Whistleblower Normativo

Whistleblowing: conto alla rovescia per l’entrata in vigore della normativa

12 luglio 2023

di Maurizio RUBINI

Breve vademecum per capire come essere compliant.

Siamo pressoché alla vigilia dell’entrata in vigore del D. Lgs. 24/2023 in materia di whistleblowing, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento e del Consiglio Europeo del 23 ottobre 2019 che ha ad oggetto la protezione delle persone che segnalano attività illecite o fraudolente in violazione del diritto dell’Unione poste in essere all’interno di un’organizzazione pubblica o privata.

Lo scopo dell’istituto è molto ampio e consiste nel prevenire o contrastare fenomeni che vanno dai reati contro la P.A. agli illeciti civili o amministrativi passando per le irregolarità nella misura in cui costituiscano un indizio sintomatico di mal funzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni pubbliche attribuite.

Cosa dice la nuova normativa

Come ormai noto, obiettivo primario della Direttiva è l’armonizzazione tra tutti gli Stati membri dell’Unione Europea delle norme minime poste a garanzia dei cd. “segnalanti” tra cui rientrano l’obbligo di adozione, per i destinatari, di canali di segnalazione sicuri che consentano di effettuare le segnalazioni mantenendo la massima riservatezza circa l’identità del whistleblower.

Quali sono le novità introdotte dal nuovo decreto

  • ampliamento del raggio di applicazione delle forme di tutela coinvolgendo sia tutti gli enti privati che, nell’ultimo anno, abbiano impiegato la media di 50 lavoratori subordinati – con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato – sia quelli che, pur non avendo impiegato la media di 50 lavoratori, rientrano nell’ambito di applicazione degli atti del diritto dell’Unione (in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, tutela dell’ambiente e sicurezza dei trasporti). Sono infine soggetti alla nuova disciplina anche quegli operatori che, a prescindere dal numero di dipendenti impiegati, abbiano adottato i modelli di organizzazione e gestione previsti dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231;
  • estensione dell’ambito oggettivo delle segnalazioni a tutte le condotte illecite, previste sia dalla normativa nazionale che da quella dell’Unione Europea, aventi natura amministrativa, contabile, civile o penale lesive dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato. Si pensi a titolo meramente esemplificativo ai casi di sprechi, nepotismo, ripetuto mancato rispetto dei tempi procedimentali, assunzioni non trasparenti, irregolarità contabili, false dichiarazioni, violazione delle norme ambientali e di sicurezza sul lavoro, etc.. Tra le condotte illecite oggetto delle segnalazioni meritevoli di tutela possono essere anche comprese le seguenti:
    • comportamento non conforme ai doveri di ufficio (es. mancato rispetto delle disposizioni di servizio);
    • accesso indebito ai sistemi informativi (anche mediante l’utilizzo di credenziali altrui);
    • utilizzo improprio di istituti a tutela del dipendente (es. malattia, garanzie e tutele ex legge 5 febbraio 1992 n. 104, congedi, permessi sindacali);
  • offerta di forme di tutela, ove opportuno, anche ai c.d. “facilitatori” vale a dire coloro i quali prestano assistenza al segnalante durante il processo di segnalazione e la cui attività deve rimanere riservata, ai soggetti terzi e connessi con il segnalante quali ad esempio colleghi e/o familiari, ed infine ai soggetti giuridici connessi al segnalante.

Cosa cambia per il Whistleblower

Tra i segnalanti tutelati dalla Direttiva rientrano coloro che rivestono la qualifica di “lavoratori” ai sensi dell’art. 45 TFUE, ossia le persone che nel settore privato o pubblico forniscono, per un certo periodo di tempo, a favore di terzi e sotto la direzione di questi, determinate prestazioni dietro retribuzione. La protezione, pertanto, è concessa pure ai lavoratori con contratti atipici (tempo parziale e tempo determinato), nonché a chi ha un contratto o un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale, ai tirocinanti e ai volontari. Le tutele si estendono a lavoratori autonomi, consulenti, subappaltatori, fornitori, nonché ad azionisti e membri degli organi direttivi.

Quali sanzioni rischia chi non si adegua alle regole

In caso di mancato adeguamento o violazione della disciplina, l’art. 21 dello schema di decreto prevede la possibilità, da parte dell’ANAC, di irrogare le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

  • da 5.000 a 30.000 euro nel caso in cui siano accertate attività ritorsive a danno del segnalante ovvero quando sia dimostrato che il soggetto segnalato abbia ostacolato, o tentato di ostacolare, l’espletamento della procedura di segnalazione, o in caso di violazione dell’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
  • da 10.000 a 50.000 euro qualora l’Autorità accerti la mancata implementazione dei canali di segnalazione, la mancata adozione di procedure adeguate all’effettuazione e la gestione delle segnalazioni, ovvero l’adozione procedure non conformi a quelle di cui agli articoli 4 e 5 dello schema di decreto. Stesso rischio sanzionatorio incombe su quei soggetti che non abbiano effettuato le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.

I soggetti del settore privato che abbiano adottato i modelli di organizzazione e gestione (MOG231) previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 attuano già misure disciplinari/sanzionatorie – ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera e) del suddetto decreto – nei confronti di coloro che accertano esser responsabili di illeciti; le stesse si intendono additive e cumulabili con quelle amministrative pecuniarie previste dal nuovo schema di decreto.

Le rinunce e le transazioni, integrali o parziali, che hanno per oggetto i diritti e le tutele previsti dal presente decreto non sono valide, salvo che siano effettuate nelle forme e nei modi di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.

Cosa devono fare le aziende per essere compliant?

Le aziende devono obbligatoriamente dotarsi di adeguate policies e canali interni di segnalazione per i whistleblower. Più esattamente devono attivare un proprio canale di segnalazione per garantire, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante e della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.

Nell’ambito della gestione del canale di segnalazione interna, la persona o l’ufficio interno o esterno, ai quali è affidata la gestione del canale di segnalazione interna dovranno svolgere le seguenti attività:

  • rilasciare alla persona segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni dalla data di ricezione;
  • mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante e richiedendo anche integrazioni;
  • dare seguito alle segnalazioni ricevute;
  • fornire riscontro alla segnalazione entro tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o entro tre mesi dalla scadenza del termine dei sette giorni dalla presentazione della segnalazione;
  • mettere a disposizione informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni esterne. o formazione differenziata indirizzata alla struttura di gestione della segnalazione; management aziendale e dipendenti e collaboratori;
  • adeguare il sistema whistleblowing alla normativa privacy (verifica di informative, registro dei trattamenti, DPIA).

La disciplina prevede che, al ricorrere di una delle condizioni di cui all’art. 6, le segnalazioni possano essere inviate, in via subordinata e/o successiva rispetto a quelle interne, all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) – individuata quale unica autorità competente a ricevere e gestire segnalazioni in materia di whistleblowing – attraverso appositi canali di segnalazione esterni.

In particolare, i whistleblower possono fare ricorso all’Autorità:

  • nel caso in cui non sia previsto, nel contesto lavorativo nel quale opera il segnalante, l’obbligo di attivazione del canale di segnalazione interno, ovvero se, qualora obbligatorio, non sia stato attivato o, se presente, non sia conforme;
  • qualora sia già stata presentata una segnalazione interna non processata o con provvedimento finale negativo;
  • se il segnalante ha fondati motivi di ritenere che se effettuasse la segnalazione correrebbe il rischio di possibili ritorsioni;
  • se il segnalante ha fondati motivi di ritenere che la violazione possa costituire pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

Alla luce di quanto sopra, per una corretta applicazione della nuova norma, sarà molto importante la piena collaborazione delle aziende nell’implementare processi organizzativi ed operativi semplici ed efficaci e promuovere una cultura aziendale sempre più trasparente ed etica, nella quale i comportamenti impropri e/o illegali sono contrastati apertamente.



Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnati con *