Da un paio di decenni nel nostro Paese imperversano gli “accreditamenti”.
Gli ospedali e i poliambulatori devono essere accreditati (su questa vicenda rimandiamo a due nostri articoli già pubblicati su questa piattaforma)(1)(2), le strutture che erogano formazione (definite pomposamente agenzie formative) devono essere accreditate, le aziende per la rimozione dell’amianto devono essere accreditate.
Non troppo tempo fa sono stato contattato da una azienda che eroga formazione finanziata dai fondi interprofessionali perché ricercava un docente universitario che potesse accreditare un corso finanziato da Fondo-impresa (l’ente bilaterale costituito da Confindustria, da una parte, e da CGIL, CISL e UIL, dall’altra).
Ho tentato di spiegare al titolare di questa “agenzia formativa” che un docente universitario, nel quadro giuridico italiano, non può accreditare niente e nessuno. Non credo di esserci riuscito. Il titolare dell’azienda ha preso atto del mio rifiuto ma non è stato convinto dalla mia spiegazione (cioè che un docente universitario non può accreditare nessuno e niente) ed ha probabilmente pensato che il mio rifiuto fosse dovuto a chissà quali paturnie di un professore universitario anziano.
Mi è capitato di dover bonificare un capannone ricoperto da una tettoia con amianto in Italia. La ricerca di una ditta accreditata è stata defatigante. Ho dovuto fare la stessa cosa in Belgio. Qui tutto è stato più semplice: la ditta che mi ha risolto il problema (non accreditata da nessuno) ha semplicemente dovuto sottoscrivere una attestazione con la quale dichiarava di aver rimosso l’amianto seguendo il processo imposto dall’autorità fiamminga responsabile dell’ambiente.
Non raramente mi capita di essere contattato da “agenzie formative” formalmente accreditate che mi propongono di partecipare a gare per l’erogazione di corsi di formazione finanziati vuoi da Regioni (con fondi UE) vuoi da fondi interprofessionali. La proposta ha sempre lo stesso tenore: l’agenzia formativa è legalmente abilitata a partecipare alla gara ma non è in grado di sviluppare con competenza professionale l’offerta. Oramai mi sono convinto che le così dette “agenzie formative” accreditate si sono fatte accreditare proprio perché, non avendo nessuna competenza professionale, cercano di entrare in un mercato a loro estraneo passando per la porta loro aperta da una burocrazia formale e priva di competenza.
Il caso dell’accreditamento delle strutture sanitarie merita alcune considerazioni. Sino ai tentativi di riforma del Ministro DE LORENZO nel 1992 (D.lgs. 502/1992), la struttura sanitaria per eccellenza era l’ospedale. L’ospedale pubblico non aveva bisogno di alcuna autorizzazione/accreditamento, proprio per la sua natura giuspubblicistica. Le cliniche private dovevano essere autorizzate e poi accreditate da una struttura pubblica, di solito un ospedale che era sotto il controllo della Provincia. Gli ambulatori e i centri diagnostici erano, eventualmente sottoposti alla tutela della struttura pubblica competente per l’igiene. In questo caso era chiara la presunzione (errata) che la competenza giuspubblicistica e la competenza tecnico-professionale fossero un coincidenti. L’intervento del Ministro De Lorenzo ha sollevato per la prima volta la questione se questa coincidenza sia corretta o meno. Il Ministro De Lorenzo (D.lgs. 502/1992) tentò di mettere le strutture ospedaliere pubbliche e private sullo stesso piano e di far accreditare tutte e due, prendendo atto che la competenza giuridica non era necessariamente garanzia di competenza tecnico-professionale. Il progetto del Ministro DE LORENZO è rimasto lettera morta anche perché non si è affrontato il problema di quale organismo fosse abilitato ad accreditare le struttura sanitarie, sia pubbliche che private dal punto di vista tecnico-professionale. Attualmente gli ospedali pubblici si accreditano con una autocertificazione e quelli privati sono accreditati da ospedali pubblici in violazione della normativa UE (si veda in tal proposito il Regolamento Europeo 765/2008, il quale prevede che vi sia in ogni Stato membro un Ente unico di accreditamento che attesti la competenza, l’indipendenza e l’imparzialità degli organismi di certificazione, ispezione e verifica).
La situazione dell’accreditamento delle strutture sanitarie si presenta in maniera molto simile per le strutture che offrono servizi sociali. Qui l’ente accreditante è il Comune, per il quale valgono tutte le riserve che abbiamo già visto per le strutture sanitarie.
Il caso delle agenzie formative e delle aziende chiamate a rimuovere l’amianto presenta un profilo diverso. Qui il problema non sta tanto nel rapporto autorità giuspubblicistica vs. autorevolezza tecnico professionale, come nel caso delle strutture sanitarie e sociali. Qui il problema sta nel rapporto competenza tecnico-professionale vs. libertà di impresa e libero mercato. Quando ci viene sottoposto un preventivo, di solito, alla fine dello stesso, si legge la frase “il lavoro sarà eseguito a regola d’arte”. Tendiamo a dimenticare che cosa si intenda con questa espressione. Qui la “regola dell’arte” sta ad indicare la regola imposta dall’arte, dalla corporazione. Il nostro sistema economico viene a ragione criticato perché corporativo.
Il fatto è che del corporativismo abbiamo mantenuto le barriere di tipo clientelare all’entrata nel mercato e abbiamo abbandonato i meccanismi selettivi della competenza.
La via d’uscita è di tipo culturale. Le strutture sanitarie, sociali e socio-sanitarie dovrebbero rientrare nel quadro delle normative della UE (Regolamento Europeo 765/2008). Nel caso del rapporto professionalità/mercato non va dimenticato che la responsabilità professionale non può essere di una persona giuridica ma di persone fisiche.
Qui si richiama la scarsa attuazione della legge n. 4 del 2013 (che prevede la possibilità di formare associazioni di natura privatistica per le professioni senza albo, associazioni senza vincolo di rappresentanza esclusiva della professione in questione, lasciando così sussistere la possibilità che ne esistano varie per la medesima figura) che dovrebbe, per esempio, portare allo sviluppo di associazioni “abilitanti” di tecnici della manutenzione e della igienizzazione. Penso al caso degli interpreti. Esistono diverse associazioni di interpreti ma non tutte hanno lo stesso prestigio, non tutte offrono al cliente la stessa garanzia di qualità della prestazione.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) M. Balducci (2022), “Sanità e Risk Management”, Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it
(2) M. Balducci, A.M. Tiscia (2021), “Sanità e accreditamento: la difficile transizione da autorizzazione amministrativa a tecnico-professionale”, Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it