Tra le più importanti rivoluzioni digitali degli ultimi anni, vi è senza dubbio l’introduzione della posta elettronica certificata o, più comunemente in breve, la Pec. Uno strumento che ha contribuito, in maniera silenziosa ma efficace, a superare i tempi ormai lontani in cui era necessario recarsi fisicamente presso un ufficio postale, o presso un altro istituto pubblico, per inviare o ricevere comunicazioni di valore legale, con costi decisamente non trascurabili.
Da anni, quindi, gli italiani hanno preso confidenza con un metodo di comunicazione più veloce, quasi immediato, soprattutto avente valore legale, per inviare e ricevere documentazione necessaria di conferma certa.
In questo scritto, ci soffermeremo su alcune novità che riguardano questo servizio e alcuni fattori spesso sottovalutati dagli utenti.
Partendo dalle novità, è interessante notare innanzitutto come la Pec, pur essendo già conforme agli standard comunitari, sia però uno strumento per così dire nazionale, nel senso che prossimamente dovrebbe essere integrato in una posta elettronica certificata di rilevanza europea (c.d. REM – Registered Electronic Mail).
Per permettere questo passaggio però, sarà necessario apportare alcuni aspetti. Primo fra tutti, la certificazione dei soggetti mittente e destinatario: ad oggi, la sicurezza è focalizzata sull’invio e sulla ricezione, e soprattutto è relativa ai soli intermediari, cioè ai due sistemi che inviano e ricevono materialmente il messaggio.
Rispetto al soggetto che richiede l’invio (o ricevente), non si hanno però certezze assolute, in quanto non vi è una vera e propria certificazione. In parte, il problema è stato risolto o si è provato a risolverlo obbligando, ad esempio, i professionisti o le società, ad indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata all’albo di riferimento o al registro delle imprese (cfr. art. 37 del D.L. del 16/07/2020 n. 76). In questo modo, è stato affidato ad Albi e Registri delle Imprese l’onere di verificare l’identità del possessore della Pec, lasciando agli utenti quello di verificare tramite la ricerca la correttezza dell’indirizzo di posta da utilizzare per le comunicazioni. Questa ricerca può avvenire, appunto, attraverso varie modalità, quali ad esempio:
- i siti web degli Ordini professionali, o
- tramite il servizio Telemaco o
- il portale INI-PEC.
L’eventuale passaggio alla REM dovrà invece prevedere un sistema di accertamento del mittente e del destinatario (cfr. Regolamento UE n° 910/2014 – eIDAS – electronic IDentification Authentication and Signature).
A quanto appena esposto, andrebbero poi aggiunte le problematiche relative alla mera ricezione. Un indirizzo Pec può divenire inutilizzabile per vari motivi, come ad esempio:
- l’aver terminato lo “spazio” o la “quota” a disposizione o, più semplicemente,
- a causa dell’inattività dell’account per scadenza contrattuale con il provider.
Se per il mittente un messaggio non consegnato è facilmente individuabile (a patto che si verifichino le notifiche ricevute dopo l’invio), diverso è il caso del destinatario.
Quest’ultimo, in caso di inattività involontaria dell’account, ad esempio, non ha alcun modo di verificare eventuali messaggi non ricevuti fino al momento del ripristino della piena funzionalità dell’account. A tal proposito, è opportuno rilevare come il Tribunale di Roma, con la sentenza 16447, pubblicata l’8 novembre 2022, facendo riferimento ad una causa aperta per “mancata ricezione di avviso di convocazione di assemblea condominiale inviato tramite PEC”, aveva già stabilito che in caso di una mancata ricezione della comunicazione per “casella piena”, la responsabilità ricade sul destinatario in quanto a costui è delegato il compito di mantenere in condizioni di perfetta operabilità gli strumenti per la ricezione delle comunicazioni, inclusi quelli digitali.
Data l’importanza sempre maggiore delle comunicazioni digitali, in termini di rischi, il Professionista o l’Impresa dovrebbero quindi dotarsi di un sistema idoneo a:
- prevenire l’inattività della Pec tramite controlli specifici come, ad esempio, modificando la procedura acquisti (scadenza contratti) o servizi IT (es. verifica dello spazio disponibile). Su quest’ultimo punto, oltre a richiamare la sentenze del Tribunale di Roma sopra esposta, è utile far riferimento anche alla decisione del Consiglio Nazionale Forense n. 34/2023 e pubblicata lo scorso 7 luglio. Ancora una volta viene ribadito il concetto che l’impossibilità di recapito dovuto alla “casella piena” non esime il destinatario dalla non imputabilità e, nel caso specifico della decisione del Consiglio Nazionale Forense, non permetteva la rimessione dei termini (art 153 co. 2 cpc) per l’eventuale opposizione al procedimento disciplinare dell’Iscritto;
- trovare una soluzione in merito alla conservazione delle Pec. A tal proposito, sono in molti che, soprattutto per ridurre lo spazio utilizzando nell’account, provvedono a stampare il messaggio, cancellando il file. Tale procedimento rende di fatto inutile l’intero sistema Pec, in quanto le comunicazioni digitali seguono regole specifiche dedicate a servizi informatici e, presto detto, la conservazione cartacea non può essere considerata un servizio informatico. È interessante richiamare su questo punto l’Ordinanza della Corte di Cassazione, sez. III, n. 16189 del 8 giugno 2023 nella quale viene ribadito che la comunicazione Pec deve essere obbligatoriamente consegnata (e archiviata) “con modalità telematiche” previste dalle norme. Non è sufficiente quindi la stampa o l’archiviazione del file .pdf, ancorché digitale, bensì vanno salvate le ricevute in formato .eml o .msg in quanto contengono i dati necessari a garantire l’avvenuta consegna del messaggio.
Concludendo, la Pec è un servizio importante e necessario, che permette, anche in termini di transizione climatica, di ridurre l’impatto in termini economici, legali e soprattutto anche ambientali.
È un servizio in continua evoluzione in un mondo dove l’identità digitale avrà un ruolo sempre più fondamentale, come si può notare dai recenti dibattiti sullo SPID (il “Sistema Pubblico Identità Digitale”)/CIE(“Carta di Identità Elettronica”) o sul nuovo servizio INAD.
Al tempo stesso, è necessario quindi utilizzare le Pec seguendo le regole previste, al fine di fruire pienamente dei vantaggi che tale servizio offre.
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