Ancora una volta l’applicazione della normativa antiriciclaggio occupa un profilo di primo piano nel panorama giuridico italiano, imponendosi come uno dei maggiori pilastri della lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo internazionale.
Eppure — nonostante i fatti e la cronaca giudiziaria confermino la necessità, anche sotto il profilo etico non solo giuridico, di serrare le maglie della rete dei controlli — larga parte dei soggetti obbligati chiede di sfuggire ai meccanismi di prevenzione.
Non poche criticità derivano dalle interpretazioni della normativa da parte di numerosi soggetti obbligati, indicati dall’art. 3 D. Lvo 231/2007, ai quali deve forse aggiungersi un nuovo soggetto obbligato, inserito dalla riforma Cartabia ex art. 586 comma 1 c.p.c.: il giudice dell’esecuzione e delle procedure concorsuali.
È nota ai lettori di questa rivista la polemica insorta all’indomani dell’entrata in vigore della riforma del processo civile — da applicarsi alle procedure instaurate successivamente al 28.02.2023(1) — in relazione alla dichiarazione antiriciclaggio che l’aggiudicatario deve fornire:
- essa investì soprattutto il denunciato aggravio di adempimenti e di verifiche a cui ne sono risultati tenuti tanto il giudice quanto il delegato alle vendite, ai sensi degli artt. 585 comma 4 e 586 c.p.c.(2).
Verifichiamo alcuni progressi del dibattito sul tema.
Il giudice: benvenuto tra i soggetti obbligati
Per contrastare il rischi di infiltrazione criminale e di riciclaggio di denaro e tentare di applicare la normativa AML e antiterrorismo anche al processo civile, il legislatore della novella ha previsto che “Nel termine fissato per il versamento del prezzo, l’aggiudicatario, con dichiarazione scritta resa nella consapevolezza della responsabilità civile e penale prevista per le dichiarazioni false o mendaci, fornisce al giudice dell’esecuzione o al professionista delegato le informazioni prescritte dall’articolo 22 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231” (artt. 585 comma 4 c.p.c.). Il primo comma dell’art. 586 c.p.c. novellato prescrive che “Avvenuto il versamento del prezzo e verificato l’assolvimento dell’obbligo posto a carico dell’aggiudicatario dall’articolo 585, quarto comma, il giudice dell’ esecuzione può […] pronunciare decreto col quale trasferisce all’ aggiudicatario il bene espropriato […]”.
Si è così — di fatto — inserito il giudice dell’esecuzione tra i soggetti obbligati alla verifica e agli altri incombenti, prescritti dalla legge antiriciclaggio, ad onta di quanto ancora strenuamente ritenuto in senso contrario(3).
Quali informazioni deve fornire l’aggiudicatario?
In realtà, la maggiore criticità è rappresentata dal fatto che l’art. 22 del decreto legislativo 231/07 rubricato “obblighi del cliente” si limita a disporre genericamente che: “I clienti forniscono per iscritto, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consentire ai soggetti obbligati di adempiere agli obblighi di adeguata verifica”. La norma non indica puntualmente la natura, né individua le informazioni che i clienti devono fornire per iscritto, tantomeno prescrive un obbligo di fornire una dichiarazione sottoscritta: le informazioni che il cliente/aggiudicatario ha l’obbligo di fornire possono essere anche rappresentate da documentazione, ad esempio, attestante la provenienza del denaro, la propria capacità patrimoniale e quanto occorra per consentire al verificatore di completare la necessaria attività e tenere aggiornate le informazioni.
L’informazione da acquisire, secondo la prescrizione dell’art. 22, non è quella necessaria per l’individuazione della persona fisica/giuridica dell’aggiudicatario dell’immobile nella procedura espropriativa: tale verifica è già operata a monte con la compilazione dell’offerta per partecipare alla vendita (e la possibilità — nei limiti fissati dalla legge — dell’aggiudicazione per persona da nominare). Potrebbe forse opinarsi che l’informazione sull’identificazione dovrebbe essere implementata con la dichiarazione del titolare effettivo: dichiarazione che andrebbe ovviamente verificata.
Le informazioni acquisite dal cliente/aggiudicatario dovrebbero invero mirare essenzialmente a fornire le seguenti indicazioni:
- la titolarità effettiva dell’aggiudicatario e,
- l’eventuale esposizione politica,
- la provenienza dei fondi impiegati e,
- la coerente proporzione tra l’impegno economico e le capacità patrimoniali.
Giudice e delegato devono verificare le informazioni fornite
Per aversi effettiva applicazione in concreto dei presìdi, posti dalla norma ad impedire e contrastare fenomeni di riciclaggio di denaro e terrorismo, è certo che le informazioni fornite debbano essere verificate. Eppure, tutti i tribunali d’Italia (salvo quelli che ancora non si sono adeguati) hanno interpretato la funzione di verifica nell’ambito delle procedure di espropriazione immobiliare ridimensionando l’efficacia della riforma e sostanzialmente riducendola ad una mera attività materiale di acquisizione documentale: basterebbe cioè acquisire agli atti la autodichiarazione del soggetto aggiudicatario (in tesi, da indagare).
Pertanto, a oggi l’acquisizione del modulo (che è più un formulario) da compilarsi a cura dell’aggiudicatario, soddisferebbe i criteri di prevenzione del rischio di riciclaggio di denaro mediante partecipazione alle aste giudiziarie. I tribunali più meticolosi si sono spinti fino a predisporre due moduli diversi, a seconda che l’aggiudicatario sia persona fisica o giuridica, mentre alcuni formulari prevedono oltre all’auto-dichiarazione della provenienza del denaro anche l’esplicazione della natura e dello scopo della partecipazione all’asta (Tribunale di Milano, in figura): questione che appare non del tutto avulsa rispetto alle finalità e al perimetro della normativa antiriciclaggio.
Appare immeritevole di approfondimento l’indagine che concerna l’intenzione sull’utilizzo da farsi dell’immobile) e sulle intenzioni dell’aggiudicatario: i motivi che muovono la parte a contrarre sono irrilevanti, a meno che il motivo sia unico, illecito e comune a entrambe le parti: si tratta di ipotesi difficilmente prevedibile nel caso di specie (art.1345 c.c.). Eppure, non può serenamente affermarsi che lo “scopo” del rapporto e dell’operazione, indicato come oggetto di verifica dall’art. 18 comma 1 lett. c) D.Lvo 231/2007 rappresenti la causa giuridica dell’operazione, ovvero la stipulazione del contratto di vendita giudiziale. Appare pertanto giustificata un’indagine sulle “intenzioni” d’investimento, non certamente sulle motivazioni intime e personali, bensì sullo scopo dell’operazione di acquisto: ad esempio se per finalità di utilizzo personale (irrilevante la tipologia dell’uso da farsi) o per ragioni di tipo professionale e commerciale. Tali informazioni invero ben potrebbero sintetizzarsi nelle definizioni giuridiche di consumatore e professionista(4).
Altri tribunali (Trib. Roma, in figura) hanno previsto, a pena di inammissibilità, l’allegazione della dichiarazione antiriciclaggio resa dall’aggiudicatario alla bozza del decreto di trasferimento.
Come devono svolgersi le verifiche antiriciclaggio da parte del giudice e del delegato?
Nel ragionare su come debbano svolgersi le modalità di adempimento degli obblighi di verifica ai fini antiriciclaggio, vengono in rilievo gli artt. 17 ss. del decreto. In particolare appare indispensabile il riferimento al comma 2 lett. b) dell’art.17 (Disposizioni generali), ovvero alla necessità di verifica quando vi sono dubbi sulla veridicità o sulla adeguatezza dei dati ottenuti ai fini dell’identificazione oppure (a) quando vi è aperto sospetto di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
Esclusa la seconda ipotesi (che è la prima in elencazione di gravità della norma), il giudice, con l’ausilio del delegato, dovrebbe verificare innanzitutto che non vi siano dubbi circa la autenticità delle copie dei documenti forniti per l’informazione fornita dall’aggiudicatario (non potendosi limitare all’acquisizione del formulario, anche se riempito).
Tale verifica non appare particolarmente complessa, si tratta di:
- visionare l’originale dei documenti identificativi delle persone fisiche;
- consultare fonti aperte per accertarsi che l’aggiudicatario non sia un noto pregiudicato di cui siano disponibili informazioni online o su riviste o quotidiani;
- per ciò che concerne le persone giuridiche andrà consultato il Registro delle Imprese.
Certamente i criteri generali aiutano non poco, prescrivendo che si debbano verificare — confrontandosi i dati dichiarati almeno con quelli agevolmente ricavabili — anche in relazione:
- alla prevalente attività svolta, (comma 3 lettera a n. 2 art. 17),
- al comportamento tenuto al momento del compimento dell’operazione,
- all’area geografica di residenza o sede del cliente o della controparte,
- all’ammontare dell’operazione,
- alla frequenza delle operazioni svolte, quindi a precedenti partecipazioni dell’aggiudicatario ad aste, presso quello o altri Uffici giudiziari (sul punto, viene in rilievo l’importanza dell’attivazione dal 28 ottobre scorso e l’accesso per la consultazione della banca dati aste giudiziarie BDAG)(5);
- alla ragionevolezza dell’operazione e quindi quanto meno alla coerenza tra i dati reddituali e patrimoniali dichiarati e l’ammontare dell’operazione (in connessione con le prescrizioni dell’art. 18);
- al titolare effettivo dichiarato e (quando sarà operativo) confrontato con i dati contenuti nella sezione TE del Registro imprese.
Come deve svolgersi l’operazione di verifica è con dovizia di particolari indicato dall’art. 19 del decreto: la verifica si esegue mediante identificazione e riscontro dei documenti e delle informazioni, certamente non essendo sufficiente la mera acquisizione del modulino o formulario di autocertificazione allorquando “sussistano dubbi, incertezze o incongruenze”.
All’eccezione comprensibile, che tali attività potrebbero pregiudicare la speditezza delle procedure giudiziali, si può agevolmente rispondere che la verifica delle informazioni fornite dall’aggiudicatario ben può essere svolta mediante l’acquisizione del fascicolo di adeguata verifica della clientela effettuata da soggetti terzi, segnatamente dall’istituto di credito tramite il quale l’aggiudicatario ha pagato la cauzione o ha versato il saldo del prezzo (mediante semplice richiesta da farsi ai sensi degli artt. 19 comma 1 n.4) e 26 da parte del delegato alle vendite o direttamente dell’Ufficio del giudice delegato).
In ogni caso, l’estensione delle verifiche, della valutazione e del controllo delle informazioni fornite dall’aggiudicatario è commisurata al livello di rischio in concreto rilevato dal delegato o dal giudice dell’esecuzione. I livelli di rischio sono graduati agli artt. 22 ss. del D.lvo 231/2007 ed appare opportuno valorizzare l’elevazione della gravità (che impone un rafforzamento nelle verifiche) connesso a eventuali “circostanze anomale” (art. 24 comma 2 lett. a, n. 1) in cui si siano svolte le attività, alla partecipazione all’asta di soggetti “schermati” dall’interposizione patrimoniale (art. 24 comma 2 lett. a, n. 3) o non residenti in Stati membri UE (art. 24 comma 2 lett. c e lett. a, n. 2), specie se coinvolti direttamente in conflitti di guerra (si pensi oggi all’Ucraina o a Israele) o soggetti a embargo, sanzioni o misure analoghe (Russia, Cuba) oppure paradisi fiscali (di cui all’elencazioni GAFI-UIF) o Paesi “ritenuti carenti di efficaci presidi di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo”(6).
Alcuni uffici giudiziari hanno esteso l’obbligo dell’autodichiarazione a tutti gli offerenti in una competizione espropriativa: obbligo che sebbene non espressamente previsto dalla norma processuale (che si limita al solo aggiudicatario), è encomiabile sotto il profilo delle intenzioni di effettività, affinché — quanto meno nei limiti dell’autocertificazione — si tenti di contrastare anche la semplice partecipazione alla procedura di vendita giudiziaria, non solo tentando di impedire l’inevitabile aggiudicazione dell’immobile, intervenendo ex post. Anche la mera partecipazione di malintenzionati alle procedure giudiziarie pregiudica l’intero sistema giudiziario e danneggia l’economia sana.
Viene però in tal modo introdotto un obbligo di fonte interpretativa e che non è sancito dalla norma: ciò si riverbera fatalmente sul piano delle conseguenze, mancando l’addentellato giuridico per l’individuazione e l’applicazione di una sanzione in caso di omissione. Eppure, restando sul piano delle conseguenze giuridiche del mancato conferimento di informazioni necessarie alla verifica antiriciclaggio, in assenza di un’espressa indicazione normativa sulle conseguenze della mancata consegna dell’autocertificazione, appare più ragionevole impedire la partecipazione alla competizione, piuttosto che discutere sul da farsi, dopo aver trasferito il bene e (in tesi) realizzato il progetto criminale. Senza una espressa sanzione prevista dal codice processuale, i tribunali non sono in grado di applicare efficacemente la normativa.
Infine, pare utile ricordare che — se il legislatore della novella ha introdotto l’obbligo della verifica preventiva delle informazioni fornite dall’aggiudicatario — il giudice, prima di emettere il decreto di trasferimento, dovrà effettuare la verifica delle informazioni fornite, attenendosi alle regole procedimenti della verifica adeguata stabilite dagli artt. 17 ss. D.Lvo 231/2007 e con le conseguenze per l’omessa o insufficiente verifica stabilite dall’art. 56 (dura lex sed lex!). Si aggiunga che pare proprio, dalla lettera dell’art. 586 comma 1 c.p.c. che la verifica (e l’eventuale omissione) siano istituti giuridici che coinvolgano esclusivamente il magistrato, con esclusione del delegato alle vendite, in quanto attività prodromiche all’emissione del decreto di trasferimento, che è atto strettamente giudiziale.
Quali conseguenze per l’omessa informazione?
Dalla lettura combinata delle norme, pare agevole dedurre che:
- all’aggiudicatario non dichiarante non possa essere trattenuta la cauzione ed impedito il trasferimento, in quanto l’art. 587 c.p.c. (inadempienza dell’aggiudicatario) non è stato modificato con allineamento ai principi della riforma; la cauzione può essere trattenuta come multa solo in caso di mancato versamento del residuo del prezzo o della rata di questo, con dichiarazione di decadenza e la disposizione di un nuovo incanto;
- in favore dell’aggiudicatario non dichiarante (o dichiarante il falso o dichiarante circostanze non verificabili o non verificate) il giudice non possa pronunciare decreto col quale trasferisce il bene espropriato, in quanto il primo comma dell’art. 586 c.p.c. prescrive espressamente che il decreto di trasferimento deve essere preceduto dalla verifica delle informazioni fornite, che rappresenta un antecedente condizionante essenziale; l’eventuale trasferimento non preceduto dalla verifica delle informazioni fornite dall’aggiudicatario — ai sensi degli artt. 22 D.Lvo 231/2007 e 586 comma 1 c.p.c. — sarebbe atto dell’esecuzione forzata invalido per violazione di legge e pertanto opponibile mediante ricorso allo stesso Ufficio giudiziario procedente (diversa persona di magistrato), con lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c.;
- all’aggiudicatario non dichiarante debba essere revocata l’aggiudicazione (come esplicitamente afferma — ad esempio — il tribunale di Pistoia in un avviso di vendita (in figura, e deve ritenersi, secondo indicazioni rese ai delegati, come orientamento d’Ufficio);
- nei confronti dell’aggiudicatario non dichiarante (o dichiarante il falso o dichiarante circostanze non verificabili) dev’essere effettuata segnalazione di operazione sospetta all’UIF da parte del giudice o del delegato, ai sensi dell’artt. 35 ss. D.Lvo 231/2007;
- l’aggiudicatario dichiarante il falso o dichiarante circostanze non verificabili sarà anche responsabile ai sensi e per gli effetti dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000.
Maggiore deterrenza ha invece impedire la partecipazione all’asta dei soggetti che non presentino la autocertificazione dichiarativa e la direzione presa dal tribunale di Roma è forse più efficace rispetto alla mera attinenza all’espressione letterale della norma, alla quale si riferisce la quasi totalità degli Uffici giudiziari.
- In caso di omesso versamento della dichiarazione, il mancato accesso alla procedura di vendita è anche più difficilmente rivendicabile, dovendosi agire ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento che esclude il soggetto dalla partecipazione all’asta.
- In caso, invece, di mancata consegna della auto-dichiarazione, il trasferimento si avrà ugualmente, la cauzione non andrà persa e qualche ufficio giudiziario dell’esecuzione ha previsto la mera segnalazione a UIF.
Nella stragrande maggioranza dei casi,nei protocolli dei tribunali emerge che il soggetto tenuto ad effettuare la SOS sia il delegato, che dovrà poi darne notizia al GE, in altri casi è stato previsto invece che il delegato sia autorizzato dal giudice ad inoltrare la segnalazione (Tribunale di Nola, in figura).
Restano ancora, per ora, escluse da un’espressa previsione tutte le alienazioni dei diritti reali effettuate nell’ambito di un procedimento giudiziario (transazione, divisioni ereditarie, autorizzazioni di volontaria giurisdizione, ecc.).
Non da ultimo, è da considerare che criminalità e terrorismo hanno solo da oggi le ore contate, nelle illusorie intenzioni di alcuni interpreti, in quanto questi “stringenti” obblighi si applicano solo alle procedure instaurate dopo il 28.02.2023, con buona pace delle attività criminali che sono state compiute mediante procedure avviate prima del 27.02.2023. Encomiabile è sul punto la direttiva fornita (tra le prime, va detto) dal tribunale di Bergamo: evidenziando il superiore interesse pubblicistico della novità introdotta con comma 4 dell’art. 585 c.p.c., ha previsto l’obbligo di deposito della dichiarazione antiriciclaggio anche per i procedimenti già pendenti ed instaurati prima del 28 febbraio 2023 ):
Conclusione: rischio forum shopping
Non resta che auspicare un’armonizzazione nell’interpretazione e nell’applicazione della normativa antiriciclaggio nelle vendite giudiziarie, evitando che le gravi lacune e la disparità di trattamento, da giudice a giudice, da Ufficio a Ufficio, consentano alla criminalità di svolgere quel deprecabile fenomeno — definito forum shopping — mediante il quale il malintenzionato sceglie l’Ufficio giudiziario più confacente ai propri scopi (illeciti).
In ottica di più efficace applicazione della normativa antiriciclaggio anche nel corso delle aste giudiziarie e di effettiva prevenzione e contrasto del rischio riciclaggio e terrorismo, la prevenzione si attua:
- a livello normativo, mediante l’armonizzazione regolamentare, e
- a livello attuativo anche attraverso i controlli e le verifiche, che possono sicuramente essere considerate un aggravio e un “appesantimento” delle attività che svolgono i professionisti nell’ambito delle procedure giudiziarie (le cui collaborazioni con la Giustizia non rappresenta una prescrizione medica), ma appaiono obbligatorie e necessarie non potendosi ammettere che a tali stringenti norme restino assoggettati solo i professionisti che svolgono la libera professione: la legge antiriciclaggio o vale per tutti o non vale per nessuno.
Molta fiducia si ripone nell’entrata a regime ed effettiva fruibilità delle banche dati pubbliche: quella sulle aste giudiziarie (BDAG) è entrata in vigore proprio recentemente il 28 ottobre scorso e si attende di verificarne l’andamento e l’accessibilità da parte di giudici e professionisti delegati, il registro del titolare effettivo (RTE) invece rimane ancora sospeso in attesa dell’esito del rinvio pregiudiziale alla CGUE per verifica della compatibilità e del possibile contrasto con la normativa europea, viste le resistenze di società fiduciarie e strutture qualificabili come veicoli di interposizione patrimoniale.
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Ai sensi dell’art. 35 comma 1 del D.Lvo 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197: “Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”.
(2) Cfr. G. BOZZELLI (2023), La normativa antiriciclaggio non si applica (per ora) nel processo civile, in questa Rivista, – Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it
(3) Cfr. V. GUNNELLA, Normativa antiriciclaggio ed esecuzioni immobiliari, in F. DI MARZIO – M. PALAZZO (a cura di), Espropriazione forzata immobiliare e attività notarile, Milano, 2021, pp. 845 ss.
(4) Art. 3 comma 1 lett. a) D.Lvo. 6 settembre 2005, n. 206 (Cod. del consumo) e dal Considerando 17) della Dir. 2011/83/UE del 25 ottobre 2011.
(5) Dal sito ministeriale si legge quanto segue. Banca dati aste giudiziarie (BDAG) istituita ai sensi ai sensi del DM 99/2023 ed accessibile dal link. La BDAG conterrà i dati delle aste completate relative agli annunci pubblicati sul Portale delle Vendite a partire dal giorno 28/10/2024. La manualistica per i soggetti delegati alla vendita è disponibile ai link “Portale delle Vendite Pubbliche, FAQ” mentre la manualistica per gli utenti giustizia è disponibile al link Manualistica BDAG. Sono stati aggiornati anche il manuale per la compilazione delle offerte e per la pubblicazione degli avvisi di vendita sul PVP, sempre disponibili al link “Portale delle Vendite Pubbliche, FAQ“.
(6) Art. 24 comma 2 lett. c, n. 1: in qualche modo potrebbero essere considerati a rischio oggi i Paesi UE come l’Olanda e quelli a fiscalità particolarmente agevolata come Cipro, Malta, Austria, Irlanda, ecc. Si veda al riguardo quanto già denunciato dalle pagine di questa Rivista:
G. BOZZELLI, (8 agosto 2023), La normativa antiriciclaggio non si applica (per ora) nel processo civile – Risk & Compliance Platform Europe; www.riskcompliance.it e,
circa un anno fa su una nota rivista olandese: R. van der Burgh – R. Elibol – M.Rotman, Onbevangen kan ik niet meer zijn, in De Groene Amsterdammer, 1 novembre 2023