini della valutazione di gravità dell’illecito professionale grave – che può configurare causa di esclusione non automatica dell’ente dalla procedura – la stazione appaltante può valutare l’adozione e l’effettiva attuazione dello strumento (così come l’adeguamento di un Modello 231 già esistente) positivamente in ottica riabilitativa dell’ente medesimo, potendo quindi fungere da rimedio alla potenziale esclusione poiché intervento correttivo operato successivamente alla contestazione o condanna per illecito 231.
Sul punto si segnala inoltre il ruolo determinante che il Legislatore nel Codice in parola ha voluto riservare alla disciplina della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato contemplando, addirittura tra le cause di esclusione automatica dell’operatore economico dalla procedura, la condanna o l’applicazione di misure interdittive ai sensi e nei termini del D. Lgs. 231/2001.
9) Ottempera al requisito di “adeguatezza” previsto dal Codice della crisi d’impresa il quale, novellando l’art. 2086 c.c., ha previsto che “l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa”: secondo i migliori autori, il Modello 231 è annoverato tra quelle previsioni che sanciscono il principio di adeguatezza nel governo societario.
10) Infine, le spese sostenute per la redazione del Modello 231 danno la possibilità di accedere, in costanza di previsione di legge, a un finanziamento a fondo perduto in quanto negli ultimi anni il bando ISI dell’INAIL nell’incentivare le imprese ad attuare progetti che migliorino le condizioni di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro prevede la possibilità di finanziare “Progetti di investimento e Progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale”. Il finanziamento in parola copre fino al 65% delle spese sostenute ritenute ammissibili con il limite minimo di € 5.000,00 ed il tetto massimo di € 130.000,00 (per le imprese fino a 50 dipendenti non opera il limite minimo).
Intervento di Alberto LEGNARO, Giurista internazionale d’Impresa, Avvocato e Consulente 231