di Marco TADDEI
Anche nel 2021 oltre 100 infortuni mortali al mese sono stati il doloroso quanto non necessario sacrificio del mondo del lavoro nel nostro Paese.
Evidentemente la sfida sempre aperta verso la conformità alle norme applicabili dei processi produttivi e non è ancora lungi dall’essere ben interpretata da tutti i titolari delle attività stesse, in molti casi pur impegnati a rispettare adempimenti e relative scadenze.
In realtà gestire un rischio in modo efficace non è un esercizio semplice, tanto che occorre possedere una chiara visione di processo e condividere solidi valori con management e collaboratori prima ancora che onorare una lunga e mai esaustiva serie di attività cogenti.
Occorre premettere che il primo significato di una sana politica di compliance riferita all’antinfortunistica è innanzitutto quello di tutelare le risorse più preziose del mondo del lavoro, assicurando loro i risultati di un processo di miglioramento in cui gli stessi dipendenti vanno coinvolti nel giocare il proprio ruolo. Per ottenere una cultura della sicurezza davvero efficace occorre anche strutturare il processo stesso in modo che l’output sia quello desiderato (incidenti zero o tasso infortunistico in netta riduzione). Parimenti sarà necessario agire sul processo ogni qual volta il risultato si discosti dal target prefissato (es. presenza di infortuni o near misses), in analogia a quanto accade per ogni altro tipo di processo.
Cosa accadrebbe in una realtà societaria se non vi fossero chiari indicatori economici? Probabilmente il bilancio si scriverebbe in rosso, perché chiuderlo in nero costa di certo più fatica a tutti.
Cosa accadrebbe in un’azienda senza un budget di spesa? Probabilmente le uscite supererebbero i ricavi e l’azienda sarebbe destinata presto a fallire.
Cosa accadrebbe se non ci fosse un controllo di gestione attento e puntuale? Probabilmente il budget sarebbe superato ogni mese, senza possibilità di adeguare la gestione in tempo utile per assicurare un bilancio positivo a fine dell’esercizio.
Per quanto sia oggi raro trovare organizzazioni che non provino a gestire al meglio il processo dal punto di vista economico dotandosi degli strumenti sopra accennati, al contrario capita molto più frequentemente di incontrare realtà sprovviste di indicatori di sicurezza (o quando presenti sono spesso poco compresi), senza precisi impegni preventivati l’anno precedente e con una revisione dei risultati limitata ad una periodicità annuale. Non può sorprendere che in questi casi le relative performance siano poi scadenti, la gravità degli accadimenti conseguente e che ahimè imprevisti sociali, organizzativi e legali divengano presto familiari a chi ricopre posizioni di garanzia in quelle organizzazioni.
Credere di poter gestire il rischio salute e sicurezza sul lavoro con schemi differenti da qualsiasi altro processo strutturato è pura illusione, probabilmente frutto di una visione miope che sempre più cozza con l’attuale inevitabile ricerca di sostenibilità per il proprio business, misura chiave sia per generare profitto oggi che per giocare anche domani un ruolo nel proprio mercato.
L’impegno mirato semplicemente a defalcare una lista di obblighi ed adempimenti di legge senza una coerente politica di miglioramento alla base, inevitabilmente rischia di penalizzare anche il ritorno degli investimenti o delle misure organizzative adottate, sprecando le opportunità attese.
L’evoluzione da puro impegno di compliance normativa a miglioramento delle performance di un proprio processo strategico, dunque costituisce la vera garanzia di ottenere un’efficace gestione e progressiva riduzione del rischio in campo antinfortunistico. Alla base del dimezzamento degli infortuni di un sito di estrusione di alluminio nel Lazio, dietro ad una riduzione dell’83% degli eventi in una realtà elettrotecnica milanese, dietro un -75% di incidenti in un gruppo industriale dell’Automotive lombardo o dietro ad altri primati storici ottenuti in una multinazionale leader in Europa nel comparto del vetro, c’è proprio la medesima evoluzione.
Chi dunque ha ben inteso la necessità di questa evoluzione e si è impegnato in tal senso, è riuscito a convincere i propri azionisti, a rafforzare la propria immagine sul mercato e ad attrarre più facilmente talenti. Tutto questo oggi come ieri è possibile senza la necessità di onerosi investimenti, anzi spesso con il contributo di finanziamenti pubblici o di settore.
Intervento di Marco TADDEI, Consulente di Direzione e Fondatore di Smart Solutions