Utilità Corruttiva

Utilità corruttiva ed estensioni interpretative

19 ottobre 2022

di Piero MAGRI

1.1. L’estensione del concetto di utilità

Il tema del corrispettivo per il favore o l’atto amministrativo ottenuto dal pubblico ufficiale è stato uno dei nodi da risolvere dagli interpreti del reato di corruzione, dopo le modifiche legislative che hanno sostituito il concetto di “retribuzione non dovuta” con quello di “denaro o altra utilità”.

Il fenomeno corruttivo di tangentopoli prevedeva per lo più il pagamento in denaro, attraverso bustarelle di contanti o, in alcuni casi, di bonifici aventi come causale consulenze o accordi contrattuali.

Nel tempo le tangenti hanno trovato veicoli svariati, contratti di agenzia simulati con soggetti compiacenti, consulenze gonfiate con terze parti (avvocati, commercialisti, professionisti di tutte le specie) destinatarie di una quota parte che doveva ungere i meccanismi del loro lavoro di mediazione, ma anche rimborsi di spese elettorali camuffate da costi culturali, sponsorizzazioni, viaggi e tanto altro ancora.

Per questo il legislatore dal 2012 ha voluto estendere l’oggetto della corruzione introducendo il termine “utilità”, che è stato il vero cavallo di Troia per andare a colpire qualsiasi genere di fenomeno corruttivo.

La nozione di “altra utilità” ha subito due interpretazioni contrapposte.

Un primo indirizzo considera l’espressione in termini assai ampli, facendovi rientrare tutto ciò che può rappresentare un vantaggio (materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale) oggettivamente apprezzabile, consistente sia in un dare che in un facere.

In questa prospettiva sono state prese in considerazione dalla giurisprudenza anche le prestazioni sessuali(1), che rappresentano un vantaggio e quindi una utilità per il pubblico ufficiale che ne ottiene la promessa o l’effettiva prestazione.

Interessante è il caso dell’estensione della utilità nel campo politico.

Sul punto sono da evidenziare le prime aporie applicative a cui può portare una nozione troppo ampia di utilità: il desiderio di ricompattare la maggioranza politica non è stato ritenuto utilità in alcune sentenze(2), mentre un altro filone ha ravvisato l’utilità nel vantaggio di natura politica, consistito nel liberarsi di un proprio avversario politico, provocandone le dimissioni(3).

In questa prospettiva non sono mancate contestazioni o sentenze nella quali il tentativo di fare carriera politica o di entrare in gruppi di potere, pur non rivestendo la veste formale di utilità, sono state ritenute indizianti di un fenomeno corruttivo.

Ma la deriva eticizzante è sempre in agguato, mentre il diritto penale deve intervenire nel rispetto del principio di stretta legalità costituzionalmente orientato.

Il secondo indirizzo, più restrittivo, ritiene che siano penalmente rilevanti le utilità che riguardano vantaggi patrimonialmente apprezzabili(4).

Il concetto di utilità dovrebbe assumere il significato di una categoria omogenea o affine al denaro e quindi di un vantaggio o profitto di natura economica o ad esso riconducibile.

Se però si comprende facilmente come una assunzione di un parente o una progressione di carriera possa costituire una utilità corruttiva che ha una riconducibilità indirettamente economica, sempre che vi sia una controprestazione da parte del pubblico ufficiale beneficiario per sé o per altri, non si può trascurare che vi siano utilità corruttive anche non di immediata percezione economica.

Anche per questo l’orientamento ormai prevalente in giurisprudenza è nel senso di ritenere penalmente rilevante anche un’utilità non patrimoniale per il corrotto.

Da qui le interpretazioni sempre più estensive: utilità può così diventare un oggetto fino ad un cesto natalizio, un corso di formazione o un weekend alle terme, un iPad o una crociera.

Qualche limite però c’è o ci deve essere!

1.2. Modico valore e principio di proporzionalità

L’utilità viene infatti ritenuta non penalmente rilevante quando i donativi ricevuti sono di entità minima o di modico valore.

Cosa debba intendersi con “modico valore” rappresenta una questione assai dibattuta sia a livello di applicazione giurisprudenziale che a livello di prevenzione e compliance.

Nel 2013, con l’entrata in vigore del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, si è iniziato a creare un riferimento oggettivo: “per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore ad 150 euro”.

Si è trattato di un unico ed apprezzabile tentativo di fornire all’interprete un limite quantitativo ed oggettivo, salvo poi aprire il campo ad altre applicazioni fuorvianti.

Ad esempio, se i 150 euro sono il benchmark del modico valore, la somma deve essere considerata una tantum? ma se le donazioni sono più di una volta all’anno non sono più di modico valore? e poi si devono riferire anche ad utilità che in concreto e nella prassi di mercato hanno costi ben inferiori ai 150 euro, come le cene, o è possibile pagare una cena ad un pubblico ufficiale di 150 euro per più volte all’anno, senza ritenersi responsabili?

Un indirizzo giurisprudenziale evidenzia che “non rileva la proporzione tra l’attività compiuta dal funzionario pubblico e l’utilità ricavata” in quanto la penale rilevanza consiste nel fatto che quella utilità possa rappresentare il mezzo per ottenere dal pubblico ufficiale un vantaggio o un beneficio ingiusto.

Vero però che la richiesta di una somma di denaro minima o di un’utilità di scarsissimo valore non potrà realizzare, ad esempio, il delitto di concussione, mancando in tali casi la lesione del bene giuridico protetto, nel senso che a fronte della richiesta di esborsi irrisori, è difficile che possa configurarsi una vera e propria costrizione da parte del concussore.

Ma quando le somme irrisorie si susseguono ed entrano in un meccanismo corruttivo di do ut des, non sono mancate le interpretazioni criminalizzanti, anche perché l’elaborazione normativa in particolare del delitto di corruzione per la funzione (art. 318 c.p.) ha portato a staccarsi dal concetto di prestazione (atto conforme o atto non conforme) e controprestazione (l’utilità appunto).

Pertanto, bustarelle contenenti poche centinaia di euro a medici in cambio dell’acquisto di determinati dispositivi medici sono state ritenute penalmente rilevanti quantomeno per avanzare delle contestazioni.

Così come dei biglietti omaggio al pubblico ufficiale che deve controllare sistemi antincendio dell’evento o debba rilasciare il permesso o qualche altra forma di autorizzazione per l’evento possono assumere la valenza di utilità.

A questo proposito occorre però sempre tener presente che l’elemento costitutivo della fattispecie corruttiva è un accordo tra corruttore e corrotto: da una parte c’è un atto, una attività o una omissione (si pensi ai casi di mancati controlli della GdF o di un Ispettorato del Lavoro), dall’altra l’utilità che diventa corruttiva.

Quindi il biglietto omaggio o la cena offerta al pubblico ufficiale che partecipa all’evento per rappresentanza non ha nulla a che fare con il procedimento autorizzatorio non può rappresentare una utilità corruttiva. Se però quel pubblico ufficiale ha un qualche ruolo nella procedura autorizzativa, l’utilità ricevuta potrebbe diventare penalmente rilevante.

L’interpretazione costituzionalmente orientata ha portato comunque a ritenere che debbano essere ritenuti inoffensivi i c.d. “minuscola” in quanto in tali casi viene meno anche solo l’esposizione al pericolo del bene giuridico protetto nei delitti di corruzione.

Per comprendere quando si ha corruzione e quando no, il primo criterio è la natura del pagamento della piccola somma: se si tratta di una manifestazione di gratitudine non dovrebbe essere indice di corruzione, in particolare se il pubblico ufficiale ha rispettato i suoi compiti e i suoi doveri(5). Viceversa, se quella somma, seppur piccola, può avere in qualche modo influenzato il pubblico ufficiale nella sua procedura di scelta del contraente o in qualche altro atto amministrativo o se quella somma rappresenta una prassi costante per creare la benevolenza di un qualcosa di non dovuto, allora quella medesima condotta potrebbe divenire penalmente rilevante.

Più di recente è intervenuta la Cassazione(6) che ha stabilito che per la valutazione della rilevanza penale dell’utilità corruttiva occorre in primo luogo un accertamento concreto anche del contesto del fatto, non essendo sufficiente la astratta riconducibilità della fattispecie alla figura astratta di reato, in secondo luogo una verifica sulla finalizzazione dell’erogazione dell’utilità (cioè se fosse effettivamente finalizzata all’impegno di un futuro comportamento contrario ai doveri di ufficio da parte del Pubblico Ufficiale), in terzo luogo che l’utilità si inserisca in una relazione sinallagmatica di tipo causale rispetto all’esercizio dei poteri o della funzione ovvero al compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio, occorrendo in particolare un rapporto di proporzionalità tra utilità e controprestazione.

Ecco, forse il principio di proporzionalità dovrebbe diventare il cardine ermeneutico per delimitare la discrezionalità del giudice e stabilire cosa è utilità corruttiva e cosa no.

 

Intervento di Piero MAGRI  – Avvocato,  Partner RP Legal & Tax

 


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) SS.UU 23.6.1993, Romano, CED 193747, seguite da numerosi altri approdi giurisprudenziali

(2) Cass. 30.1.2002, n. 7669, Zulian

(3) Cass 22.6.2006 n. 21991, Cass. 10.7.2008, n. 28736, Cass. 18.2.2014. n. 7597

(4) Cass. 10.6.1991, Tebaldi, 188541, Cass. 30.3.1988, Greenshields, 178028

(5) Cass. 10.2.2017 n. 19319

(6) Cass. Sez IV, 8.1.2021 n. 10084, e conformemente ….



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