di Giovanni COSTA
La sicurezza «del» lavoro e la sicurezza «nel» lavoro sono due temi che preoccupano la maggior parte dei lavoratori e delle famiglie. Questi temi sono stati al centro di vari eventi recenti tra cui quello della Cgil a Roma e dell’Associazione nazionale dei mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) a Borgo Veneto, Padova.
I lavori precari sono in genere correlati a maggiori rischi per l’integrità del lavoratore. Per questo è ricorrente almeno da parte dei sindacati e delle forze politiche più sensibili la richiesta di maggiori garanzie.
Ma possono queste garanzie essere date con strumenti legislativi e contrattuali?
In parte sì, ma solo in parte.
Si possono individuare condizioni contrattuali minime e difficilmente eludibili, incentivi fiscali e contributivi per impieghi stabili, coperture retributive contro la disoccupazione, norme per la prevenzione degli infortuni e controlli pressanti sul loro rispetto.
Condizioni necessarie ma ampiamente insufficienti.
Le migliori garanzie si trovano:
- nel posizionamento dell’impresa,
- nella sua cultura e
- nelle sue prospettive,
- nella sua capacità di costruire legami duraturi e trasparenti con tutti gli stakeholder.
Circostanze facilitate dal superamento di una certa soglia dimensionale che consenta di spalmare i costi della sicurezza e della stabilità tra un numero di addetti e un volume di attività consistenti. Per provocare un morto sul lavoro non bastano la precarietà dell’impresa, le carenze organizzative e tecnologiche, l’insufficiente formazione, l’elusione di norme e sistemi di sicurezza e l’avidità. Servono la complicità e l’indifferenza di molti. Per evitarlo servono sforzi e attenzioni corali alle problematiche della sicurezza e della prevenzione. Anche da parte dei mass media.
Ho un ricordo indelebile di quando salvai mia figlia di un anno o poco più che aveva ingerito la «sorpresa», non a norma, di un uovo di Pasqua che la stava soffocando. Fortunatamente qualche sera prima avevo visto in tivù un programma dedicato agli incidenti dei bambini che aveva spiegato come agire in pochi secondi in un caso simile. E feci quello che non avrei mai avuto la prontezza e il coraggio di fare se non lo avessi visto in tv. Da allora ho sempre sostenuto che i mass media dovrebbero dedicare spazio alle dinamiche degli incidenti sul lavoro spiegando fino all’ossessione (con le stesse tecniche della pubblicità) i comportamenti da tenere per prevenirli. Per esempio, tra le cause di morte sul lavoro sono ricorrenti, stando alle cronache, la caduta da ponteggi senza le dovute protezioni, il ribaltamento di trattori, le esalazioni tossiche in silos o ambienti chiusi.
Quando si verifica una tragedia, leggiamo e vediamo un profluvio di dichiarazioni per esecrare, poco o nulla per spiegare nel dettaglio la dinamica dell’incidente e cosa avrebbe potuto evitarlo. Un’impresa precaria oltre che di incidenti è fonte di impieghi precari. Difficilmente può assicurare stabilità per quanto possano essere definiti dettagliati vincoli normativi. Prendiamo il settore turismo, enogastronomia e ospitalità dove la stagionalità è un dato strutturale. Il suo superamento può essere realizzato da imprese o gruppi con business a stagionalità complementari come la croceristica o le grandi catene alberghiere, che consentono anche certi percorsi di crescita professionale e retributiva. Oppure con accordi tra imprese. Un esempio, l’accordo a Bologna tra Camst (operatore di ristorazione che gestisce mense scolastiche) e Autogrill che deve affrontare i picchi estivi di attività quando le scuole sono chiuse.
Leggi, decreti e contratti possono aiutare ma non quanto le soluzioni costruite nel concreto delle imprese.
Pubblichiamo questo articolo per gentile concessione dell’Autore. Fonte, CORRIERE DEL VENETO/CORRIERE DELLA SERA del 12-OTT-2022
Intervento di Giovanni COSTA, Professore Emerito di Strategia d’impresa e Organizzazione aziendale all’Università di Padova. Ha svolto attività di consulenza direzionale e ricoperto ruoli di governance in gruppi industriali e bancari. (www.giovannicosta.it)