Pacchetto Omnibus- passo indietro della Commissione UE?

Pacchetto Omnibus- passo indietro della Commissione UE?

4 aprile 2025

di Alessandro MICOCCI

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 125 del 10 settembre 2024, l’Italia ha ufficialmente recepito la direttiva europea n. 2022/2464 relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità, conosciuta come Corporate Sustainability Reporting Directive(CSRD).

Questo intervento normativo ha inoltre apportato significative modifiche alla Direttiva 2013/34/UE, che regola l’obbligo di comunicazione di informazioni non di carattere finanziario per le imprese di grandi dimensioni.

Numerose sono le imprese che, a partire dalla chiusura dei bilanci al 31 dicembre 2024, hanno l’obbligo di fornire una più ampia e dettagliata informativa sugli impatti generati e subiti in relazione all’ambiente circostante, adottando il principio della cosiddetta doppia materialità.

Nel 2024, è stata emanata a livello comunitario la direttiva UE 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CSDDD), che gli Stati membri dovranno recepire entro due anni. Con questa direttiva, il legislatore europeo intende imporre alle imprese l’obbligo di svolgere attività di due diligence lungo l’intera catena di fornitura, al fine di individuare e mitigare eventuali impatti negativi.

Sebbene entrambe le normative siano state introdotte con l’obiettivo di rafforzare gli investimenti nella sostenibilità, anche attraverso la standardizzazione dei principi per la rendicontazione delle informazioni non finanziarie, al fine di fornire agli stakeholder dati chiari, veritieri e confrontabili, da più parti è emersa l’esigenza di rendere il quadro normativo meno oneroso per le imprese, già messe alla prova da un contesto economico internazionale altamente incerto. Proprio per questo, la Commissione Europea ha presentato la proposta del cosiddetto “pacchetto Omnibus”, finalizzata a semplificare la normativa pur mantenendo intatti i principi fondamentali e le ambizioni del Green Deal europeo. Tuttavia, nonostante si tratti solo di una proposta, il testo non è stato esente da critiche, soprattutto da parte di chi lo considera un passo indietro rispetto al percorso ormai consolidato verso un’economia più sostenibile e resiliente ai rischi ambientali e geopolitici.

Principali novità della proposta Omnibus

Tale preoccupazione sarebbe supportata dagli impatti sul perimetro di applicazione che, dalle oltre 50 mila imprese coinvolte con la CSRD, si passerebbe a 7 mila, meno anche della precedente normativa DNF (Dichiarazione non finanziaria). Questa variazione negativa sarebbe dovuta ai diversi limiti dimensionali che farebbero scaturire l’obbligatorietà:

  • almeno 1000 dipendenti;
  • almeno 50 milioni di euro di fatturato;
  • un attivo patrimoniale di almeno 25 milioni

In altri termini, si tratterebbe di un decremento di oltre un 80% rispetto alle imprese coinvolte secondo gli obblighi della CSRD, senza considerare che la Commissione vorrebbe escludere le piccole e medie imprese anche dalle applicazioni indirette (es. se coinvolte nella catena di fornitura delle grandi imprese coinvolte). Ciò è dovuto al fatto che la CSRD prevede l’applicabilità per le imprese di interesse pubblico (EIP) con almeno 500 dipendenti (dal 2025) e le grandi imprese (dal 2026).

Questa variazione rappresenterebbe una semplificazione rilevante delle norme attuali, con impatti stimati in miliardi di euro in termini di risparmio di costi annuali per le imprese (soprattutto piccole e medie), mantenendo gli obblighi solo in capo alle imprese maggiormente impattanti in termini ambientali e sociali. Nel dettaglio la proposta andrebbe a impattare le normative CSRD e CSDDD, oltre che la Tassonomia UE (in pratica le principali norme su cui verte tutto l’impianto normativo della sostenibilità europea) modificando, oltre il perimetro di applicabilità già anticipato e i riflessi nella catena del valore, anche:

  • i termini per l’entrata in vigore delle suddette norme, al fine di rendere coerente l’entrata in vigore del pacchetto Omnibus con la normativa CSDDD e quanto già previsto dalla CSRD (un sostanziale rinvio di due anni per tutte quelle imprese il cui obbligo scatterebbe, secondo la normativa attuale, negli anni 2026-2027);
  • gli obblighi normativi allineandoli a tutte le imprese secondo i limiti della CSDDD e lasciando la volontarietà per le imprese minori (imprese che potrebbero comunque voler trarre vantaggio dagli investimenti nella sostenibilità considerando che la sostenibilità significa anche voler predisporre sistemi di governance e gestione adeguati che permettano all’impresa di migliorare la propria resilienza e redditività nel lungo periodo). 
  • l’emissione di uno standard dedicato all’adozione volontaria che, come per gli ESRS (European Sustainability Reporting Standard), verrebbe emanato con atto normativo (attualmente la versione VSME è stata predisposta e pubblicata dall’ente europeo EFRAG per supportare le PMI nella rendicontazione della sostenibilità senza sostenere gli eccessivi costi economici e organizzativi richiesti dagli ESRS);
  • migliorando, con gradualità, l’applicazione delle norme al fine di facilitare la transizione verso la sostenibilità; 
  • semplificando i processi di due diligence evitando complessità e costi, anche attraverso una verifica svolta sulla base del quinquennio invece che su base annua;
  • riducendo le informazioni che le PMI devono fornire in quanto facente parte della catena di fornitura delle grandi imprese (principio del value cap chain);
  • valutando un passaggio immediato alla reasonable assurance del revisore della sostenibilità.

Conclusione

È innanzitutto importante ricordare che il pacchetto Omnibus rappresenta, al momento, una proposta legislativa che non produrrà effetti finché non si completerà l’intero iter di approvazione previsto dal diritto comunitario: con l’approvazione, nella giornata di ieri, da parte del Parlamento Europeo, la proposta necessiterà dell’approvazione formale da parte del Consiglio Europeo (che ha già avuto modo di approvare la proposta senza apportare modifiche).

Tra gli esperti del settore cresce la preoccupazione che si tratti più di una retromarcia da parte della Commissione che di un reale tentativo di semplificare ed efficientare le norme esistenti. L’auspicio, infatti, è quello di rendere l’economia europea più sostenibile, evitando però di gravare ulteriormente sul tessuto produttivo con una burocrazia sproporzionata rispetto agli obiettivi.



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