Uno dei punti qualificanti dei tentativi di riformare la nostra pubblica amministrazione è rappresentato dal “Piano Integrato dell’Attività e dell’Organizzazione” – noto oramai con l’acronimo PIAO – introdotto dall’ art. 6 del DL 80/2021 (convertito con la legge 6 agosto 2021, n. 113). Obiettivo del PIAO è la semplificazione in linea con gli impegni presi con la Commissione UE.
Dopo le prime dichiarazioni trionfali del ministro (riportate nel sito del Dipartimento della Funzione Pubblica e in varie interviste rilasciate alla stampa) stanno emergendo una serie di problemi che fanno del PIAO, non tanto un passo in avanti nella riforma della nostra pubblica amministrazione, quanto una pietra di paragone per capire perché i tentativi di riforma della nostra amministrazione sono sin qui stati dei fallimenti.
Vale quindi la pena soffermarsi sui problemi che il PIAO presenta. Essi possono essere classificati in tre categorie: (a) problemi formali, (b) problemi di vera e propria cialtroneria e (c) problemi sostanziali che, possiamo anticipare, sono riconducibili alla assenza di una cultura dei processi.