La sentenza della Cassazione, n. 18168/2016(1), allo stato la prima ed unica sul tema, ha chiarito, anche se solo in parte, le responsabilità penali in capo all’OdV, statuendo che, i membri dell’Organismo di Vigilanza non possono essere ritenuti responsabili di avere omesso la segnalazione al C.d.A. e la mancata pretesa da parte di quest’ultimo e, dei direttori generali della società, di porre in essere ogni utile rimedio al fine di scongiurare le carenze in tema di prevenzione dagli infortuni sul lavoro che venivano puntualmente segnalate all’interno del cantiere.
Di conseguenza, non commettono il delitto di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche i membri dell’Organismo di Vigilanza, qualora non siano provate le carenze e le manchevolezze dei presidi di sicurezza da essi dolosamente ignorate.
(Nella fattispecie, si è ritenuto che il mancato utilizzo di ceste per la sollevazione di tubi a mezzo di gru, peraltro presenti sul luogo di lavoro, non fosse attinente al profilo della omessa collocazione di strumenti, apparecchi o congegni adeguati, ma soltanto al profilo organizzativo del lavoro concreto svolto, e che, pertanto, la responsabilità non potesse essere del Consiglio di Amministrazione, i cui compiti non si dilatano sino a decidere se, nell’ambito di una singola operazione di carico di tubi, andasse utilizzata una cesta, e parimenti nemmeno potesse gravare siffatto obbligo sui componenti dell’Organismo di Vigilanza).
IL CASO
Il caso trattato riguarda un infortunio sul lavoro verificatosi presso un cantiere navale di una nota azienda pubblica italiana. L’infortunato era un operaio con mansioni di ammagliatore, il cui compito era quello di agganciare i materiali da issare a bordo di una nave in costruzione (in particolare, un fascio di tubi inox che dalla banchina doveva giungere al ponte 5 a mezzo gru); a questo scopo l’addetto legava due fasci di tubi con del filo di ferro ed ordinava di sollevare il carico; poi si accorgeva che il carico si muoveva ed ordinava di fermare l’operazione per poi provvedere ad assicurarlo di nuovo; ordinava di issare a bordo, ma il carico, al momento di essere girato dalla gru, iniziava ad oscillare al punto che da uno dei fasci si sfilavano due grandi tubi uno dei quali, cadendo, colpiva proprio l’operaio alla nuca ed alla schiena, procurandogli paraplegia completa degli arti inferiori con conseguenti lesioni gravissime, invalidità permanente e pericolo di vita.
La Procura della Repubblica di Gorizia, a conclusione delle indagini, chiedeva il rinvio a giudizio, per violazione dell’art. 437 c.p., dei componenti del Consiglio di Amministrazione della società per avere omesso di collocare apparecchi idonei al sollevamento dei materiali a mezzo gru o di averne messo in numero insufficiente, e segnatamente appositi accessori quali baie o ceste idonee al carico dei materiali sulla nave; inoltre si imputava ex art. 437 c.p. ai componenti dell’Organismo di Vigilanza di avere omesso di segnalare al Consiglio di Amministrazione e ai direttori generali e di non aver preteso che si ponesse rimedio ad una serie di carenze in tema di prevenzione dagli infortuni che venivano segnalati nei report in tema di sicurezza all’interno del cantiere, i quali ripetevano da tempo la mancanza di impianti, apparecchi e segnali, ma che l’Organismo di Vigilanza avrebbe recepito passivamente, senza segnalare alcunché al datore di lavoro, e, al contempo, non approfondendo gli aspetti di gestione delle attrezzature di lavoro e l’utilizzo di apposi accessori quali baie o ceste.
Con sentenza in data 18.12.2014 il GUP del Tribunale di Gorizia dichiarava non luogo a procedere in relazione al capo A) della rubrica, relativo all’imputazione ex art. 437 c.p., nei confronti di tutti gli imputati perché il fatto non sussiste.
Avverso questo detta sentenza, il Procuratore della Repubblica di Gorizia, proponeva ricorso per Cassazione.
IL RUOLO E I COMPITI DELL’ODV
Prima di esaminare nel merito l’iter argomentativo che ha portato al rigetto del ricorso da parte della Suprema Corte è necessario analizzare il ruolo ed i relativi compiti che la normativa in materia assegna all’OdV.
La disciplina del D.Lgs. 231/2001(2) fornisce poche indicazioni sinteticamente riportate nell’art. 6 comma 1 lett. b), il quale, prevede che l’esimente si può ottenere dando prova che l’organo dirigente della Società abbia affidato “il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato ad un Organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”.
La suddetta attività è insindacabile da parte degli organi sociali, pena la lesione del requisito dell’autonomia.
Il comma 2 dell’art. 6 comma 2 lett. d) prescrive che, occorre “prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’Organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli”.
Per definire nel dettaglio quali siano i compiti dell’OdV occorre rifarsi alle Linee Guida e alle indicazioni contenute nel dettaglio all’interno del Modello dell’Ente.
L’Organismo va evidenziato, svolge la propria attività sulla base dei principi di autonomia e si dota di un apposito regolamento che disciplina tra l’altro le attività di vigilanza e controllo e i rapporti con le diverse funzioni aziendali e quella con gli altri organi di controllo ove presenti nonché, la documentazione dell’attività svolta.
In ogni caso, i compiti assegnati all’ OdV sono principalmente due:
- di vigilanza;
- di controllo.
I POTERI DELL’ODV – POTERI IMPEDITIVI E DISCIPLINARI
L’OdV, come prevede la normativa, deve presentare autonomi poteri di iniziativa e controllo e, pertanto, deve essere dotato di tutti i poteri necessari per assicurare una puntuale ed efficiente vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello Organizzativo adottato dalla società.
E’ assolutamente necessario evidenziare che, l’Organismo di Vigilanza non ha:
- né poteri impeditivi;
- né disciplinari;
- né direttamente modificativi del Modello.
Gli unici poteri che gli sono riconosciuti sono:
- poteri solo propositivi;
- consultivi;
- istruttori;
- di impulso.
A fronte di quanto innanzi esposto l’OdV, in concreto, deve solo ed unicamente verificare l’effettività e l’efficacia del modello organizzativo, e non dovrà mai avere compiti operativi che, facendolo partecipe delle decisioni dell’ente potrebbero pregiudicarne “la terzietà” al momento di effettuazione delle verifiche.
A ciò si aggiunga che, l’OdV non ha né poteri impeditivi, né disciplinari, né tantomeno modificativi del modello, ma solo ed esclusivamente propositivi, consultivi e di impulso.
I POSSIBILI PROFILI DI RESPONSABILITÀ DELL’ODV
Il D.Lgs. 231/2001 inizialmente contemplava tra i reati presupposto solo ed esclusivamente i reati dolosi, anche in considerazione del fatto che, l’art. 5, comma 1, prevede che, l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio per cui risultava davvero difficile conciliare i criteri di interesse o vantaggio con i reati colposi che, per loro natura sono dettati da negligenza, cioè sono del tutto privi di coscienza e volontà.
Solo in un secondo momento sono stati inseriti anche i reati colposi (omicidio colposo e lesioni personali colpose) i quali, essendo privi del requisito della volontarietà, mal si conciliavano con i predetti criteri di interesse o vantaggio.
A questo punto la giurisprudenza ha adottato una soluzione interpretativa secondo la quale, nei reati colposi il concetto di interesse deve essere inteso in senso oggettivo, ovvero non riferito all’evento ma, bensì alla condotta consistente nell’inosservanza delle cautele antifortunistiche, tesi condivisa e definitivamente cristallizzata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sul caso ThyssenKrupp con la sentenza n. 38343/2014(3), con la quale, definitivamente si è chiarito che, in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati colposi di evento, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell’art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2001 all’interesse o al vantaggio, sono alternativi e concorrenti tra di loro e devono essere riferiti alla condotta anziché all’evento, pertanto, ricorre il requisito dell’interesse qualora l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.
- Tesi favorevole alla responsabilità dell’OdV:
secondo i sostenitori della responsabilità penale dei membri dell’OdV la responsabilità di questi ultimi scaturirebbe dal fatto che, sono dei controllori e, come tale, hanno una posizione di garanzia, ovvero un obbligo giuridico di impedire un evento dannoso, nel caso di specie le lesioni del lavoratore, per cui secondo il combinato disposto dell’art. 40 cpv. e dell’art. 113 c.p. omettere di impedire un evento equivale a cagionarlo attraverso una cooperazione tra soggetto che commette il reato e colui che avrebbe il dovere di impedirlo.
- Tesi contraria alla responsabilità dell’OdV:
di contro, i sostenitori della opposta tesi asseriscono che, l’OdV tra i suoi compiti non ha quello di impedire il verificarsi di eventi dannosi o lesivi, non essendogli riconosciuto un specifico “potere impeditivo”. I membri dell’OdV non hanno “una posizione di garanzia” un dovere di impedire che eventi lesivi (infortuni sui luoghi di lavoro) si verifichino essendogli riconosciuto solo una “funzione di controllo”, anche in considerazione del fatto che, gli unici soggetti a cui l’ordinamento impone tale obbligo sono il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti in qualità di responsabili del corretto adempimento delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
La caratteristica principale di una posizione di garanzia è il potere di impedire che un evento si realizzi e, nel caso specifico di un infortunio sui luoghi di lavoro tale potere è in capo al datore di lavoro o al preposto, mentre, l’OdV dal canto suo si occupa delle procedure e condizioni generali di sicurezza e non certo per questo gli si potrà addebitare una responsabilità omissiva, specie nell’ipotesi in cui si verifichi un singolo evento specifico (infortunio).
- Tesi della cooperazione colposa:
da ultimo, è il caso di evidenziare una ulteriore tesi venutasi a creare in dottrina secondo la quale, l’OdV che è venuto a conoscenza di specifiche e ripetute condotte negligenti da parte dei lavoratori se non valuta con attenzione i possibili ed eventuali rischi in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e, soprattutto non segnala le necessarie correzioni al modello agli organi direttivi “potrebbe” cooperare con i garanti in questo caso non attraverso una condotta omissiva ma, bensì attiva e cioè, venuto a conoscenza di una situazione di pericolo per i lavoratori non la comunica tempestivamente al C.d.A. e, così facendo fornisce un contributo causale nella realizzazione dell’evento (lesioni – morte del lavoratore).
In tale situazione potrebbe venirsi a creare una cooperazione colposa tra più soggetti diversi ovvero il garante, il preposto e l’OdV.
La fonte della responsabilità risiederebbe in un adempimento di cautele, ovvero, il non corretto adempimento di cautele relazionali rispetto ad altri organi dell’ente preposti ex D.Lgs. 81/2008 ad impedire l’evento infortunistico.
Nel caso di specie non si può invocare “il principio di affidamento” dal momento che, l’OdV ha un compito di vigilanza e controllo su soggetti che per loro natura potrebbero commettere reati.
L’OdV può essere definito un organo particolare verso cui l’ordinamento nutre grandi aspettative ed il cui compito specifico è quello di: vigilare e controllare e, se non adempie scrupolosamente ai propri compiti istituzionali in maniera corretta può fortemente aumentare il rischio di commissione di reati da parte dell’ente con l’ovvia conseguenza che se questi reati sono di natura colposa, in teoria all’OdV potrebbe essere addebitata una cooperazione colposa nella realizzazione dell’evento.
La cooperazione colposa rappresenta dunque una possibile minaccia a carico del membro dell’OdV, ma allo stato non si rinvengono precedenti giurisprudenziale in tal senso.
L’unico caso di responsabilità penale dell’OdV:
è previsto dalla normativa antiriciclaggio introdotta dal decreto legislativo 231/2007.
L’art. 52 di tale testo normativo demanda ad alcuni organi, tra cui appunto l’OdV, il compito di vigilare sull’esecuzione e sul rispetto delle imposizioni sancite dallo stesso decreto. Il secondo comma di tale articolo, in particolare, impone a tali organi alcuni specifici obblighi di comunicazione riguardanti atti e fatti indicati dal testo normativo. Il combinato disposto degli artt. 52, 2° comma, e 55, 5° comma punisce chi, essendovi obbligato, omette di fornire tali comunicazioni.
È questo l’unico caso certo di responsabilità penale a cui l’OdV può andare incontro fino ad oggi.
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Intervento di Cipriano FICEDOLO – Avvocato Penalista d’Impresa
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Corte di Cassazione, Sentenza n. 18168 del 02/05/2016 – caso Fincantieri
(2) D. Lgs. 231/2001 – Responsabilità amministrativa degli Enti
(3) Corte di Cassazione, Sentenza n. 38343 del 18/09/2014 – caso ThyssenKrupp