di Milena CIRIGLIANO
Dalla rete di distribuzione carburanti ad una rete multi-service di distribuzione dell’energia: spunti, in termini di evoluzione normativa, per agevolare una compliance efficace e sostenibile.
La metamorfosi della mobilità è strettamente legata alla transizione energetica e passa da un approccio olistico al cambiamento, che il legislatore e il governo dovrebbero fare propri nella costruzione delle regole attuative necessarie allo scopo.
La salvaguardia del nostro pianeta, così ambita e sentita soprattutto dalla green generation, è connessa, tra l’altro, al taglio delle emissioni dei trasporti; ma la mobilità tradizionale non può essere realisticamente intesa come una pagina da strappare e sostituire ex novo, in tempi brevi, con altra forma di mobilità.
Fattori condizionanti, importanti da considerare come gli equilibri di mercato, lo sviluppo della tecnologia dei trasporti, il cambiamento di collocazione della forza lavoro, fanno da contraltare a scelte normative ambiziose, etiche e marcatamente ambientaliste quanto irrealistiche, nel breve, sotto il profilo della trasformazione genetica della rete, con seria riduzione delle emissioni. Raggiungere l’obiettivo richiede:
- azioni integrate,
- tempi ragionevoli e,
- un quadro normativo ed autorizzativo semplificato.
La promozione dell’elettrico implica azioni concrete
L’introduzione di obblighi, ma anche di incentivi, è certamente uno strumento utile a migliorare la qualità dei carburanti tradizionali venduti sulla rete e la diffusione dei carburanti innovativi (metano, GNL, carburanti premium, biocarburanti, elettrico, idrogeno), ma non basta; affinché la mobilità elettrica non sia elitaria ma un servizio funzionale ed efficace per tutti coloro che la scelgono, occorre promuovere ancor di più il rinnovamento del parco dei veicoli in circolazione e l’innovazione della rete di distributori; essenziale un sistema capillare che consenta al cliente finale di ultimare il rifornimento in poco tempo, anche fuori città, per percorrere distanze medie e lunghe.
Se è vero l’assioma che scelte sostenibili impongono l’intelligente utilizzo delle risorse esistenti, l’attuale rete di distribuzione carburanti è il luogo ideale per l’installazione delle ricariche ultrafast. Esistono già risorse disponibili: location e forza lavoro (persone avvezze ad assistere i clienti con specifico know-how nella gestione del punto vendita anche sotto il profilo della sicurezza dell’attività e dei clienti). Inoltre, la capillarità della rete reca in re ipsa il vantaggio di assicurare al viaggiatore elettrico un’esperienza di rifornimento vantaggiosa e familiare quanto quella tradizionale.
I fondi EU ed il PNRR sono strumenti preziosi per questo tipo di transizione, ma la realtà autorizzativa per l’installazione delle colonnine elettriche è irta di ostacoli che complicano, troppo per la verità, il raggiungimento dell’obiettivo di conformità dei punti vendita; realtà, queste, coinvolte da una miriade di norme, regolamenti, ispezioni (si pensi al fronte sicurezza e a quello autorizzativo delle attività oil e non-oil) che rischiano di trasformare l’elettrico da opportunità a complicazione antieconomica. Ad oggi ogni Comune è una sorta di “feudo” a sé, governato da regole e prassi autoctone che rendono il dialogo con enti locali e concessionari spesso farraginoso, il che genera una lentezza incompatibile con l’urgenza della transizione. La chiave di volta è definire un regime autorizzativo semplificato per l’installazione di colonnine elettriche all’interno delle aree di servizio: urgono linee guida e regole uniche. Sarebbe estremamente utile coltivare, inoltre, la semplificazione dell’iter di bonifica per gli operatori che decidono di chiudere un punto vendita carburanti e convertirlo in punto vendita elettrico. Si potrebbe più velocemente recuperare i piccoli distributori presenti nelle aree urbane che potrebbero essere agevolmente convertiti in punti vendita per l’erogazione dell’energia elettrica recuperati al fine di assicurare una più fitta infrastruttura di ricarica urbana.
Digitalizzazione della filiera energetica e sicurezza dei dati
La digitalizzazione sta trasformando i processi con cui l’energia si produce, si distribuisce e si consuma. La transizione energetica si fonda su un mix di diverse risorse (elettrica, solare, eolica e idrogeno) a basso o a zero emissioni di carbonio e presuppone il cambiamento di paradigma dell’intero sistema di produzione e fruizione dell’energia.
Cresce la domanda di dispositivi per la gestione dell’energia, che dovranno essere connessi per poter condividere i propri dati telemetrici; a tale quadro si somma l’evoluzione delle smart grid e tutto ciò implica investimenti per la realizzazione di piattaforme resilienti, partecipative e sostenibili atte ad abilitare nuovi servizi e generare valore a beneficio dell’intero ecosistema. L’infrastruttura del futuro, base essenziale per le attività economiche e sociali, è costituita da reti di distribuzione elettrica:
- accessibili,
- flessibili e
- inclusive,
progettate per svolgere un ruolo centrale e strategico al fine di consentire alla società in generale e agli stakeholder in particolare il raggiungimento dei propri obiettivi.
Si profilano scenari di gestione strategica della rete supportata dall’Intelligenza Artificiale, il che aumenterà l’efficienza e la sicurezza, a sicuro vantaggio per l’ambiente. I programmi usati a questo scopo, che derivano da un approccio data driven e legato agli algoritmi di machine learning, sono in grado di auto apprendere, ma serve trattare un’immensa quantità di dati e la qualità dei dati sta all’Intelligenza Artificiale come quella dell’ossigeno alla salute umana. I software più avanzati sono “dativori” per auto-apprendere, si nutrono incessantemente di informazioni (dati di addestramento) da cui traggono la loro esperienza, diventando sempre più precisi e qui si aprono intriganti frontiere di compliance predittiva: l’apprendimento automatico consentirà agli impianti di auto-monitorare il proprio stato di non conformità, individuare in tempo reale non solo eventuali anomalie, ma anche semplici inefficienze, necessità manutentive o misure di contenimento dei rischi la cui assenza, pur non compromettendo il funzionamento di un impianto, può ridurne la produttività o aumentare il rischio relativo alla sicurezza.
Tutti questi vantaggi introducono nuovi rischi. Occorrono regole etiche, giuridiche e presidi specialistici e di controllo. La necessità delle connessioni aggiuntive, ad esempio, amplifica il rischio di aumento della tipologia e morfologia delle minacce informatiche, l’esposizione agli attacchi cresce e potrebbe inibire la capacità di reazione e contenimento degli stessi. L’evoluzione della tecnologia può dirsi direttamente proporzionale all’evoluzione delle minacce informatiche e delle vulnerabilità; la cyber security dovrebbe evolversi, affinarsi e procacciare soluzioni di prevenzione e protezione volte ad inibire le incursioni dei criminal hacker, professionisti sofisticati per i quali la rete elettrica è un obiettivo ghiotto. Un attacco ben assestato può potenzialmente paralizzare il sistema energetico di una città o di un’intera regione, con il rischio di interruzioni di energia e conseguenti risvolti economici importanti. È fondamentale che i meccanismi di difesa informatica riflettano la velocità della transizione, così da garantire la resilienza della rete.
Poiché sono necessari sempre più dati per supportare una infrastruttura moderna e per gestire la domanda e la risposta di energia, i rischi legati alla cyber security aumentano. Infatti, all’aumentare del numero di dati, aumenta anche la vulnerabilità del sistema: i cyber attacchi possono interrompere le funzionalità e bloccare la distribuzione di energia.
In tale contesto, è essenziale la promozione di best practice e linee guida che abilitino un processo di transizione energetica più sicuro; uno sforzo serio si rinviene nella Strategia nazionale di cybersicurezza 2022-2026, predisposta dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), imperniata su una declinazione di 82 misure per:
- agevolare una maggiore collaborazione pubblico-privato e,
- pianificare, coordinare e attuare interventi di sicurezza e strategie abbastanza solide da salvaguardare la rete e,
- assicurare che l’impegno per raggiungere Net Zero non venga vanificato da attacchi informatici.
È necessario che il Governo lavori a stretto contatto con il settore energetico, prevedendo nuovi investimenti, incentivando l’adozione di tecnologie innovative che aprano la strada a migliori processi di risk management e condividendo linee guida che orientino il modus operandi et defendendi delle società.
Transizione energetica e sostenibilità digitale
La definizione di sostenibilità, interpretata alla luce dei fattori ESG (Enviromental, Social e Governance) ha subìto un’evoluzione: l’imprinting tradizionale, focalizzato sugli aspetti ambientali si sviluppa verso una visione moderna di sostenibilità inglobando i diversi obiettivi dell’Agenda 2030 che, attraverso un modello organizzativo adeguato ed integrato, sostiene le diverse dimensioni dello sviluppo, tra cui la protezione dei dati personali.
La digitalizzazione reinterpreta il ruolo dei clienti, ne aumenta la consapevolezza energetica trasformandoli da utenti passivi a protagonisti attivi ed esigenti del sistema elettrico, interfacce innovative forniscono informazioni in tempo reale sui consumi e sulla produzione, abilitando nuovi servizi (demand response e la domotica) sempre più usati anche da remoto per gestire sistemi di sicurezza, elettrodomestici e regolazioni di temperatura.
La transizione energetica è legata alla digitalizzazione degli strumenti di somministrazione e vendita delle nuove energie nonché fondata sui dati, ma l’accumulo massivo di questi, a prescindere dagli obbiettivi di utilizzo, non pare essere una scelta lungimirante; occorre un progetto di raccolta sostenibile in termini di conformità alla normativa sulla privacy abbinato ad una politica di cancellazione ex lege informata. Centrale, in questo scenario, il ruolo del DPO.
Tutte le società dovrebbero far assurgere la tutela dei dati a proprio valore etico. Fare sostenibilità digitale passa attraverso un rispettoso trattamento degli stakeholders, considerandoli come persone e non mere entità da misurare, profilare, analizzare in tutte le loro scelte e interazioni.
I dati devono essere trattati secondo principi che il legislatore declina: per finalità determinate sulla base di un presupposto legittimo previsto dalla legge (ad esempio esercizio di un diritto, interesse legittimo) o previo consenso della persona cui i dati appartengono (l’interessato al trattamento) fondamentale una seria policy di data retention; d’altro canto, poiché il quadro normativo fa da cornice a tante scelte organizzative dettate dall’accountability, è essenziale operare scelte corrette in ordine:
- alle fonti dei dati,
- all’architettura delle informazioni,
- alla “spiegabilità” dei processi e dei risultati e, soprattutto,
- non raccogliere/ conservare dati massivamente senza una progettualità di legittimo utilizzo poiché tali modus operandi non solo recano rischi di conformità normativa ma, richiedendo infrastrutture sempre più potenti ed energivore, si riverberano negativamente sull’ambiente.
Il modello di governance che tutte le società dovrebbero coltivare punta ad includere anche valutazioni sull’impatto ambientale delle tecnologie e dei sottesi trattamenti di dati ed è fondato sui principi di privacy by design e by default che, se costantemente applicati, rafforzano e valorizzano la sostenibilità poiché introducono logiche di minore impatto ambientale ed energetico ogniqualvolta si debba considerare un trattamento di dati. Si dovrebbe lavorare in termini di dialogo fra interlocutori pubblici e privati al fine di costruire linee guida operative che indirizzino ed orientino le scelte delle le aziende in questo ambito.
Intervento di Milena CIRIGLIANO – Avvocato, DPO e Compliance Officer c/o Gruppo API